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INSEGNARE STANCA?! Imparare a gestire lo stress d’aula
Mercoledì 11 dicembre, alle 11.30, presso la Sala della Traslazione del Convento San Domenico a Bologna, si svolgerà un’iniziativa della Gilda degli insegnanti , in forma di assemblea sindacale provinciale, sul tema del burnout e sul disagio della professione docente dal titolo “INSEGNARE STANCA?! Imparare a gestire lo stress d’aula”.
Parteciperà il dott. Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista. Dal 1992 è componente del Collegio Medico della ASL di Milano per il riconoscimento dell’inabilità al lavoro per causa di salute e si occupa del Disagio Mentale Professionale (DMP) negli insegnanti dal 1998. Ha al suo attivo oltre 100 corsi sul DMP e collabora con istituzioni, USR, USP, associazioni e sindacati di categoria, autor e di numerose pubblicazioni e convegni sul tema, il prof. Dotti, del Centro Studi della Gilda degli insegnanti, che tratterà delle componenti che contribuiscono ad accentuare questa situazione di disagio.
Coordinerà la prof.ssa Renza Bertuzzi, responsabile di redazione del mensile della Federazione Gilda-Unams, Professione Docente,
Nel corso dell’assemblea verrà presentata un’iniziativa della Gilda degli insegnanti di Bologna a sostegno dei propri iscritti che lo desidereranno: la possibilità di fare riferimento ad una psicologa-psicoterapeuta alla quale rivolgersi gratuitamente per avere un supporto psicologico.
Edited by redrose - 15/1/2014, 08:41. -
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Psicologi per i prof: insegnare stanca
di P.A.
12/12/2013
I prof? Categoria ad alto rischio stress. La Gilda degli insegnanti, dopo l’assemblea sullo "stress d'aula", aprirà a gennaio uno sportello "gratuito ed anonimo" per i docenti in difficoltà e del cui progetto si occuperà Eleonora Motta, psicologa e psicoterapeuta. L'iniziativa presentata a Bologna durante l'assemblea sindacale dedicata
Ed è proprio la psicologa, Eleonora Motta, a spiegare: “Riscontro innanzitutto un senso di enorme solitudine parlando coi professori e lo sportello non è pensato come uno spazio terapeutico ma di ascolto. Un'occasione per trovare una persona che proverà a starvi al fianco per aiutarvi a trovare e sperimentare strategie per la soluzione dei problemi". Una "scommessa importante", la definisce Renza Bertuzzi, responsabile di "Professione docente", il mensile della Gilda: un progetto che "va nella direzione di considerare gli insegnanti come attori del cambiamento e non solo oggetto di qualcosa che subiscono".
Anche Vittorio Lodolo D'Oria, medico del lavoro e autore di diverse pubblicazioni sullo stress da lavoro correlato dei docenti afferma: “Gli insegnanti vivono una tipologia di rapporto con l'utente unica che si protrae tutti i giorni e più ore al giorno, per nove mesi all'anno e per cicli di tre o cinque anni". In un contesto in cui "l'alleanza tra le agenzie educative, cioè famiglia e scuola, è completamente saltata": in altre parole, afferma D'Oria, di fronte a ciò che ottiene e combina l'alunno, il "genitore si considera sempre innocente". Dall'altro lato, un docente che in media ha 51 anni e nell'82% dei casi è donna: dunque incide anche la menopausa, sostiene D'Oria, per una categoria che svolge un lavoro "psicofisico usurante" e, dunque, risulta "fortemente a rischio".
In Italia non esistono dati specifici ma basti pensare che in Inghilterra, ad esempio, quella degli insegnanti è la categoria "a più alto rischio suicidio di tutte le altre". Tra le cause di inidoneità al lavoro, poi, quelle psichiatriche rappresentano ben il 64% del totale, incidenza "maggiore di cinque volte rispetto alla disfoniama questa è riconosciuta come causa di servizio e le prime no". Una situazione distribuita "quasi in modo uguale nei diversi ordini di scuola", continua il medico, segnalando che tra gli insegnanti aumenta anche il rischio oncologico, perchè "la depressione porta con sè anche immunodepressione". Per giunta, sostiene D'Oria, di fronte a questi elementi i dirigenti sono "completamente impreparati". Tutto ciò in barba ai "maledetti stereotipi" sugli insegnanti, conclude D'Oria: più che dei famosi "tre mesi all'anno di vacanza", bisognerebbe parlare di vera e propria "convalescenza".
Di fronte a genitori sempre più "aggressivi", è necessario che l'opinione pubblica "si liberi della visione studentecentrica", sottolinea Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi nazionale della Gilda, "spostando l'attenzione anche sulla figura e la professione dei docenti, perchè sono loro che si occupano dello studente, lo educano e lo fanno crescere". Si tratta, dunque, di "prevenire il disagio, fornire formazione adeguata- aggiunge- strumenti e ambienti di lavoro idonei, obiettivi compatibili con le risorse".
Tra i docenti che intervenute all’iniziativa della Gilda, una di Q96: "Sono una delle insegnanti che, grazie alla riforma Fornero, dovranno lavorare fino a 67 anni, quali sono le strategie per arrivare fino a quell'età?".
E un altro insegnante: "Tutti sanno quante assenze facciamo e che voti diamo; ma quelle statistiche sono zeppi di errori, perchè si vogliono fare queste cose ma senza avere il tempo di tenerle aggiornate".
Un'altra prof si lamenta del registro elettronico che l’ha “mandata in palla". E un'altra ancora: "Ci vedo poco, devo lavorare fino alle dieci di sera per immettere tutti i dati".. -
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Docenti e rischio patalogie pischiatriche e tumorali.
Ne parliamo con Lodolo D'Oria. Inviaci un quesito
di Eleonora Fortunato - Tra le ‘professioni di aiuto’, il lavoro dell’insegnante sembra essere il più esposto al rischio di patologia psichiatrica. Ma non solo: anche le malattie tumorali potrebbero nascere da un meccanismo legato allo stress psico-fisico.
Il condizionale è d’obbligo in assenza di uno studio epidemiologico vero e proprio, che lo né lo Stato né i Sindacati sono interessati a promuovere. Come mai? “Troppa è la paura di ottenere risultati sconvolgenti che richiederebbero un costoso intervento immediato”.
Forse è in crisi lo stereotipo secondo cui i docenti svolgono una professione privilegiata, ma non sono sicuramente in molti a sospettare che lo stress causato dal lavoro tra i banchi sia responsabile, a detta di numerosi e autorevoli studi scientifici, di gravi patologie psichiatriche o di forme tumorali conseguenti all’immunodepressione da stress cronico. Eppure nel nostro Paese c’è su questo argomento un silenzio assordante: non ne parlano i sindacati, ne parlano poco le associazioni professionali. Da parte della medicina del lavoro sono stati numerosi nell’ultimo decennio i tentativi di rendere le istituzioni sensibili a questo argomento (anche perché le casse dello Stato ne risentono), stimolando per prima cosa la corretta informazione dei docenti, ma i passi in avanti sono stati davvero pochi. Abbiamo intervistato un’autorità in materia, Vittorio Lodolo D’Oria, già rappresentante INPDAP del Collegio Medico per l’Inabilità al Lavoro della ASL di Milano e autore di numerosi studi scientifici e pubblicazioni.
E’ radicata nel nostro Paese l’idea che quella dell’insegnante sia una ‘missione’ piuttosto che una ‘professione’, quindi se ti viene l’esaurimento è perché in fondo non sei tagliato per quel lavoro, in sostanza non sei un bravo insegnante. E’ d’accordo con questa sintesi o ha un’opinione diversa?
“Più semplicemente possiamo dire che sono duri a morire gli stereotipi di sempre: l’insegnante lavora mezza giornata, fa tre mesi di vacanze all’anno (molti sostengono trattarsi di convalescenza più che di vacanza), non guadagna tantissimo ma fruisce di un posto pubblico sicuro. Di conseguenza non rompa tanto le scatole e tenga bene a mente che tanti vorrebbero prenderne il posto (c’è una lunga coda di supplenti). Più o meno questa è il comune sentire odierno”.
Quali sono gli ultimi dati o studi che meglio fotografano la situazione attuale?
“Non disponiamo di dati nazionali sul disagio psichico dei docenti, a differenza di altri Stati come l’Inghilterra e la Francia, tuttavia possiamo affermare, senza tema di smentita, che la percentuale di diagnosi psichiatriche delle realtà finora osservate supera tra gli inidonei il 70%, mentre le disfonie croniche (unica patologia riconosciuta come professionale tra i docenti) oscilla intorno al 12-13%. Quindi si incappa nel paradosso che la patologia che presenta un’incidenza 5 volte minore è riconosciuta come imputabile alla professione, mentre l’altra è del tutto misconosciuta”.
In un suo studio recente è arrivato alla conclusione che anche gli stessi docenti italiani hanno scarsa consapevolezza dei rischi che la professione comporta per la loro salute. Lo studio evidenziava anche la necessità dell’azione informativa, per aiutarli a riconoscere anzitempo le forme patologiche derivanti dallo stress-lavoro-correlato. A che punto siamo? Quale iter propone per affrontare questa ‘emergenza’ da un punto di vista normativo?
“Purtroppo gli stessi insegnanti sono completamente digiuni circa i rischi cui è sottoposta la loro salute. Non dobbiamo dimenticare che gli stereotipi di cui sopra affliggono tutta l’opinione pubblica, ma questa è composta anche dal milione di insegnanti italiani della scuola pubblica, privata, di ruolo e precari. Per questa ragione l’azione informativa sugli insegnanti (I livello) è fondamentale: occorre erudirli sui rischi professionali e sulle relative patologie, sui diversi livelli di predisposizione personale ai rischi, sui segni e sintomi del disagio psichico, sulle reazioni di adattamento positive e negative etc. Importantissimo istruire i docenti (II livello) anche sui diritti e doveri contrattuali a loro disposizione per tutelare la salute quali l’accertamento medico in CMV (a domanda o d’ufficio), nonché il ricorso alla commissione medica di seconda istanza. Non va poi tralasciato l’intervento sui dirigenti scolastici (III livello) che devono essere supportati negli innumerevoli adempimenti medico-legali dell’art. 28 del D.L. 81/08 a tutela della salute del lavoratore e dell’incolumità dell’utenza. L’unico studio nazionale operato con l’ANP alcuni anni fa in materia dimostrò che il solo 0,7% dei quasi 1.500 dirigenti era a conoscenza dell’uso dell’accertamento medico in CMV. Quello studio fu presentato in sala stampa a Montecitorio ma non ebbe alcuna eco. Per tutti questi motivi sono solito sottoporre una proposta di collaborazione standard su tutti i tre livelli a tutte le scuole che vogliono affrontare compiutamente la prevenzione dello stress-lavoro-correlato nei docenti”.
Come sono stati i finanziamenti in questi anni?
“Vedo che col D.L. 104 /13 convertito in legge si sono trovati fondi per finanziare corsi di indottrinamento dei docenti sull’ideologia del gender, ma per la prevenzione dello stress-lavoro-correlato nemmeno un solo euro. Una volta approvato il D.L. 81/08 ci si sarebbe aspettati un congruo stanziamento di fondi: l’attesa fu vana e nemmeno i sindacati protestarono (perché?). Tutti sappiamo che la prevenzione costa, eppure non vi fu la volontà nemmeno di effettuare semplici ricerche epidemiologiche su base nazionale. Basterebbe raccogliere e aggregare i dati provenienti dalle CMV provinciali e regionali, ma troppa è la paura di ottenere risultati sconvolgenti che richiederebbero un costoso intervento immediato”.
Quanti permessi per malattia derivante da stress o depressione ci sono annualmente?
“Le posso dire solamente quello che mi attendo (ma potrebbe essere di più) e cioè l’80%. In linea con i dati giapponesi che vedevano crescere le diagnosi psichiatriche del 2% all’anno dal 1995 al 2004”.
La legislazione non riconosce la professione docente come ‘usurante’, quindi la depressione e l’esaurimento non sono considerate ‘malattie professionali’, è esatto?
“E’ esatto. Gli studi epidemiologici ci aiuterebbero a capire se possiamo considerare a tutti gli effetti la patologia psichiatrica come “patologia professionale”. Al momento l’unico studio probante tale ipotesi è la pubblicazione su La Medicina del Lavoro N° 5/04 che mise a confronto quattro categorie professionali (personale medico, docenti, colletti bianchi e colletti blu)”.
E’ importante l’autodiagnosi?
“E’ consigliabile che i docenti effettuino l’autovalutazione e non l’autodiagnosi. La diagnosi è bene lasciarla al medico, mentre è fondamentale che il docente sia consapevole del livello di rischio di stress cui è esposto. Facciamo un esempio. Posto che tutti i docenti hanno un alto rischio di esposizione professionale poiché svolgono una helping profession, restano da vagliare due ulteriori settori: la vita di relazione (tutto l’ambito extraprofessionale) e l’anamnesi familiare (corredo genetico). Ne discende ovviamente che il docente è tanto più a rischio di stress quanto più sono “dissestate” anche le rimanenti dimensioni extraprofessionali. Si pensi a una docente con problemi familiari (es. che si sta separando dal marito) e con genitori affetti da depressione maggiore. Ne approfitto per chiarire un’altra importante questione terminologica: lo stress-lavoro-correlato non è lo stress determinato dal lavoro, bensì lo stress che io esercito sul lavoro a prescindere dai fattori che lo determinano. L’alunno preso a schiaffi dalla maestra stressata per questioni sue personali extralavorative è da considerarsi stress-lavoro-correlato proprio perché l’episodio si è svolto in ambiente lavorativo: prova ne sia che la docente e il dirigente saranno chiamati a risponderne legalmente”.
Si potrebbe mettere sotto accusa lo scarso prestigio sociale degli insegnanti, ma alcuni dati mostrano che anche nei Paesi dove la figura dei docenti gode di una maggiore considerazione le cose non vanno affatto meglio (come in Italia, anche in Germania e Regno Unito oltre la metà dei pensionamenti anticipati per motivi di salute è conseguente a una diagnosi psichiatrica; in Giappone le assenze per malattia causate da una diagnosi psichiatrica sono passate dal 35 al 55 per cento in dieci anni). Lei che idea ha, pensa che ci sia una correlazione tra questi due aspetti?
“Come la malattia professionale dei minatori era la silicosi, così la patologia psichiatrica è quella dei docenti. E questo a prescindere dagli stereotipi, dal prestigio sociale, dal disinteresse ministeriale o da altre facezie, ma semplicemente perché quella dell’insegnante è una professione di relazione e le relazioni bruciano energie psichiche”.
Francia (2006) e Regno Unito (2009) hanno rilevato che il tasso suicidario tra gli insegnanti è il più alto in assoluto se comparato con quello dell’intera popolazione. L’Italia raccoglie dati in proposito?
“Spiace ribadirlo, ma ancora una volta il governo italiano è inadempiente, latitante. In 22 anni (dal ’92 ad oggi) sono state effettuate 5 riforme previdenziali, passando dalle baby-pensioni ai 67 anni di anzianità: il tutto senza aver mai fatto una valutazione della salute della categoria professionale dei docenti. Tutto in barba ai D.L. 626/94 prima e 81/08 poi. Oggi urge effettuare ricerche epidemiologiche non solo sui casi di suicidio, ma anche sull’incidenza delle patologie psichiatriche e di quelle neoplastiche nei docenti. Queste ultime sembrano essere determinate da un preciso meccanismo patogenetico: depressione-immunodepressione-controllo inefficace delle cellule tumorali. Lo studio americano recentemente pubblicato in California lancia un potente allarme evidenziando un’alta incidenza di tumore al seno tra le docenti”.
Come mai i sindacati non hanno mai fatto battaglie in materia di tutela della salute dei lavoratori? Non sarebbe auspicabile un loro intervento come accade nel Regno Unito e in Francia?
“Dieci anni fa a Roma un sindacalista scolastico nazionale della triplice mi disse chiaramente: “Il disagio psichico dei docenti è come il vaso di Pandora. Se lo apriamo rischiamo di vederci accollare un ulteriore stereotipo: pazzi oltreché fannulloni”. Era il modo per farmi capire che non avrei mai avuto l’appoggio sindacale nei miei studi. E così è stato”.
Anche nella formazione dei docenti (penso alle SSIS ma anche al TFA) manca qualsiasi accenno a questo aspetto.
“Come volevasi dimostrare. Sarebbe ora che il ministro tirasse le tendine della … Carrozza e vedesse realmente in faccia le condizioni di salute del suo popolo docente”.
Hai delle domande da porre al Dr. Lodolo D'Oria?
In via del tutto esclusiva avviamo una Chat a distanza. Inviate le vostre domande a questo indirizzo e-mail: redazione@orizzontescuola.it
Selezioneremo le più significative e pubblicheremo, in forma anonima, le vostre domande e le risposte del Dottor Lodolo D'Oria.. -
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Insegnamento e patologie correlate. "Felice del mio lavoro, ma temo di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così". Lo stress riguarda anche il personale amministrativo
Dopo l'intervista (che ha superato le 13mila letture) al Dottor Lodolo D'Oria, realizzata dalla bravissima Eleonora Fortunato, dal titolo "Docenti a rischio patologie pschiatriche e tumorali", pubblichiamo alcuni degli interventi inviati dai nostri utenti e ai quali il dottore ha fornito delle risposte.
Edema alle corde vocali e afonia
Gentile dott. Lodola sono un insegnante precaria da 13 anni. Durante quest'ultimo anno scolastico ho sofferto di edema alle corde vocali con conseguente perdita della voce ed attualmente sono sotto cura in quanto ancora disfonica. Vorrei sapere se questa malattia è RICONOSCIUTA COME PROFESSIONALE e quale iter dovrei seguire per ottenere questo riconoscimento.
Risposta
Il quesito e la procedura vanno posti all'INAIL.
Sono di aiuto i link sottostanti.
Una guida tra obblighi e procedure: le possibilità
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
Una guida tra obblighi e procedure: le possibilità dell’autocertificazione. In questa sezione si possono trovare tutte le informazioni utili per chi ritiene di essere affetto da una malattia professionale: da come denunciare la tecnopatia a quali sono le prestazioni che l’Inail mette sua disposizione, fino alla possibilità di presentare opposizione amministrativa o ricorso giudiziario se non si è d’accordo con le decisioni dell’Istituto. In base alla legge l’Inail è tenuto ad accettare, a supporto delle domande di prestazioni, le dichiarazioni sostitutive di tutte le situazioni personali che possono essere autocertificate dai cittadini. Per ottenere le prestazioni il lavoratore può, comunque, rivolgersi alla sede del Patronato più vicina, che mette a disposizione dei lavoratori consulenza e assistenza gratuita. Gli articoli 1 e 4 del Testo Unico del 1965 definiscono i criteri oggettivi e soggettivi per stabilire quali sono i lavoratori tutelati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Le attività rischiose. Il lavoratore viene assicurato per una o più attività considerate pericolose dall’articolo 1 del Testo Unico, ma in pratica si può trovare in situazioni di pericolo che non sempre sono provocate dalle attività per le quali è stato assicurato.
Infatti, egli è esposto, oltre che al rischio tipico delle sue mansioni, anche a quello delle prestazioni connesse o strumentali alla sua attività, che possono essere varie e non sempre prevedibili. Egli, inoltre, opera in un determinato ambiente che, di per sé solo, può presentare pericoli; svolge la prestazione a fianco di colleghi che svolgono anch’essi attività rischiose; entra in contatto con apparecchiature e macchine varie anche se non le utilizza direttamente.
I lavoratori tutelati. Nella tutela Inail rientrano, a titolo esemplificativo, i lavoratori dipendenti, i parasubordinati, ed alcune tipologie di lavoratori autonomi, quali ad esempio gli artigiani e coltivatori diretti.
Il diritto alle prestazioni e i tempi di prescrizione. In virtù del principio di automaticità delle prestazioni, il lavoratore ha diritto alle prestazioni anche se il suo datore di lavoro non lo ha assicurato o se non è in regola con il pagamento dei contributi Inail. Il principio di automaticità delle prestazioni non si applica, tuttavia, per i lavoratori autonomi, per i quali il diritto e, quindi, il pagamento delle prestazioni scatta nel momento in cui viene regolarizzata la situazione contributiva. Il lavoratore autonomo può, invece, accedere alle prestazioni sanitarie e riabilitative anche se non ha provveduto al versamento del premio.
Si perde il diritto alle prestazioni Inail dopo tre anni e 150 giorni (210 per le revisioni):
dal giorno in cui si è manifestata la malattia professionale (ossia dal primo giorno di completa astensione dal lavoro o per le malattie che non determinano astensione dal momento in cui, secondo criteri di normale conoscibilità, il lavoratore abbia avuto cognizione di essere affetto da malattia di probabile origine professionale (ad esempio, dalla certificazione sanitaria che attesta che la malattia è di origine professionale)
dalla data in cui i postumi permanenti hanno raggiunto la misura minima indennizzabile, ai fini del conseguimento dell’indennizzo in capitale del danno biologico o della rendita diretta
Ultimo aggiornamento: 6 giugno 2013
Ottenere
il riconoscimento della malattia professionale
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
Ottenere il riconoscimento della malattia professionale
Se il lavoratore svolge attività lavorativa, deve:
denunciare la malattia professionale al proprio datore di lavoro entro il termine di 15 giorni dalla manifestazione di essa, altrimenti perde il diritto all’indennizzo per il tempo antecedente la denuncia
allegare il certificato medico. Il certificato medico consente all’Inail di avviare il procedimento che permetterà di accedere alle prestazioni economiche, sanitarie e riabilitative previste in caso di riconoscimento malattia professionale
Una copia deve essere consegnata subito al proprio datore di lavoro (direttamente o tramite altre persone, familiari, amici), una copia deve essere conservata in originale dal lavoratore. In caso di ricovero, sarà l’ospedale a inviare direttamente la copia dei certificati all’Inail e al datore di lavoro.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di inviare la denuncia all’Inail entro i 5 giorni successivi, decorrenti dalla data di ricezione del certificato medico. La violazione di questo obbligo è soggetta a sanzioni amministrative. In caso di inerzia del datore di lavoro, il lavoratore stesso può presentare la denuncia di malattia professionale all’Inail.
Se il lavoratore non svolge più attività lavorativa, egli stesso può presentare la denuncia di malattia professionale all’Inail.
Astensione dal lavoro. Se la malattia professionale riconosciuta ha determinato astensione dal lavoro, la stessa verrà indennizzata a decorrere dal giorno di denuncia all’Inail. Spesso, tuttavia, tale astensione non si determina (ad es. nella sordità da rumore) o la malattia professionale si manifesta dopo che il lavoratore ha cessato di prestare la sua attività nella lavorazione morbigena.
Gli artigiani e i soci titolari, nella loro duplice veste di assicuranti e assicurati, devono denunciare all’Inail la malattia professionale da essi contratta, entro 15 giorni dalla sua manifestazione, corredata del certificato medico, pena la perdita dell’indennizzo per i giorni antecedenti quello della denuncia. Tuttavia, se a causa di quella malattia, l’artigiano si trova nell’impossibilità di provvedervi, l’obbligo di segnalare il caso all’Inail ricade sul medico che per primo ha accertato la malattia (articolo 203 del Testo Unico 1124/1965). L’interessato dovrà tuttavia provvedere, appena possibile, a compilare e a trasmettere il modulo di denuncia. In tali casi, non perderà il diritto all’indennità per inabilità temporanea assoluta per i giorni antecedenti l’inoltro del modulo.
I lavoratori agricoli autonomi e gli agricoli subordinati a tempo determinato, invece, usufruiscono di una disciplina particolare in base alla quale la denuncia deve essere effettuata dal medico che accerta la malattia e che deve inviare all’Inail l’apposito modulo (cosiddetto “certificato–denuncia”) entro 10 giorni dalla prima visita medica (articolo 251 del Testo Unico 1124/1965).
Ultimo aggiornamento: 8 gennaio 2014
Ottenere
l’indennità di temporanea
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
Ottenere l’indennità di temporanea
L’Inail tutela il lavoratore per il periodo di inabilità temporanea assoluta al lavoro. Se la malattia professionale non consente al lavoratore di riprendere l’attività lavorativa per più di tre giorni, l’Inail lo indennizza per tutto il periodo di inabilità temporanea assoluta, compresi i giorni festivi, fino a completa guarigione e a partire dal quarto giorno successivo alla data di denuncia della malattia professionale. Il valore dell’indennità corrisposta è pari al:
60% della retribuzione media giornaliera dal 4° fino al 90° giorno
75% della retribuzione media giornaliera dal 91° giorno fino alla guarigione clinica
Come viene calcolata l’indennità. La retribuzione media giornaliera viene calcolata in base a quella che è stata effettivamente corrisposta nei 15 giorni precedenti la data di denuncia di malattia professionale. Per specifiche categorie, il calcolo viene effettuato sulla base delle retribuzioni convenzionali stabilite con Decreto ministeriale, salvo migliori condizioni previste da contratti collettivi o individuali di lavoro. La maggior parte dei contratti prevede anche un’integrazione del trattamento
Come e quando avviene il pagamento. Una volta accertata la regolarità amministrativa e sanitaria del caso, l’Inail corrisponde al lavoratore l’indennità, in caso di astensione dal lavoro, riconducibile alla patologia denunciata, secondo le regole previste per l’infortunio sul lavoro.
L’indennità sulla busta paga. L’indennità di temporanea può essere anticipata direttamente in busta paga dal datore di lavoro che sarà successivamente rimborsato dall’Inail.
L’esenzione dal ticket sanitario. Per tutta la durata della inabilità temporanea al lavoro, gli esami diagnostici che si rendano necessari a seguito della malattia professionale, al di fuori dei ricoveri ospedalieri, sono esenti da ticket sanitario. A tal fine l’Inail rilascia apposita dichiarazione ai fini dell’esenzione della ASL dal pagamento del suddetto ticket.
Ultimo aggiornamento: 8 gennaio 2014
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Precaria, sono felice del mio lavoro, ma temo di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così
Gentile Dottore, ho letto con interesse la sua intervista sullo stress da lavoro che la professione docente provoca sulla categoria degli insegnanti e mi sono identificata in molte situazioni descritte.Sono precaria da sei anni, da quando cioè ho iniziato a lavorare nella scuola, dopo un lungo percorso di formazione (laurea, dottorato, sissi, corsi di perfezionamento...). Sono troppo felice per il mio lavoro, lo amo da impazzire e mi dedico totalmente alla mia materia e ai ragazzi che cerco di educare. Ma mi sento tremendamente stanca e sempre di più! Torno a casa dove mi aspetta una bambina di quattro anni e un marito adorabile, ma a volte mi sembra di non vedere l'amore che nutrono per me e di non valorizzare quello che io nutro per loro....sono sempre abbattuta, poco entusiasta delle cose che facciamo e oramai vivo già di routine scuola-casa-scuola come con la pesantezza di una pensionata e invece ho solo 35 anni! Ho timore di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così, forse questo non era il lavoro per me....
Risposta
[...] propone una testimonianza molto interessante. Si dice soddisfatta del lavoro, della vita familiare, ma è stanca, arranca con fatica, si sente inesorabilmente abbattuta. E' quasi sorpresa dalle energie che le occorrono per esercitare una professione che non immaginava così defatigante. In un certo qual modo è anche lei (come tutti, insegnanti inclusi) vittima degli stereotipi sull'insegnamento (mezza giornata, 3 mesi di vacanza etc). La qualità di vita peggiora e inficia le due dimensioni: professionale ed extraprofessionale. Che fare? Il primo passo consiste nel comprendere quanto impegnativa e usurante è la professione docente; il secondo nel riconoscere i segni e sintomi di stanchezza psicofisica lanciati dal proprio soma; terzo nel reagire adottando le strategie di adattamento positive; quarto nel dosare scientemente le energie di cui disponiamo per non esaurirle completamente.
Per essere breve legga il mio ultimo libro ("Pazzi per la Scuola" - Alpes Italia edizioni) che riporta 125 testimonianze di docenti in ... "riserva" (intesa come benzina) e relative contromisure. In bocca al lupo Annarita.
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Tanti insegnanti non hanno proprio gli strumenti psicologici e i tratti di personalità adatti a questo lavoro
In relazione all'intervista al Dottor Lodolo D'Oria, posso affermare che in 27 anni di servizio ho potuto osservare molte situazioni tra le insegnanti come quelle che lui descrive. Il primo passo dovrebbe essere quello di far riconoscere la professione docente come professione di aiuto che ha bisogno di aggiornamento e preparazione adeguata; il secondo passo dovrebbe prevedere anche uno screening in ingresso alla professione con tests attitudinali. Mi spiace, ma tanti insegnanti non hanno proprio gli strumenti psicologici e i tratti di personalità adatti a questo lavoro che non è una missione ma richiede importanti qualità professionali, prime fra tutte l'autocontrollo, la flessibilità, l'ironia e la disponibilità ad aggiornarsi continuamente, cosa che fanno in pochissimi, anche perché tale pratica è scoraggiata in ogni modo.
Risposta
I test psicoattitudinali di sbarramento all'ingresso della professione rappresentano quel colpo di bacchetta magica che ci consentirebbe di sbarazzarci di un annoso problema. Sono tuttavia - a mio modo di vedere - una pia illusione. Prima di tutto perché nessuno nasce "imparato" e dunque abile all'insegnamento fin dall'inizio. In seconda battuta dobbiamo tenere conto che la psicopatologia si manifesta (nella stragrande maggioranza dei casi) dopo 22-24 anni di servizio. Come terzo punto il monitoraggio della salute deve essere effettuato in itinere per tutta la durata della carriera e non solamente all'inizio con un poco attendibile test attitudinale. Concordo invece con [...] quando sottolinea il fatto che il primo vero passo consiste nel far riconoscere l'usura psicofisica dei "mestieri di relazione" (helping profession) e di conseguenza le patologie psichiatriche come patologie professionali. Noto però una certa opposizione (di istituzioni, sindacati etc) a questo passaggio fondamentale. Credo che sia come sempre un problema di finanziamenti.
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Lo stress lo subisce anche il personale amministrativo
Ho letto l'articolo sul rischio di contrarre patologie psichiatriche e tumorali da parte dei docenti e sono da tempo convinta che questo rischio sia ben fondato, ma non solo per i docenti, bensì per tutto il personale della scuola. Mi spiego meglio: è vero che i docenti sono sottoposti a stress psico-fisico derivante dal rapporto con gli alunni (e a volte ancor più con i genitori...!), ma pensiamo a quanto stress subisce il personale amministrativo delle segreterie scolastiche che ha certamente rapporti meno diretti con gli alunni, ma già più intensi con i loro genitori, con altri utenti e, soprattutto, con gli stessi docenti e con il dirigente, il quale in molti casi, negli ultimi anni, è diventato un vero e proprio tiranno, affetto da delirio di onnipotenza e, a volte, anche da disturbo narcisistico. E poi ci sono sempre più adempimenti, scadenze sempre più ravvicinate, maggiori responsabilità ed esigenza di maggiori competenze rispetto al passato, richieste in teoria a tutti, ma nella pratica “sfruttate” solo nei confronti di chi ce l’ha e le mette a disposizione con professionalità. Vorrei precisare che sono una docente precaria storica (dal 1984) e un'assistente amministrativa ugualmente precaria dal 2000, per cui credo di poter esprimere questo pensiero, avendo vissuto ambedue le situazioni. Tra l'altro appartengo, purtroppo, al folto gruppo di personale scolastico direttamente interessato da patologie tumorali: ho scoperto la malattia nel 2007 e ho dovuto affrontare tutto ciò che ormai conosciamo bene di questa patologia, ricorrendo a terapie e supporto psico-oncologico. Probabilmente non ci facciamo prendere tutti dallo stress allo stesso modo e nella stessa misura e, probabilmente, questo dipende da quanta serietà e professionalità mettiamo a disposizione, ma questo non paga, anzi... spesso chi si "defila", si "imbosca" o fa semplicemente finta di non sapere non risente di tanto stress, a spese di chi, invece, si ritrova a dover fare il proprio lavoro e quello degli altri. E vi assicuro che, per esperienza mia e di altri come me, lavorando ogni anno in una scuola diversa proprio a causa della precarietà, queste situazioni sono diventate molto comuni. Ma a proposito di precarietà: non vi sembra che essere da 30 anni precari (e non parlo solo per me, ovviamente) porti ad uno stress eccessivo? La tensione è continua: passi tutta l'estate a cercare di capire, tra pensionamenti, trasferimenti,utilizzazioni, assegnazioni provvisorie dei titolari, se ci sarà il posto per te alla convocazione di agosto/settembre; poi, quando finalmente firmi un altro contratto, ancora una volta con un sospiro di sollievo, pensando "anche quest’anno ce l'ho fatta!", hai a che fare con tutte le umiliazioni che ti riserva un anno scolastico da precario: dalla discriminazione da parte di alcuni colleghi di ruolo che, solo per questo, credono di essere superiori, a prescindere dalle loro capacità, e che ritengono di doversi spartire la torta dei fondi economici tra loro, anche se tu lavori il doppio, alle assenze che devi gestire col contagocce, anche se sei seriamente ammalato…per non parlare di quanto sia umiliante essere destinatario di un contratto “fino all’avente diritto”, dove a quanto appena detto si aggiungono la consapevolezza e l’ansia di poter essere revocati da un giorno all’altro. Ma, dulcis in fundo, ciò che desta in me ancor più preoccupazione è il rischio di acquisire patologie oncologiche negli uffici a causa della tossicità di computer, stampanti, fotocopiatrici, centraline, sistemi wireless, ecc., senza avere adeguati sistemi di aerazione e senza avere neanche il tempo di fruire delle pause necessarie e “obbligatorie”, indispensabili quando si lavora per almeno sei ore al giorno davanti ad un computer.
Nonostante non sia stato fatto, come voi giustamente affermate, uno studio epidemiologico vero e proprio al riguardo, sono pienamente convinta che lo stress porta alla immunodepressione (per me già accertata dagli esami clinici e associata a sintomi psicosomatici e funzionali diagnosticati) e, di conseguenza, a patologie anche gravi, psichiche e tumorali.
La cosa più triste è che non siamo tutelati da nessuno.
Risposta
[...]conferma l'usura psicofisica per gli insegnanti ma, attraverso la sua esperienza personale di docente prima e ATA poi, vuole evidenziare il fatto che non è da meno quella per gli impiegati amministrativi. Gli studi che ho condotto in proposito mostrano in effetti che gli amministrativi sono molto colpiti dalle patologie professionali e vengono subito dopo gli insegnanti, seguiti a buona distanza dal personale medico che infine precede di gran lunga i colletti blu (operai, manovali, artigiani, collaboratori scolastici). La patologia oncologica denunciata dalla scrivente rientra nella casistica e non può che confermare la dinamica patogenetica che ho esposto nell'intervista. Non credo invece che vi siano studi e dati sufficienti per avallare la teoria di Patrizia che imputerebbe le suddette patologie all'inquinamento da radiazioni elettromagnetiche da PC e altri macchinari simili.. -
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Insegnamento e patologie correlate. "Felice del mio lavoro, ma temo di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così". Lo stress riguarda anche il personale amministrativo
Dopo l'intervista (che ha superato le 13mila letture) al Dottor Lodolo D'Oria, realizzata dalla bravissima Eleonora Fortunato, dal titolo "Docenti a rischio patologie pschiatriche e tumorali", pubblichiamo alcuni degli interventi inviati dai nostri utenti e ai quali il dottore ha fornito delle risposte.
Edema alle corde vocali e afonia
Gentile dott. Lodola sono un insegnante precaria da 13 anni. Durante quest'ultimo anno scolastico ho sofferto di edema alle corde vocali con conseguente perdita della voce ed attualmente sono sotto cura in quanto ancora disfonica. Vorrei sapere se questa malattia è RICONOSCIUTA COME PROFESSIONALE e quale iter dovrei seguire per ottenere questo riconoscimento.
Risposta
Il quesito e la procedura vanno posti all'INAIL.
Sono di aiuto i link sottostanti.
Una guida tra obblighi e procedure: le possibilità
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
Ottenere
il riconoscimento della malattia professionale
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
Ottenere
l’indennità di temporanea
www.inail.it/internet/default/INAIL...iaprofessionale...
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Precaria, sono felice del mio lavoro, ma temo di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così
Gentile Dottore, ho letto con interesse la sua intervista sullo stress da lavoro che la professione docente provoca sulla categoria degli insegnanti e mi sono identificata in molte situazioni descritte.Sono precaria da sei anni, da quando cioè ho iniziato a lavorare nella scuola, dopo un lungo percorso di formazione (laurea, dottorato, sissi, corsi di perfezionamento...). Sono troppo felice per il mio lavoro, lo amo da impazzire e mi dedico totalmente alla mia materia e ai ragazzi che cerco di educare. Ma mi sento tremendamente stanca e sempre di più! Torno a casa dove mi aspetta una bambina di quattro anni e un marito adorabile, ma a volte mi sembra di non vedere l'amore che nutrono per me e di non valorizzare quello che io nutro per loro....sono sempre abbattuta, poco entusiasta delle cose che facciamo e oramai vivo già di routine scuola-casa-scuola come con la pesantezza di una pensionata e invece ho solo 35 anni! Ho timore di non farcela a vivere tutta la vita personale e professionale così, forse questo non era il lavoro per me....
Risposta
[...] propone una testimonianza molto interessante. Si dice soddisfatta del lavoro, della vita familiare, ma è stanca, arranca con fatica, si sente inesorabilmente abbattuta. E' quasi sorpresa dalle energie che le occorrono per esercitare una professione che non immaginava così defatigante. In un certo qual modo è anche lei (come tutti, insegnanti inclusi) vittima degli stereotipi sull'insegnamento (mezza giornata, 3 mesi di vacanza etc). La qualità di vita peggiora e inficia le due dimensioni: professionale ed extraprofessionale. Che fare? Il primo passo consiste nel comprendere quanto impegnativa e usurante è la professione docente; il secondo nel riconoscere i segni e sintomi di stanchezza psicofisica lanciati dal proprio soma; terzo nel reagire adottando le strategie di adattamento positive; quarto nel dosare scientemente le energie di cui disponiamo per non esaurirle completamente.
Per essere breve legga il mio ultimo libro ("Pazzi per la Scuola" - Alpes Italia edizioni) che riporta 125 testimonianze di docenti in ... "riserva" (intesa come benzina) e relative contromisure. In bocca al lupo Annarita.
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Tanti insegnanti non hanno proprio gli strumenti psicologici e i tratti di personalità adatti a questo lavoro
In relazione all'intervista al Dottor Lodolo D'Oria, posso affermare che in 27 anni di servizio ho potuto osservare molte situazioni tra le insegnanti come quelle che lui descrive. Il primo passo dovrebbe essere quello di far riconoscere la professione docente come professione di aiuto che ha bisogno di aggiornamento e preparazione adeguata; il secondo passo dovrebbe prevedere anche uno screening in ingresso alla professione con tests attitudinali. Mi spiace, ma tanti insegnanti non hanno proprio gli strumenti psicologici e i tratti di personalità adatti a questo lavoro che non è una missione ma richiede importanti qualità professionali, prime fra tutte l'autocontrollo, la flessibilità, l'ironia e la disponibilità ad aggiornarsi continuamente, cosa che fanno in pochissimi, anche perché tale pratica è scoraggiata in ogni modo.
Risposta
I test psicoattitudinali di sbarramento all'ingresso della professione rappresentano quel colpo di bacchetta magica che ci consentirebbe di sbarazzarci di un annoso problema. Sono tuttavia - a mio modo di vedere - una pia illusione. Prima di tutto perché nessuno nasce "imparato" e dunque abile all'insegnamento fin dall'inizio. In seconda battuta dobbiamo tenere conto che la psicopatologia si manifesta (nella stragrande maggioranza dei casi) dopo 22-24 anni di servizio. Come terzo punto il monitoraggio della salute deve essere effettuato in itinere per tutta la durata della carriera e non solamente all'inizio con un poco attendibile test attitudinale. Concordo invece con [...] quando sottolinea il fatto che il primo vero passo consiste nel far riconoscere l'usura psicofisica dei "mestieri di relazione" (helping profession) e di conseguenza le patologie psichiatriche come patologie professionali. Noto però una certa opposizione (di istituzioni, sindacati etc) a questo passaggio fondamentale. Credo che sia come sempre un problema di finanziamenti.
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Lo stress lo subisce anche il personale amministrativo
Ho letto l'articolo sul rischio di contrarre patologie psichiatriche e tumorali da parte dei docenti e sono da tempo convinta che questo rischio sia ben fondato, ma non solo per i docenti, bensì per tutto il personale della scuola. Mi spiego meglio: è vero che i docenti sono sottoposti a stress psico-fisico derivante dal rapporto con gli alunni (e a volte ancor più con i genitori...!), ma pensiamo a quanto stress subisce il personale amministrativo delle segreterie scolastiche che ha certamente rapporti meno diretti con gli alunni, ma già più intensi con i loro genitori, con altri utenti e, soprattutto, con gli stessi docenti e con il dirigente, il quale in molti casi, negli ultimi anni, è diventato un vero e proprio tiranno, affetto da delirio di onnipotenza e, a volte, anche da disturbo narcisistico. E poi ci sono sempre più adempimenti, scadenze sempre più ravvicinate, maggiori responsabilità ed esigenza di maggiori competenze rispetto al passato, richieste in teoria a tutti, ma nella pratica “sfruttate” solo nei confronti di chi ce l’ha e le mette a disposizione con professionalità. Vorrei precisare che sono una docente precaria storica (dal 1984) e un'assistente amministrativa ugualmente precaria dal 2000, per cui credo di poter esprimere questo pensiero, avendo vissuto ambedue le situazioni. Tra l'altro appartengo, purtroppo, al folto gruppo di personale scolastico direttamente interessato da patologie tumorali: ho scoperto la malattia nel 2007 e ho dovuto affrontare tutto ciò che ormai conosciamo bene di questa patologia, ricorrendo a terapie e supporto psico-oncologico. Probabilmente non ci facciamo prendere tutti dallo stress allo stesso modo e nella stessa misura e, probabilmente, questo dipende da quanta serietà e professionalità mettiamo a disposizione, ma questo non paga, anzi... spesso chi si "defila", si "imbosca" o fa semplicemente finta di non sapere non risente di tanto stress, a spese di chi, invece, si ritrova a dover fare il proprio lavoro e quello degli altri. E vi assicuro che, per esperienza mia e di altri come me, lavorando ogni anno in una scuola diversa proprio a causa della precarietà, queste situazioni sono diventate molto comuni. Ma a proposito di precarietà: non vi sembra che essere da 30 anni precari (e non parlo solo per me, ovviamente) porti ad uno stress eccessivo? La tensione è continua: passi tutta l'estate a cercare di capire, tra pensionamenti, trasferimenti,utilizzazioni, assegnazioni provvisorie dei titolari, se ci sarà il posto per te alla convocazione di agosto/settembre; poi, quando finalmente firmi un altro contratto, ancora una volta con un sospiro di sollievo, pensando "anche quest’anno ce l'ho fatta!", hai a che fare con tutte le umiliazioni che ti riserva un anno scolastico da precario: dalla discriminazione da parte di alcuni colleghi di ruolo che, solo per questo, credono di essere superiori, a prescindere dalle loro capacità, e che ritengono di doversi spartire la torta dei fondi economici tra loro, anche se tu lavori il doppio, alle assenze che devi gestire col contagocce, anche se sei seriamente ammalato…per non parlare di quanto sia umiliante essere destinatario di un contratto “fino all’avente diritto”, dove a quanto appena detto si aggiungono la consapevolezza e l’ansia di poter essere revocati da un giorno all’altro. Ma, dulcis in fundo, ciò che desta in me ancor più preoccupazione è il rischio di acquisire patologie oncologiche negli uffici a causa della tossicità di computer, stampanti, fotocopiatrici, centraline, sistemi wireless, ecc., senza avere adeguati sistemi di aerazione e senza avere neanche il tempo di fruire delle pause necessarie e “obbligatorie”, indispensabili quando si lavora per almeno sei ore al giorno davanti ad un computer.
Nonostante non sia stato fatto, come voi giustamente affermate, uno studio epidemiologico vero e proprio al riguardo, sono pienamente convinta che lo stress porta alla immunodepressione (per me già accertata dagli esami clinici e associata a sintomi psicosomatici e funzionali diagnosticati) e, di conseguenza, a patologie anche gravi, psichiche e tumorali.
La cosa più triste è che non siamo tutelati da nessuno.
Risposta
[...]conferma l'usura psicofisica per gli insegnanti ma, attraverso la sua esperienza personale di docente prima e ATA poi, vuole evidenziare il fatto che non è da meno quella per gli impiegati amministrativi. Gli studi che ho condotto in proposito mostrano in effetti che gli amministrativi sono molto colpiti dalle patologie professionali e vengono subito dopo gli insegnanti, seguiti a buona distanza dal personale medico che infine precede di gran lunga i colletti blu (operai, manovali, artigiani, collaboratori scolastici). La patologia oncologica denunciata dalla scrivente rientra nella casistica e non può che confermare la dinamica patogenetica che ho esposto nell'intervista. Non credo invece che vi siano studi e dati sufficienti per avallare la teoria di Patrizia che imputerebbe le suddette patologie all'inquinamento da radiazioni elettromagnetiche da PC e altri macchinari
simili.
Docenti a rischio patologie pschiatriche e tumorali. Ne parliamo con Lodolo D'Oria
di OrizzonteScuola!. -
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In Italia almeno 100mila prof vittime "burnout", ministro Giovannini includa insegnamento nel ddl pensione anticipata
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Anief - Appello Anief Confedir al ministro del Lavoro: autorevoli studi confermano che i docenti sono sottoposti a diversi stress di tipo professionale, non commetta l’errore fatto con la Legge Fornero che ha considerato usuranti solo professioni riconducibili al comparto privato.
È indispensabile includere anche gli insegnanti nel progetto di legge sulla pensione anticipata, attraverso la formula del “prestito d’onore”, oggi confermato dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini . L’idea di permettere su base volontaria di lasciare il lavoro due-tre anni prima, chiedendo un assegno anticipato di importo minimo (circa 700 euro al mese), da restituire in piccole rate al momento della maturazione effettiva del pensionamento, non può lasciare fuori la categoria professionale che più di tante altre è a rischio ‘burnout’.
Lo studio decennale ‘Getsemani’, dal titolo ‘Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’ , ha fatto emergere che la categoria degli insegnanti è quella che di più conduce verso patologie psichiatriche e inabilità al lavoro. Svolgendo una professione altamente ripetitiva e alienante, i docenti sono infatti sottoposti a diversi stress di tipo professionale. Le ultime stime, svolte su scala nazionale , indicano almeno il 3% di docenti (circa 25mila) sofferenti di patologie psichiatriche croniche, a cui va aggiunto un altro 10% (circa 80mila) che mostra segni palesi di stanchezza e spesso di depressione.
Il medico ematologo Vittorio Lodolo D'Oria, autore di diversi studi sul ‘burnout’, ha accertato che gli insegnanti stressati a causa del lavoro logorante sono il 73%. Gli individui che causano loro maggior stress sul lavoro sono nell'ordine: gli studenti (26%); i loro genitori (20%); i colleghi (20%); il dirigente scolastico (2%). Il 32% rimanente ritiene usurante la somma di tutte le relazioni. Sempre gli studi del medico esperto in ‘burnout’ hanno accertato che ad essere particolarmente esposte sono le docenti, che nella scuola rappresentano complessivamente oltre l'80% del corpo insegnante: sono fisiologicamente più soggette al "logorio professionale, in particolare dopo la menopausa". I dati sono stati confermati dallo stesso Lodolo D’Oria solo alcuni giorni fa attraverso un’intervista alla stampa specializzata nelle quale il medico si sofferma sulle “gravi patologie psichiatriche o di forme tumorali conseguenti all’immunodepressione da stress cronico ” dell’insegnante medio.
Di questa situazione è ben cosciente anche il Ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, la quale di recente ha dichiarato che “il mestiere dell'insegnante è usurante , ma ora abbiamo leggi che dobbiamo rispettare. Certo, è necessario rimediare ai guasti che abbiamo fatto come quelli, i cosiddetti 'quota 96', che non sono riusciti ad andare in pensione”, ha tenuto a dire sempre il Ministro. Includere i docenti nella formula del “prestito d’onore Letta-Giovannini non farebbe altro, quindi, che rispondere a questa precisa esigenza.
“Considerare finalmente quella dell’insegnamento tra le categorie meritevoli di una deroga all’attuale legge pensionistica – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – rappresenterebbe il giusto riconoscimento ad una categoria professionale particolarmente esposta alle sindromi psichiatriche e derivanti da stress lavorativo. Non si deve assolutamente commettere l’errore fatto con la Legge Fornero, che ha considerato usuranti solo professioni riconducibili al comparto privato. Inoltre, la loro inclusione nel progetto di legge del ministro Giovannini – conclude Pacifico - permetterebbe di svecchiare il corpo docente italiano, che si contraddistingue per la presenza di oltre il doppio di over 50 rispetto alla media dei paesi europei ed appena lo 0,1% di insegnanti under 30”.
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