SIAMO STUFI! MANDATECI IN PENSIONE

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    Anno 2014, fuga dei prof dalla scuola “Siamo stufi, mandateci in pensione”

    da la Repubblica

    Anno 2014, fuga dei prof dalla scuola “Siamo stufi, mandateci in pensione”
    SALVO INTRAVAIA

    BOOM di pensionamenti in arrivo nella scuola. Nonostante la riforma Fornero abbia bloccato in cattedra tantissimi insegnanti pronti a passare la mano ai più giovani, si profila un consistente incremento di uscite dal lavoro a partire dal primo settembre 2014. I dati, che Repubblica è in grado di anticipare, sono ancora provvisori ma in ogni caso abbastanza significativi per descrivere la voglia che hanno gli insegnanti italiani di gettarsi alle spalle un lunghissimo periodo di lavoro nelle classi senza troppe soddisfazioni, almeno dal punto di vista economico. E per presentare domanda ci sarà tempo ancora fino al 14 febbraio, giacché il termine dello scorso sette febbraio è stato prorogato. L’anno scorso, quando la riforma del governo Monti sulle pensioni fece crollare i pensionamenti nelle scuole, gli insegnanti che abbandonarono la cattedra furono appena 10.860. Quest’anno, stando alle anticipazioni provenienti dagli uffici di viale Trastevere, saranno parecchi di più se sul finire della scorsa settimana le domande online inoltrate avevano già superato le 12mila e 500 unità. Con un incremento del 15 per cento che potrà soltanto incrementarsi visto che il precedente termine del 7 febbraio per inoltrare le domande è stato prorogato al 14 febbraio prossimo. Ma perché coloro che hanno maturato i requisiti per la pensione non ci pensano due volte a fare largo ai giovani? Secondo il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima, si tratta di un «chiaro messaggio di stanchezza da parte della categoria». «Chi va in pensione — continua Scrima — non lo fa a cuor leggero ma, secondo quanto ci risulta ascoltando ogni giorno i docenti, per frustrazione: insegnare oggi richiede fatica e impegno che non vengono riconosciuti. Ecco perché in tanti hanno deciso di andare via dalla scuola. E per questa ragione chiediamo al governo, al parlamento e alla politica di attivare tutte le azioni per il riconoscimento del lavoro degli insegnanti e di aprire il confronto per il rinnovo del contratto di lavoro». I docenti e gli Ata (gli ammini-strativi, i tecnici e gli ausiliari) hanno il contratto scaduto ormai dal 2009, con stipendi tra i più bassi d’Europa. In più, l’ultimo governo Berlusconi e il governo Monti hanno bloccato gli scatti stipendiali automatici previsti dal contratto per consentire almeno un piccolo recupero dell’inflazione. E nei casi in cui gli scatti sono stati pagati, i sei anni tra un avanzamento di stipendio e il successivo si sono dilatati a sette o ad otto. «Gli insegnanti, appena raggiungono il requisito, fuggono dalla scuola», commenta Domenico Pantaleo, leader della Flc Cgil». «Il perché è presto detto: tra tagli, disorganizzazione crescente e condizioni di lavoro sempre più gravose il pensionamento è un’ancora di salvataggio». Ma non solo: «Le persone, insegnanti compresi, temono che si metta mano ancora alla legge Fornero per allungare la permanenza al lavoro. E chi può se ne va». Opportunità negata anche ai cosiddetti docenti “quota 96” (con almeno 36 anni di servizio e 60 anni di età o 35 anni di servizio e 61 di età) che avendo già maturato i requisiti per andare in pensione con la vecchia normativa sono stati bloccati a scuola fino a 67 anni dall’entrata in vigore della legge Fornero perché non è stato previsto che nella scuola l’anno scolastico termina il 30 agosto e non il 31 dicembre. Una “ingiustizia” alla quale il governo Letta sta cercando di porre rimedio.

    Edited by redrose - 23/2/2014, 21:24
     
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    Prof in fuga verso la pensione: quest’anno saranno quasi il 25% in più


    da Repubblica.it

    Prof in fuga verso la pensione: quest’anno saranno quasi il 25% in più

    Le stime sui dati definitivi e le voci di demotivazione tra gli insegnanti: a settembre lasceranno circa 13.500 docenti

    di SALVO INTRAVAIA

    La Fornero non ferma la fuga degli insegnanti dalla scuola. I dati (quasi) definiti di ieri pomeriggio confermano le anticipazioni fornite da Repubblica la scorsa settimana. Non si tratta di un esodo, probabilmente, soltanto perché i paletti imposta dalla ministra piemontese sono così stringenti da costringere tantissimi che ne avrebbero voglia a rimanere ancora in cattedra per qualche anno. Ma basta fare un giro tra gli insegnanti per comprendere il livello di demotivazione. E chi può non ci pensa due volte ad andare in pensione.

    LA LETTERA DI UNA PROFESSORESSA

    I numeri, come sempre, sono la migliore delle argomentazioni possibili. Il 31 agosto del 2013 andarono in pensione 10.860 insegnanti e 3.662 Ata: amministrativi, tecnici e ausiliari. Il prossimo primo settembre toglieranno il disturbo in 13.380: 2.520 in più, con un aumento pari al 23 per cento. La quota di personale non docente che passerà la mano è invece sostanzialmente invariata: 3.697. A facilitare l’uscita degli insegnanti dalla scuola è anche l’età di tantissimi prof e maestri - di ruolo e precari - che fanno di quello italiano uno dei corpi docenti più anziani in Europa. Con percentuali di giovani insegnanti under 30 da prefisso telefonico: 0,3 per cento in Italia, contro l’11,3 per cento della Francia, il 12 per cento dell’Unione europea e il 18 per cento degli Stati Uniti.

    È il sistema di reclutamento e la formazione iniziale che portano alla cattedra insegnanti già maturi. Per contro, il Belpaese è la nazione Ocse con la maggiore quota di insegnanti ultracinquantenni al mondo: il 41 per cento, contro il 26 per cento dell’Ue. Anche i precari della scuola, coloro che anelano al posto fisso dopo decenni di girovagare per l’Italia, sono abbastanza “anziani”: 9 su cento con meno di 30 anni e 10, sempre su cento, con cinquant’anni già suonati. Anche lo stress, stando agli studi del medico Vittorio Lodolo D’Oria, gioca un ruolo fondamentale. I sindacati parlano di categoria “ormai stanca”.

    “Chi va in pensione - spiega Francesco Scrima, leader della Cisl scuola - non lo fa a cuor leggero ma, secondo quanto ci risulta ascoltando ogni giorni i docenti, per frustrazione: insegnare oggi richiede fatica e impegno che non vengono riconosciuti. Ecco perché in tanti hanno deciso di andare via dalla scuola. “Gli insegnanti, appena raggiungono il requisito, fuggono dalla scuola - commenta Domenico Pantaleo, leader della Flc Cgil - Il perché è presto detto: tra tagli, disorganizzazione crescente e condizioni di lavoro sempre più gravose il pensionamento è un’ancora di salvataggio”. Ma non solo. “Le persone - conclude il sindacalista - insegnanti compresi, temono che si metta mano ancora alla legge Fornero per allungare la permanenza al lavoro. E chi può se ne va”.
     
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    Pensioni, a settembre andranno via in 17mila. Ma c’è poco da gioire
    di A.G.
    16/02/2014
    Rispetto al 2013 si registra un incremento del 23%, ma nel 2012 se ne andarono quasi il doppio di docenti e Ata. E nel 2007 il triplo. L’Anief torna a chiedere una deroga per i dipendenti della scuola rispetto alla “stretta” imposta con la riforma Fornero: il Governo Monti ha creato un meccanismo infernale, che entro qualche anno produrrà una quantità industriale di insegnanti ultra 60enni stanchi e demotivati.
    Per la scuola quello di febbraio è il mese di cui si parla già di pensionamenti. Sono quelli che prenderanno corpo sei mesi dopo. E quest’anno si registra, a quanto risulta a “Repubblica.it”, il 23% in più di addii al servizio rispetto a quello passato: il settembre scorso andarono in pensione 10.860 insegnanti e 3.662 amministrativi, tecnici e ausiliari. Nell’estate del 2014 toccherà a 13.380 insegnante (2.520 in più) e 3.697 Ata (appena 35 in più).
    Se si guarda al passato recente l’incremento, in effetti, c’è stato. Se invece si va a confrontare il dato degli attuali pensionamenti con quelli in po’ più indietro c’è poco da gioire. Solo due anni fa, nel 2012, se ne erano andati in oltre 30 mila. Se poi si va indietro cinque anni prima, il gap diventa enorme. Facendo crescere i rimpianti, per un turn over ormai sempre più ridotto.
    “Per comprendere la modesta portata dei pensionamenti concessi da Viale Trastevere - sostiene l’Anief - basta prendere come riferimento quelli che si realizzarono nel 2007, quando furono più di 51mila le cessazioni di servizio dei dipendenti della scuola: praticamente il triplo di quelle che si concretizzeranno quest’anno. Si tratta di numeri eloquenti. Che dimostrano quello che l’Anief sostiene da quando è stata approvata la riforma Fornero attraverso il decreto legge n. 201, del 6 dicembre 2011, convertito con la legge n. 214 del 22 dicembre 2011: la scuola italiana doveva adottare la riforma pensionistica in modo graduale”.
    Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, è la conferma che “la scuola necessita di una deroga rispetto alle nuove norme che regolano l’uscita dal mondo del lavoro: il Parlamento italiano, durante il Governo Monti, ha creato un meccanismo infernale che entro qualche anno produrrà una quantità industriale di insegnanti ultra 60enni. Pensiamo, per un attimo alle maestre della materna, che si occupano di bambini di 3-4 anni. Come si fa a parlare di scuola di qualità in queste condizioni?”.
    In mancanza di una modifica alle norme pensionistiche, il sindacato ritiene indispensabile dare la possibilità a chi ha svolto 25-30 anni di insegnamento di rimanere in servizio con ruoli alternativi a quelli della didattica frontale: un ocente con tanta esperienza alle spalle dovrebbe avere l’opportunità di attuare compiti diversificati.
    “I docenti alle soglie della pensione - continua Pacifico - potrebbero essere impiegati come tutor, formatori o supervisori dei giovani docenti. Oppure come orientatore per gli studenti. Sono delle soluzioni, già praticate con fortuna in diversi Paesi, che permetterebbero ai docenti rimasti in servizio, loro malgrado, di poter mettere a disposizione la tanta esperienza accumulata negli anni a favore dei colleghi inesperti. Ma anche degli alunni, fornendogli quella assistenza in fase di scelta dei nuovi corsi, che risulterebbe decisiva per abbattere quell’abbandono scolastico che in Italia è cinque punti percentuali sopra la media Ue. Si darebbe infine di nuovo respiro al turn over”.
    Quelle dell’Anief rimangono però delle proposte. Che molti addetti ai lavori condivideranno. La realtà però è ben’altra. E più si va avanti, più salgono il coefficiente relativo all’aspettativa di vita e l’età minima di pensionamento delle donne. Che nella scuola rappresentano oltre l’80% del personale. Se tanto mi dà tanto...


    da Tecnica della scuola
     
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  4. rsustaff
     
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    Pensioni 2014: solo 17mila docenti e Ata. Anief: le soluzioni per assumere dalle graduatorie ci sarebbero




    Anief - Anief-Confedir: se non si approva una deroga per chi opera nel comparto dell’Istruzione entro qualche anno ci ritroveremo con una quantità industriale di insegnanti ultra 60enni demotivati e stanchi. E se proprio dobbiamo tenerli in servizio, si dia loro la possibilità di fare da tutor o formatori delle giovani leve.

    Nella scuola gli effetti della riforma Fornero si confermano devastanti: quest’anno l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, in particolare delle donne, che nella scuola costituiscono più dell’80% del personale, con migliaia di ‘Quota 96’ illegittimamente stoppati, porterà alla pensione appena 13.380 insegnanti e 3.697 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari: in tutto saranno 17mila. Se rispetto al 2013 si registra un incremento di circa il 20%, quelli emessi dal Miur sono numeri davvero modesti. Che non favoriranno quel turn over fisiologico indispensabile in un contesto lavorativo contrassegnato da over cinquantenni e oltre 140mila precari annuali , quasi la metà di tutta la pubblica amministrazione.

    Per comprendere la modesta portata dei pensionamenti concessi da Viale Trastevere, basta prendere come riferimento quelli che si realizzarono nel 2007, quando furono più di 51mila le cessazioni di servizio dei dipendenti della scuola: praticamente il triplo di quelle che si concretizzeranno quest’anno. Si tratta di numeri eloquenti. Che dimostrano quello che l’Anief sostiene da quando è stata approvata la riforma Fornero attraverso il decreto legge n. 201, del 6 dicembre 2011, convertito con la legge n. 214 del 22 dicembre 2011: la scuola italiana doveva adottare la riforma pensionistica in modo graduale.

    E siccome il Parlamento continua a far prevalere gli interessi ragionieristici a quelli del buon senso, il quadro che ci aspetta è davvero grigio: con i docenti più vecchi dell’area Ocse, i precari assunti alle soglie dei 40 anni e le nuove norme che permettono di lasciare il servizio per la pensione non prima dei 65 anni, le 8.400 scuole pubbliche italiane saranno sempre più affollate di personale docente e amministrativo stanco e demotivato.

    Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, è la conferma che “la scuola necessita di una deroga rispetto alle nuove norme che regolano l’uscita dal mondo del lavoro: il Parlamento italiano, durante il Governo Monti, ha creato un meccanismo infernale che entro qualche anno produrrà una quantità industriale di insegnanti ultra 60enni. Pensiamo per un attimo alle maestre della materna, che si occupano di bambini di 3-4 anni. Senza dimenticare che a questi insegnanti attempati, dal 2010 lo Stato ha bloccato gli aumenti, dando loro stipendi quasi da fame . Come si fa a parlare di scuola di qualità in queste condizioni?”.

    In mancanza di una modifica alle norme pensionistiche, il sindacato ritiene indispensabile dare la possibilità a chi ha svolto 25-30 anni di insegnamento di rimanere in servizio con ruoli alternativi a quelli della didattica frontale: un docente con tanta esperienza alle spalle dovrebbe avere l’opportunità di attuare compiti diversificati.

    “I docenti alle soglie della pensione – continua Pacifico – potrebbero essere impiegati come tutor, formatori o supervisori dei giovani docenti. Oppure come orientatori per gli studenti. Sono delle soluzioni, già praticate con fortuna in diversi Paesi, che permetterebbero ai docenti rimasti in servizio, loro malgrado, di poter mettere a disposizione la tanta esperienza accumulata negli anni a favore dei colleghi inesperti. Ma anche degli alunni, fornendogli quella assistenza in fase di scelta dei nuovi corsi, che risulterebbe decisiva per abbattere quell’abbandono scolastico che in Italia è cinque punti percentuali sopra la media Ue. Si darebbe infine di nuovo respiro al turn over, assumendo finalmente una quantità maggiore dei tanti precari abilitati e vincitori di concorso già inseriti nelle graduatorie e che – conclude il sindacalista Anief-Confedir - scalpitano per essere immessi in ruolo”.
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    LA RIFORMA FORNERO COLPISCE ANCORA: IN PENSIONE SOLO 17MILA DOCENTI E ATA, NEL 2007 ERANO IL TRIPLO



    da IMGPress
    LA RIFORMA FORNERO COLPISCE ANCORA: IN PENSIONE SOLO 17MILA DOCENTI E ATA, NEL 2007 ERANO IL TRIPLO
    (16/02/2014) – Nella scuola gli effetti della riforma Fornero si confermano devastanti: quest’anno l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, in particolare delle donne, che nella scuola costituiscono più dell’80% del personale, con migliaia di ‘Quota 96’ illegittimamente stoppati, porterà alla pensione appena 13.380 insegnanti e 3.697 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari: in tutto saranno 17mila. Se rispetto al 2013 si registra un incremento di circa il 20%, quelli emessi dal Miur sono numeri davvero modesti. Che non favoriranno quel turn over fisiologico indispensabile in un contesto lavorativo contrassegnato da over cinquantenni e oltre 140mila precari annuali, quasi la metà di tutta la pubblica amministrazione.
    Per comprendere la modesta portata dei pensionamenti concessi da Viale Trastevere, basta prendere come riferimento quelli che si realizzarono nel 2007, quando furono più di 51mila le cessazioni di servizio dei dipendenti della scuola: praticamente il triplo di quelle che si concretizzeranno quest’anno. Si tratta di numeri eloquenti. Che dimostrano quello che l’Anief sostiene da quando è stata approvata la riforma Fornero attraverso il decreto legge n. 201, del 6 dicembre 2011, convertito con la legge n. 214 del 22 dicembre 2011: la scuola italiana doveva adottare la riforma pensionistica in modo graduale.
    E siccome il Parlamento continua a far prevalere gli interessi ragionieristici a quelli del buon senso, il quadro che ci aspetta è davvero grigio: con i docenti più vecchi dell’area Ocse, i precari assunti alle soglie dei 40 anni e le nuove norme che permettono di lasciare il servizio per la pensione non prima dei 65 anni, le 8.400 scuole pubbliche italiane saranno sempre più affollate di personale docente e amministrativo stanco e demotivato.
    Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, è la conferma che “la scuola necessita di una deroga rispetto alle nuove norme che regolano l’uscita dal mondo del lavoro: il Parlamento italiano, durante il Governo Monti, ha creato un meccanismo infernale che entro qualche anno produrrà una quantità industriale di insegnanti ultra 60enni. Pensiamo per un attimo alle maestre della materna, che si occupano di bambini di 3-4 anni. Senza dimenticare che a questi insegnanti attempati, dal 2010 lo Stato ha bloccato gli aumenti, dando loro stipendi quasi da fame. Come si fa a parlare di scuola di qualità in queste condizioni?”.
    In mancanza di una modifica alle norme pensionistiche, il sindacato ritiene indispensabile dare la possibilità a chi ha svolto 25-30 anni di insegnamento di rimanere in servizio con ruoli alternativi a quelli della didattica frontale: un docente con tanta esperienza alle spalle dovrebbe avere l’opportunità di attuare compiti diversificati.
    “I docenti alle soglie della pensione – continua Pacifico – potrebbero essere impiegati come tutor, formatori o supervisori dei giovani docenti. Oppure come orientatori per gli studenti. Sono delle soluzioni, già praticate con fortuna in diversi Paesi, che permetterebbero ai docenti rimasti in servizio, loro malgrado, di poter mettere a disposizione la tanta esperienza accumulata negli anni a favore dei colleghi inesperti. Ma anche degli alunni, fornendogli quella assistenza in fase di scelta dei nuovi corsi, che risulterebbe decisiva per abbattere quell’abbandono scolastico che in Italia è cinque punti percentuali sopra la media Ue. Si darebbe infine di nuovo respiro al turn over, assumendo finalmente una quantità maggiore dei tanti precari abilitati e vincitori di concorso già inseriti nelle graduatorie e che – conclude il sindacalista Anief-Confedir – scalpitano per essere immessi in ruolo”.
     
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    Pensioni scuola, Quota 96 bloccata. Ata e docenti, la Fornero spaventa


    Crescita percentuale dei ritiri: il sistema welfare non dà fiducia


    La situazione pensioni nella scuola è in preda all’incertezza, sia per chi a settembre dovrebbe effettivamente ritirarsi che, in maniera molto più preoccupante, per la famosa Quota 96, categoria dimenticata dalle recenti riforme previdenziali, su tutte, naturalmente, la legge Fornero di fine 2011.

    Si sono chiuse lo scorso venerdì 14 febbraio le domande per la cessazione del servizio, inoltrate da coloro che matureranno i requisiti nell’anno in corso. Innanzitutto, bisogna registrare il drastico calo di richieste, rispetto alla mole attesa prima della riforma Fornero, che ha cambiato i requisiti, rendendo molto più difficile l’ingresso al sistema pensionistico.

    Così, invece degli 80mila messi in preventivo per l’anno in corso, le domande pervenute dovrebbero essere circa 12mila e 500, ossia il 50 percento rispetto alle 25mila persone che potrebbero ritirarsi dal lavoro.

    Il dato che balza all’occhio riguarda una crescita sensibile delle domande rispetto alla platea degli aventi diritto, pari alla metà dei possibili pensionati: un aumento di non poco conto rispetto alla situazione pre riforma, quando a chiedere la pensione era esclusivamente il 30 percento degli aventi diritto.

    Secondo gli osservatori, ciò è dovuto al fatto che la situazione precaria dei conti pubblici e del sistema previdenziale in particolare, unita alla preoccupazione di ulteriori riforme in seno alla previdenza, che potrebbero complicare ulteriormente l’accesso al sistema previdenziale, sta spingendo più lavoratori a chiedere il ritiro non appena maturati i requisiti.

    Si tratta, secondo i primi resoconti, in gran parte di amministrativi Ata, che hanno potuto accedere anche alla pensione anticipata, in virtù di agevolazioni che consentono il ritiro dal lavoro con le precedenti leggi. Poi, nutrita dovrebbe essere la rappresentanza dei docenti al di sotto dei 64 anni, con 38 anni di anzianità contributiva, oltre alle donne che abbiano compiuto i 57 anni e 3 mesi, con contributi per almeno 35 anni.

    Poi, come dicevamo, ci sono i dimenticati, ossia i Quota 96 – coloro che abbiano maturato, tra età anagrafica e anzianità di contributi versati, appunto cifra pari a 96 . Il disegno di legge che dovrebbe sbloccare la loro situazione, è fermo alla Camera. Prima del parere della Commissione Bilancio sulle coperture, l’iter non verrà fatto ripartire e, con il cambio di governo imminente, l’attesa rischia di diventare davvero infinita.
     
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    Molti prof iniziano a invidiare gli Ata


    di Aldo Domenico Ficara
    23/02/2014
    Arrivano nelle redazioni dei quotidiani, nei commenti dei social networks, nelle discussioni tra colleghi allarmanti riflessioni sull’attività lavorativa degli insegnanti, una categoria che anagraficamente parlando anno dopo anno si sta facendo sempre più vecchia
    Ad avvalorare questa tesi citiamo lo stralcio di un articolo pubblicato su Repubblica.it che dice: “Gli ultimi dati forniti dall'Ocse nel rapporto Education at a glance 2013 non lasciano spazio a molti dubbi. Le aule italiane ospitano gli insegnanti più canuti dei 32 paesi censiti dall'Ocse. Un vero e proprio record che, se non interverranno modifiche alla legge Fornero, sarà difficile strappare al Belpaese anche nei prossimi anni. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in Italia nel 2011 62 insegnanti su cento avevano già festeggiato i 50 anni, mentre i giovani docenti in cattedra erano una rarità: appena lo 0,27 per cento. In altre parole, 27 su mille “.
    Tutti questi insegnanti over 50 devono far fronte, di anno in anno, a carichi lavorativi sempre maggiori, che sono indispensabili al buon andamento organizzativo delle nostre scuole. Tutto ciò sta creando curiose attenzioni verso le mansioni lavorative del personale ATA. A dimostrazione di quanto detto si riporta un post pubblicato nella rubrica della Tecnica della Scuola “ I lettori ci scrivono “ (): “Ad aprile compirò 62 anni. Non ne posso più di: carichi di lavoro in continuo aumento, burocrazia sempre più opprimente, moduli BES, DSA, verbali, contratto bloccato da 8 anni, scatti compresi, riforme continue e calate dall`alto, tagli indiscriminati, prospettive di aumento a 24 ore a parità di stipendio, introduzione del «merito» sulla base di fumosi criteri. Chiedo all`onorevole Renzi e al neoministro Giannini di poter passare gli ultimi 4, lunghissimi anni che mi mancano alla pensione svolgendo le mansioni di: addetta alle pulizie, alle fotocopie o al centralino“.
    Forse il nuovo che avanza dovrebbe trovare la formula migliore per ridare le giuste motivazioni a una categoria professionale depredata del suo vero ruolo istituzionale: la trasmissione del sapere.
     
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    Pensioni scuola: chi può presentare domanda per il 2015




    In attesa della circolare ministeriale i requisiti previsti dall’attuale normativa per andare in pensione da settembre.
    04/12/2014


    Pensioni scuola: le domande entro il 15 gennaio 2015

    Il Decreto Ministeriale 866 del 1 dicembre 2014 fissa al 15 gennaio 2015 il termine ultimo per la presentazione delle domande di dimissioni volontarie dal servizio ai fini del pensionamento per il personale della scuola (docenti/educatori e ATA). Per i dirigenti scolastici il termine per la presentazione delle istanze è il 28 febbraio 2015.

    In attesa della pubblicazione della circolare operativa, riepiloghiamo i requisiti necessari per il diritto al pensionamento dal 1 settembre 2015.
    Requisiti posseduti al 31 dicembre 2011 ante Legge 214/11 (Fornero)

    Vecchiaia

    65 anni di età anagrafica – requisito per uomini e donne
    61 anni di età anagrafica – requisito di vecchiaia facoltativo esclusivamente per le donne

    Anzianità

    40 anni di contribuzione – requisito della massima anzianità contributiva

    Quota

    60 anni di età e 36 anni di contribuzione – quota 96
    61 anni di età e 35 anni di contribuzione – quota 96

    Per raggiungere la “quota 96” si possono sommare ulteriori frazioni di età e contribuzione (esempio: 60 anni e 4 mesi di età anagrafica con 35 anni e 8 mesi di contribuzione).

    Per le sole donne resta in vigore fino al 31 dicembre 2015 la norma prevista dall’art. 1 comma 9 della Legge 243/2004, che consente l’accesso alla pensione con 57 anni e 3 mesi di età anagrafica e 35 anni di anzianità contributiva. Il pensionamento è consentito dall’1 settembre 2015 a condizione che il requisito di età e contribuzione sia stato maturato entro il 31 dicembre 2014 e che venga esercitata l’opzione per il calcolo della pensione col sistema contributivo.

    Secondo le norme attualmente in vigore, il pensionamento sperimentale per le sole donne, non può decorrere oltre il 31 dicembre 2105. È in corso un'azione politica e una pressione sindacale per far rivedere all'INPS tale interpretazione restrittiva, facendo intendere tale data come limite per il perfezionamento dei requisiti. Approfondisci.
    Nuove regole per l’accesso alla pensione previste dalla Legge 214/11

    Per conseguire la pensione di anzianità e la pensione anticipata i nuovi requisiti dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 sono i seguenti:

    Pensione di vecchiaia per uomini e donne con almeno 20 anni di contributi

    66 anni e 3 mesi entro il 31 dicembre 2015

    Pensione anticipata

    per le donne, 41 anni e 6 mesi di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2014;
    per gli uomini, 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2014.

    È attualmente prevista una penalizzazione sul calcolo della pensione anticipata per chi abbia meno di 62 anni di età, salvo nel caso in cui la contribuzione derivi da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento del servizio militare, per infortunio, per malattia, periodi per i congedi parentali di maternità e paternità, donazione di sangue e emocomponenti e cassa integrazione guadagni ordinaria. Nella legge di stabilità 2015, in discussione in Parlamento, tale penalizzazione potrebbe essere eliminata se il Senato confermerà quanto già previsto in prima lettura dalla Camera.
     
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