PART TIME

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    Guida sul part time docenti di ruolo (trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale). Presentazione domande entro il 15 marzo
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    Lalla - Scade il 15 marzo la domanda per la richiesta di part time. I requisiti e le modalità per inoltrare la domanda

    Possono essere interessati (se assunti con contratto a tempo indeterminato)

    docenti (anche neo - immessi in ruolo con nomina giuridica dal 1° settembre 2013) di ogni ordine e grado
    personale delle istituzioni educative e dei conservatori ed accademie
    personale A.T.A. delle scuole di ogni ordine e grado, con esclusione dei Direttori dei Servizi generali ed amministrativi
    personale che sarà collocato in quiescenza dal 1° settembre 2014 e che chiederà il mantenimento in servizio con rapporto di lavoro a tempo parziale ( subordinato alla verifica delle condizioni di esubero, dopo le operazioni di mobilità)

    La scadenza è fissata al 15 marzo 2014. Si tratta di una scadenza annuale, fissata dalla circolare del O.M. n. 55 del 13/02/1998. Vale la data di assunzione a protocollo della scuola.
    La domanda deve essere presentata, per il tramite del Dirigente scolastico della scuola di servizio, all'Ambito Territoriale competente. Alcuni USR e Ambiti territoriali stanno provvedendo in questi giorni alla pubblicazione delle relative domande.

    Il part time dura due anni scolastici. Il contratto di variazione del rapporto di lavoro avrà decorrenza dal 1° settembre 2014.

    Al termine dei due anni non è necessaria alcuna richiesta di proroga se si decide di proseguire il rapporto di lavoro part time. Invece il ritorno al tempo pieno deve essere esplicitamente richiesto.

    Si possono verificare 3 casi

    personale già titolare di contratto part-time da almeno un biennio, che intende chiedere il rientro a tempo pieno dal 1° settembre 2014. In questo caso è necessario produrre specifica domanda entro il 15 marzo 2014. La mancata richiesta del rientro è considerata una conferma del rapporto di lavoro a tempo parziale.
    personale che intende modificare l’articolazione della prestazione del servizio, cioè il numero delle ore settimanali o il tipo, orizzontale/verticale
    personale che richiede per la prima volta la trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale

    REVOCA E RINUNCIA

    La domanda, già presentata, può essere revocata entro i termini stabiliti dal singolo USR. Non è esplicitamente consentito invece rinunciare al provvedimento già disposto.

    NOVITA' INTRODOTTE DALLA CIRCOLARE DELLA FUNZIONE PUBBLICA n. 9 del 30 GIUGNO 2011

    Di fronte ad una istanza del lavoratore, l'amministrazione non ha l'obbligo di accoglierla, nè la trasformazione avviene in modo automatico. La trasformazione "può" essere concessa entro 60 giorni dalla domanda.

    La novità più consistente della Circolare è dunque che la trasformazione del rapporto di lavoro in part time è subordinata alla valutazione discrezionale dell'amministrazione interessata

    La valutazione dell'istanza si basa su 3 elementi:

    la capienza dei contingenti fissati dalla contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione organica (Il Dirigente Scolastico deve verificare che non sia già satura, per l'a.s. in corso, l'aliquota del 25% destinata al personale docente con rapporto a tempo parziale rispetto alla dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna classe di concorso a cattedre o posti o di ciascun ruolo e comunque il limite di spesa massima annua prevista per la dotazione organica medesima)
    l'oggetto dell'attività, di lavoro autonomo o subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del rapporto. Lo svolgimento dell'altra attività non deve essere in conflitto e la trasformazione non è concessa quando l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con altra amministrazione
    l'impatto organizzativo della trasformazione, che può essere negata quando dall'accoglimento della stessa deriverebbe un pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente

    L'istanza va sicuramente rigettata in caso di pregiudizio alla funzionalità complessiva della scuola. Le motivazioni del diniego devono essere evidenti, per permettere al dipendente di conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza se lo desidera, e se è il caso consentire l'attivazione del controllo giudiziale.

    Hanno precedenza:

    i lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche
    lavoratori che assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione di gravità ai sensi dell'art.3 comma 3 della legge 104 del 1992, con riconoscimento di una invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita
    lavoratori con figli conviventi di età non superiore a 13 anni
    lavoratori con figli conviventi in situazione di handicap grave

    Per il personale docente di ogni ordine e grado che non intende variare volontariamente il proprio orario di servizio, ma la modifica si rende necessaria per garantire l'unicità dell'insegnamento, in seguito alla definizione del numero effettivo di classi autorizzate in organico di fatto, il numero di ore di lavoro e l'articolazione dell'orario di servizio sarà definito dal Dirigente Scolastico tenendo conto delle esigenze dell'interessato, per quanto le stesse siano compatibili con quelle prevalenti di buon funzionamento dell'Istituzione. [indicazione dell'UST di Viterbo nota n. 322 del 28/01/2013]

    N° DOMANDE

    Possono essere accolte domande nel limite massimodel 25% della dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna classe di concorso a cattedre o posti o di ciascun ruolo e, comunque, entro i limiti di spesa massima annua previsti per la dotazione organica medesima.

    ORARIO DI SERVIZIO

    La durata minima delle prestazioni lavorative deve essere di norma pari almeno al 50% di quella a tempo pieno

    Il tempo parziale può essere realizzato:

    a) con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi (tempo parziale orizzontale);

    b) con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana, del mese, o di determinati periodi dell'anno (tempo parziale verticale)

    c) con articolazione della prestazione risultante dalla combinazione delle due modalità indicate alle lettere a e b (tempo parziale misto), come previsto dal d.lgs. 25.02.2000, n. 61

    Bisogna in ogni caso tener conto delle particolari esigenze di ciascun grado di istruzione, anche in relazione alle singole classi di concorso a cattedre o posti, ed assicurare l'unicità del docente, per ciascun insegnamento e in ciascuna classe o sezioni di scuola dell'infanzia, nei casi previsti dagli ordinamenti didattici, prevedendo a tal fine le ore di insegnamento che costituiscono la cattedra a tempo parziale.

    In ogni caso non è consentito l'impiego di personale a tempo parziale nelle classi delle scuole elementari o nelle sezioni di scuola materna ove l'insegnamento debba essere interamente svolto da un unico docente. Per quanto concerne i docenti dell'istruzione secondaria di primo e secondo grado, titolari su classi di concorso comprendenti più discipline, la fruizione del part-time deve essere funzionalmente raccordata alla scindibilità del monte orario di ciascun insegnamento della classe di concorso stessa.

    I docenti di sostegno con rapporto di lavoro a tempo parziale non possono essere utilizzati su posti che comportino interventi di sostegno su singoli alunni di durata superiore alla metà dell'orario settimanale obbligatorio d'insegnamento stabilito per ciascun grado di scuola.

    RETRIBUZIONE

    Al docente saranno corrisposti gli emolumenti in misura proporzionale alle ore di servizio.
    Il trattamento previdenziale e di fine rapporto è disciplinato dall’art. 8 della legge 554/88 e successive modificazioni ed integrazioni

    FERIE

    I dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di giorni di ferie e di festività soppresse pari a quello dei lavoratori a tempo pieno.
    I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell'anno

    Al fine di stabilire l'entità delle ferie spettanti al dipendente, assume esclusivamente rilievo il numero delle giornate (e non delle ore) lavorative prestate.

    Il numero di giorni di festività soppresse è pari a quello dei lavoratori a tempo pieno

    ATTIVITA' AGGIUNTIVE

    Il docente è escluso dalle attività aggiuntive aventi carattere continuativo e non può fruire di benefici che comunque comportino riduzioni dell’orario di lavoro, salvo quelle previste dalla legge

    Segnaliamo la risposta dell'USR Veneto relativamente al monte ore delle attività funzionali, ex art. 29 comma 3 lettere a) e b) del CCNL 2006/09, addebitabili ai docenti con contratto di lavoro part-time.

    La risposta contiene delle indicazioni precise:

    la quantità di debito orario cui è tenuto il docente part-time dovrà essere determinata in misura proporzionale all'orario stabilito.
    dovranno essere adottate, dalle Istituzioni scolastiche soluzioni organizzative che consentano al docente part-time di partecipare a quelle attività collegiali valutate indispensabili.
    Il Dirigente Scolastico dovrà fornire al docente part-time un calendario individualizzato delle attività funzionali all'insegnamento, ove risulti esplicitato l'ordine di priorità delle sedute, compatibili con il suo orario di servizio e ritenute assolutamente necessarie all'espletamento del servizio medesimo.

    PART TIME E LEGGE 104/92

    Il docente in regime di part time può beneficiare dei tre giorni di permesso mensile previsto dalla legge 104/92?

    Non ci sono limitazioni per i docenti che usufruiscono del part time orizzontale (riduzione oraria per tutti i giorni della settimana), mentre per il part time verticale la fruizione è limitata ad alcuni giorni della settimana. La circolare INPS del 22 luglio 2000 ha disposto che:

    "il numero dei giorni di permesso spettanti va ridimensionato proporzionalmente .
    Il risultato numerico va arrotondato all'unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore:
    Si procede infatti con la seguente proporzione: x : a = b : c (dove “a” corrisponde al n° dei gg. di lavoro effettivi; “b” a quello dei (3) gg. di permesso teorici; “c” a quello dei gg. lavorativi)
    Si riporta un esempio di 8 giorni di lavoro al mese su un totale di 27 giorni lavorativi teoricamente eseguibili (l'azienda non effettua quindi la “settimana corta”).
    Perciò:
    x : 8 = 3 : 27
    x = 24 : 27;
    x = 0,8 (gg. di permesso, da arrotondare a 1).
    Nel mese considerato spetterà quindi 1 solo giorno di permesso"

    PART TIME E CONGEDI PARENTALI

    Per il part time orizzontale la questione non si pone, perchè si ha diritto a congedi e permessi nella stessa misura del personale a tempo pieno.

    Per il part time verticale possiamo fare riferimento agli Orientamenti Applicati dell’ARAN per altri Comparti. Secondo tali orientamenti le assenze dovute a congedo parentale si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto.

    In assenza di un Orientamento per la scuola e poiché nel CCNL 2007 non vi è una disposizione che regoli il caso, al docente a part time verticale si dovrebbero calcolare solo i giorni in cui presta l’attività lavorativa e non tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto, tenendo anche conto che il docente in questione non sarebbe tenuto ad altre attività nei giorni in cui non presta servizio.

    Leggi gli esempi riportati in Part time e congedi parentali

    PART TIME E ALTRO LAVORO

    Qualora la prestazione lavorativa risulti superiore al 50% di quella a tempo pieno, resta confermato, per il docente, il divieto di svolgere qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo tranne quelli per cui la legge o altra fonte normativa ne prevedano esplicitamente l’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza a condizione che questa sia stata effettivamente rilasciata

    E' invece consentito svolgere una seconda attività (autonoma o subordinata) a condizione che:
    - l'orario di servizio non superi il 50 per cento della prestazione ordinaria;
    - si comunichi entro 15 giorni al Capo d' istituto il successivo inizio della seconda attività;
    - che la prestazione aggiuntiva non comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio nell' Amministrazione di appartenenza e non arrechi grave pregiudizio alla funzionalità della stessa.

    PART TIME E SOVRANNUMERO

    I docenti in part - time mantengono la titolarità presso la sede di servizio, a meno che non partecipino volontariamente alle procedure di mobilità.

    Nell'ipotesi di soprannumerarietà relativa sia all'organico di diritto che alla determinazione della situazione di fatto, si procede, per l'assegnazione della sede nei confronti dei soprannumerari di cui al precedente comma, con le stesse modalità previste per il personale a tempo pieno, secondo la vigente normativa.

    PART TIME ED ESAME DI STATO

    I docenti con rapporto di lavoro a tempo parziale

    possono essere designati commissari interni negli Esami di stato
    hanno facoltà e non obbligo di presentare la domanda in qualità di commissari esterni

    Qualora siano nominati, la prestazione lavorativa deve essere svolta secondo l'orario e le modalità previste per il rapporto a tempo pieno. In questo caso competono la stessa retribuzione e lo stesso trattamento economico che percepirebbero senza la riduzione dell'attività lavorativa.

    Specifico per part time verticale: ferie, malattie, permessi. Necessario aggiornare il contratto - Guida di Paolo Pizzo

    INDICAZIONI PER LE SEGRETERIE SCOLASTICHE

    Nel caso di rientro a tempo pieno, dopo la comunicazione di accoglimento dell'istanza da parte dell'Ambito Territoriale, il Dirigente Scolastico dovrà comunicare la variazione alla competente Ragioneria Territoriale dello Stato

    Le domande presentate dai docenti vanno acquisite agli atti e registrate su SIDI attraverso il seguente percorso

    Fascicolo Personale Scuola –Personale Scuola - Personale Comparto Scuola - Gestione Posizioni di Stato - Trasformazione rapporto di lavoro a tempo parziale – Acquisire domanda.

    Le richieste dovranno essere trasmesse all'Ufficio Scolastico Territoriale, corredate dal prescritto parere favorevole del Dirigente Scolastico (art. 73 DL 112/08 convertito in Legge 133 del 06 agosto 2008). Eventuali pareri negativi devono essere espressi con dettagliata e adeguata motivazione

    La stipula del contratto sarà a cura del Dirigente Scolastico, appena ricevuta comunicazione dell'accoglimento dell'istanza

    Lo spezzone residuato dalla trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo pieno a part time deve essere messo a disposizione dell'Ambito territoriale per la formazione di cattedre orario esterne da assegnare all'organico di fatto o eventualmente tramite supplenze dalle Graduatorie ad esaurimento o di istituto fino al 30 giugno.

    La segreteria raccoglie le domande e le trasmette all'Ambito territoriale competente, che pubblica gli elenchi di coloro che sono stati ammessi alla trasformazione del rapporto di lavoro, nel limite del 25% della dotazione organica provinciale nel limite del 25% della dotazione organica del personale a tempo pieno di ciascuna classe di concorso a cattedre o posti o di ciascun ruolo
    È possibile apportare variazioni a detti elenchi in seguito all'accoglimento di istanze finalizzate alla correzione di errori materiali ovvero su iniziativa dello stesso Ufficio.

    MODIFICHE AL CONTRATTO

    Qualora durante il periodo di vigenza del contratto si rendesse necessaria una variazione di orario di servizio, in relazione ad obiettive esigenze didattiche ed organizzative della scuola, si procederà alla modifica del contratto

    LE PRINCIPALI NORME DI RIFERIMENTO

    artt. 39 e 58 C.C.N.L. 2006/2009, O.M. n. 446/97, O.M. n. 55/98, D.Lgs. n. 61/2000, come modificato dal D.Lgs. n. 100/2001, L. n. 133/2008, circolare ministeriale n.9 del 30 giugno 2011

    MODELLI DI DOMANDA

    I modelli sono di solito disponibili presso gli Ambiti Territoriali o le istituzioni scolastiche di servizio. Noi vi proponiamo i modelli elaborati dall'Ufficio Scolastico di Viterbo, che possono essere adattati alle esigenze.

    Domanda part time ATA

    Domanda part time docenti

    Decreto di varazione oraria

    Contratto part time Ata

    Contratto part time docenti

    Decreto di reintegro a tempo pieno

    Ad integrazione della Guida segnaliamo un articolo del Giornale INPDAP di Ottobre 2011 in cui la nuova normativa sul part time viene spiegata attraverso alcune FAQ di chiarimento.

    Part time: chi può chiederlo, chi può averlo
     
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    funzione pubblica circolare n.9 del 30 giugno 2011



    Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001



    OGGETTO: trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale - presupposti - rivalutazione delle situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008.

    Premessa.

    A seguito dell'entrata in vigore della l. n. 183 del 2010, c.d. collegato lavoro, sono pervenute varie segnalazioni di situazioni di contenzioso connesse all'applicazione della norma contenuta nell'art. 16 della l. n. 183 del 2010, che, in via transitoria, ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di sottoporre a nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, nel rispetto di principi di correttezza e buona fede. Nelle denunce si evidenziano casi di errata interpretazione della norma con un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici donne, spesso impegnate nella cura dei figli e dei famigliari bisognosi di assistenza.



    La problematica è stata oggetto di alcune riunioni con il Dipartimento delle pari opportunità e il Dipartimento per le politiche della famiglia, durante le quali si è discusso circa le iniziative più idonee per far sì che l'applicazione della norma, ispirata ad un'esigenza di razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse, avvenisse effettivamente nel rispetto di principi di buona fede e correttezza. In questo contesto, nonostante - come si vedrà - il termine per l'esercizio del potere di revisione sia ormai decorso, si è ritenuto comunque opportuno fornire delle indicazioni alle amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso e nella definizione dei rapporti ancora non esauriti, tenendo presente che le norme di legge (art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001; art. 12 bis d.lgs. n. 61 del 2000; art. 6 l. n. 170 del 2010) e le clausole dei contratti collettivi che disciplinano la materia accordano particolari forme di tutela ai lavoratori in riferimento alla cura dei figli o a situazioni di disagio personale o famigliare.



    Si coglie poi l'occasione per dare indirizzi sull'applicazione della disciplina a regime, con particolare riferimento al momento della trasformazione, considerato che con quest'ultimo decreto legge è stata riformata la normativa sulla concessione del part-time, modificando la posizione del dipendente richiedente rispetto all'amministrazione datore di

    lavoro. Peraltro, richiamare l'attenzione su queste tematiche pare assolutamente appropriato in una stagione in cui il Governo e le Parti sociali, sottoscrivendo un'apposita intesa (Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro del 7 marzo 2011), hanno deciso di avviare un lavoro di approfondimento finalizzato ad individuare soluzioni strumentali alla conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, condividendo il valore di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo positivo.



    Le innovazioni in materia di part-time introdotte con l'art. 73 del d.l. n. 112 del 2008 e con l'art. 16 della l. n. 183 del 2010.

    Come accennato, con l'art. 73 del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, è stato modificato il regime giuridico relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time, con una novella all'art. 1, comma 58, della l. n. 662 del 1996. Inoltre, sempre con il medesimo provvedimento, è stato modificato il comma 59 del citato articolo, incidendo sulla destinazione finanziaria dei risparmi derivanti dalla trasformazione dei rapporti.



    In sintesi, le novità apportate con il d.l. n. 112 del 2008 riguardano i seguenti aspetti:



    è stato eliminato ogni automatismo nella trasformazione del rapporto, che attualmente è subordinato alla valutazione discrezionale dell'amministrazione interessata;
    è stata soppressa la mera possibilità per l'amministrazione di differire la trasformazione del rapporto sino al termine dei sei mesi nel caso di grave pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione stessa;
    è stata contestualmente introdotta la possibilità di rigettare l'istanza di trasformazione del rapporto presentata dal dipendente nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione;
    è stata innovata la destinazione dei risparmi derivanti dalle trasformazioni, prevedendo che una quota sino al 70% degli stessi possa essere destinata interamente all'incentivazione della mobilità, secondo le modalità ed i criteri stabiliti in contrattazione collettiva, per le amministrazioni che dimostrino di aver proceduto ad attivare piani di mobilità e di riallocazione di personale da una sede all'altra.

    L'art. 16 della l. n. 183 del 2010 (c.d. collegato lavoro) ha introdotto in via transitoria un potere speciale in capo all'amministrazione, prevedendo la facoltà di assoggettare a nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008. In base alla norma, questa speciale facoltà poteva essere esercitata entro un determinato lasso di tempo e, cioè, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti il 23 maggio 2011. Si riporta per comodità il testo della disposizione:



    "1. In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.".



    Entrambi gli interventi normativi sono motivati dagli stringenti vincoli finanziari, che difficilmente consentono di soddisfare il fabbisogno professionale attraverso le ordinarie forme di reclutamento e che, pertanto, impongono una valutazione sul miglior utilizzo delle risorse interne all'amministrazione. La situazione di crisi economica che l'Italia, assieme ad altri Paesi, sta attraversando ha richiesto uno sforzo particolare ai lavoratori del settore pubblico, come si comprende dalle misure restrittive e di contenimento contenute nella manovra finanziaria approvata lo scorso anno (d.l. n. 78 del 2010, convertito in l. n. 122 del 2010), che, tra le altre cose, ha stabilito la cristallizzazione dei trattamenti economici e delle progressioni economiche, il blocco della contrattazione collettiva e la decurtazione delle retribuzioni più elevate (art. 9). In quest'ottica si pone, in particolare, la scelta normativa di prevedere in via eccezionale un potere di revisione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle amministrazioni. Gli interventi normativi si collocano poi nel quadro più generale di valorizzazione e potenziamento dei poteri datoriali del dirigente e della sua maggiore responsabilizzazione, principi che, come noto, hanno ispirato le più recenti riforme in materia di lavoro pubblico (d.lgs. n. 150 del 2009).

    La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e le valutazioni discrezionali dell'amministrazione.

    Come accennato in premessa, interessa in questa sede focalizzare l'attenzione sul momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale e, in particolare, sui presupposti oggettivi ed i limiti della discrezionalità dell'amministrazione datore di lavoro in sede di valutazione della domanda del dipendente. In base alla norma vigente, a fronte di un'istanza del lavoratore interessato, l'amministrazione non ha un obbligo di accoglimento, né la trasformazione avviene in maniera automatica. Infatti, la disposizione prevede che la trasformazione "può" essere concessa entro 60 giorni dalla domanda. La legge fa riferimento a particolari condizioni ostative alla trasformazione, essendo state tipizzate ex ante le cause che precludono l'accoglimento della domanda. Pertanto, in presenza del posto nel contingente e in mancanza di tali condizioni preclusive (che riguardano il perseguimento dell'interesse istituzionale e il buon funzionamento dell'amministrazione) il dipendente è titolare di un interesse tutelato alla trasformazione del rapporto, ferma restando la valutazione da parte dell'amministrazione relativamente alla congruità del regime orario e alla collocazione temporale della prestazione lavorativa proposti.



    La valutazione dell'istanza, una volta verificatane l'accoglibilità dal punto di vista soggettivo e la presenza delle altre condizioni di ammissibilità, si basa su tre elementi:



    la capienza dei contingenti fissati dalla contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione organica;
    l'oggetto dell'attività, di lavoro autonomo o subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del rapporto; in particolare, lo svolgimento dell'attività non deve comportare una situazione di conflitto di interessi rispetto alla specifica attività di servizio svolta dal dipendente e la trasformazione non è comunque concessa quando l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorre con altra amministrazione (a meno che non si tratti di dipendente di ente locale per lo svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale);
    l'impatto organizzativo della trasformazione, che può essere negata quando dall'accoglimento della stessa deriverebbe un pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente.

    La valutazione circa la sussistenza dei presupposti per la concessione o delle condizioni ostative, come pure quella relativa alla collocazione temporale della prestazione proposta dal dipendente e alla decorrenza della trasformazione, non può che essere svolta in concreto, in base alle circostanze fattuali particolari che l'amministrazione è tenuta ad analizzare. In caso di esito negativo della valutazione, le scelte effettuate devono risultare evidenti dalla motivazione del diniego, per permettere al dipendente di conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza se lo desidera e, se del caso, consentire l'attivazione del controllo giudiziale. In proposito, anche per limitare il rischio di pronunce giudiziali sfavorevoli all'amministrazione, si raccomanda di adottare una motivazione puntuale, evitando l'uso di clausole generali o formule generiche che non sono utili allo scopo. Qualora l'amministrazione ritenesse accoglibile la domanda del dipendente ma con diverse modalità rispetto a quelle prospettate, al fine di perfezionare l'accordo, sarebbe comunque necessaria una nuova manifestazione del consenso da parte del lavoratore interessato.



    La verifica della capienza del contingente ha carattere oggettivo e va compiuta in concreto con riferimento al momento in cui la trasformazione dovrebbe aver luogo in base alla domanda del dipendente. Nel caso in cui il numero delle domande risulti eccedente rispetto ai posti di contingente, la valutazione sull'accoglimento va operata tenendo conto congiuntamente dell'interesse al funzionamento dell'amministrazione, che non deve essere pregiudicato in relazione a quanto detto nel precedente punto 3, e della particolare situazione del dipendente, il quale, ricorrendo determinate circostanze, può essere titolare di un interesse protetto, di un titolo di precedenza o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del rapporto. In proposito, si rammenta che l'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce il principio generale secondo cui le amministrazioni "individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.".



    Questa disposizione, che è stata ripresa dai vari CCNL, in sostanza stabilisce due regole:



    a) alcuni dipendenti, in considerazione della particolare situazione in cui si trovano, hanno un titolo di priorità nell'accesso alle varie forme di flessibilità (dell'orario, del rapporto) che l'amministrazione decide di attuare compatibilmente con l'organizzazione degli uffici e del lavoro;

    b) i criteri di priorità debbono essere "certi", ossia predeterminati in modo chiaro e resi conoscibili, in modo da evitare scelte arbitrarie o comunque non imparziali.



    Pertanto, le amministrazioni, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale, debbono stabilire in maniera generale i criteri di priorità e la graduazione tra gli stessi, tenendo conto delle previsioni legali e di contrattazione collettiva, che, intervenendo specificamente in riferimento a determinate fattispecie, hanno accordato rilevanza a particolari situazioni in cui il disagio personale o famigliare è maggiore.



    Le fattispecie che radicano un diritto o un titolo di precedenza nella trasformazione del rapporto sono previste nell'art. 12 bis del d.lgs. n. 61 del 2000, come modificato dall'art. 1 della l. n. 247 del 2007. In particolare, il comma 1 di questo articolo stabilisce che hanno diritto alla trasformazione del rapporto i lavoratori del settore pubblico e di quello privato affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita, accertata dalla competente commissione medica. Tali lavoratori hanno poi anche diritto alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno a seguito della richiesta. Il comma 2 ed il comma 3 disciplinano i titoli di precedenza nella trasformazione a favore dei:



    lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche;
    lavoratori che assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. n. 104 del 1992, con riconoscimento di un'invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
    lavoratori con figli conviventi di età non superiore a tredici anni;
    lavoratori con figli conviventi in situazione di handicap grave.

    La disciplina contenuta nel citato art. 12 bis, in quanto fonte di pari rango successiva, ha determinato l'abrogazione implicita dell'art. 1, comma 64, della l. n. 662 del 1996, che individuava delle cause di precedenza nella trasformazione del rapporto.



    Altra situazione meritevole di tutela è poi quella dei famigliari di studenti che presentano la sindrome DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento). Questa sindrome, che si riferisce alle ipotesi di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, è stata oggetto di un recente intervento normativo con la legge n. 170 del 2010, con il quale sono state previste apposite misure di sostegno e all'art. 6 è stato stabilito che "I famigliari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.". La norma fa poi rinvio ai contratti collettivi per la disciplina delle modalità di esercizio del diritto e, pertanto, la concreta attuazione del diritto è subordinata alla regolamentazione da parte dei contratti stessi. Comunque, la posizione di questi dipendenti deve essere considerata come assistita sin da subito da una tutela particolare e, quindi, deve essere valutata nell'ambito di quanto già previsto dal citato art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dai CCNL vigenti in ordine alla flessibilità dell'orario.



    Come detto, il grado di tutela accordato dall'ordinamento alla varie situazioni è differenziato. Nel caso di titolarità del diritto alla trasformazione (lavoratori affetti da patologie oncologiche con ridotta capacità lavorativa), una volta ricevuta l'istanza dell'interessato, l'amministrazione non può negare la trasformazione del rapporto, trovandosi in una situazione di soggezione; pertanto, la determinazione di trasformazione deve essere presa entro il termine stabilito dal citato art. 1, comma 58, e, cioè, entro 60 giorni dalla domanda. Nel caso di titolarità di un diritto di precedenza, la domanda dell'interessato deve essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti concorrenti.



    In considerazione delle limitazioni alla trasformazione del rapporto di lavoro derivanti dal contingente percentuale e al fine di assicurare al part-time la funzione, oltre che di flessibilità, di strumento di conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, si raccomanda di inserire nell'ambito dei contratti individuali una clausola con cui si stabilisce che le parti si impegnano, trascorso un certo periodo di tempo (da individuare di volta in volta a seconda delle circostanze) ad incontrarsi, per rivalutare la situazione, in considerazione delle esigenze di funzionamento dell'amministrazione, delle esigenze personali del lavoratore in part-time e di quelle degli altri lavoratori, che nel frattempo possono essere mutate. Questo per consentire al maggior numero possibile di dipendenti la possibilità di richiedere la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in presenza di obiettive esigenze legate ai primi anni di vita dei figli ovvero per la cura di genitori e/o altri famigliari, così come è previsto anche nell'intesa tra Governo e Parti Sociali sottoscritta il 7 marzo 2011 citata in premessa.



    In ordine all'impatto organizzativo, la relativa valutazione deve essere operata analizzando le varie opzioni gestionali possibili, ad esempio, verificando la possibilità di spostare le risorse tra più servizi in modo da venire incontro alle esigenze dei dipendenti senza sacrificare l'interesse al buon andamento dell'amministrazione. Inoltre, la valutazione va fatta attraverso una seria ponderazione degli interessi in gioco: da un lato l'interesse al buon funzionamento dell'amministrazione, dall'altro l'interesse del dipendente ad organizzare la propria vita personale nella maniera ritenuta più soddisfacente per le esigenze famigliari o di cura, per le aspirazioni professionali o semplicemente nel modo che considera più gradevole. Vale naturalmente quanto già detto sopra circa la meritevolezza di tutela di certi interessi. In proposito, le amministrazioni debbono considerare con particolare attenzione non solo la posizione di quei dipendenti ai quali le norme accordano un diritto alla trasformazione, ma anche quella di quei dipendenti che possono vantare un titolo di precedenza. Infatti, l'interesse di cui questi ultimi sono portatori è comunque meritevole di tutela a prescindere dalla presenza di concorrenti sullo stesso posto di contingente.



    Per quanto riguarda le situazioni di possibile conflitto di interesse, la relativa valutazione va svolta al momento della trasformazione e, successivamente, durante tutto il corso del rapporto. In proposito, la norma prevede che "il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio, l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa.". Nel merito, si rammenta che il comma 58 bis dell'art. 1 della menzionata l. n. 662 del 1996, perseguendo la trasparenza e l'imparzialità, pone un principio di predeterminazione delle situazioni di incompatibilità, stabilendo che le amministrazioni provvedono ad indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Per le Amministrazioni centrali tale predeterminazione avviene con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro della funzione pubblica. Inoltre, si richiama per analogia e senza valore di esaustività la disciplina contenuta nel comma 5 dell'art. 23 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, che pone una preclusione legale alla concessione dell'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici quando:



    "a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

    b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità .".



    Il successivo comma 6 del medesimo articolo, poi, per maggiore cautela, rispetto all'attività da svolgere al rientro in amministrazione stabilisce che "Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5.".

    Si segnala che per quanto riguarda l'applicazione della normativa nei confronti delle autonomie territoriali, l'art. 39, comma 27, della l. n. 449 del 1997 stabilisce che: "Le disposizioni dell'art. 1, commi 58 e 59, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale, si applicano al personale dipendente delle regioni e degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo." Pertanto, anche l'applicazione del nuovo regime dovrà essere vagliata in sede locale a seconda della situazione normativa specifica (sent. della Corte costituzionale 18 maggio 1999, n. 171).



    3. La fase di "prima attuazione" disciplinata dall'art. 16 della l. n. 183 del 2010.

    Come detto, la disposizione ha attribuito un potere speciale all'amministrazione durante la fase di prima attuazione della novella operata con il citato art. 73 del d.l. n. 112 del 2008. Il presupposto per l'esercizio del potere è rappresentato dalla valutazione della situazione sottostante la trasformazione del rapporto, essendosi aperta una fase, limitata nel tempo, durante la quale l'amministrazione ha potuto utilizzare i criteri introdotti con la nuova norma anche per incidere su situazioni già esaurite, ossia su rapporti di lavoro che erano già stati trasformati automaticamente a seguito dell'istanza del dipendente per effetto del regime precedente la novella. In base alla norma, la valutazione potrebbe riguardare non solo l'opportunità di mantenere il rapporto a tempo parziale, ma anche le modalità della collocazione temporale della prestazione, che potrebbe risultare più conveniente modificare per non pregiudicare il funzionamento dell'amministrazione. Ai fini della valutazione, valgono le indicazioni che sono state fornite sopra in ordine agli interessi da considerare e alla gradualità di tutela delle posizioni. Pertanto, un limite certo rispetto alla "rivalutazione" è dato dalla ricorrenza di quei casi in cui il dipendente è titolare di un diritto alla trasformazione; meritano poi particolare attenzione le ipotesi che ricadono nell'ambito del titolo di precedenza e, più in generale, i casi in cui il part-time sia stato fruito da parte di dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e famigliare o di dipendenti impegnati in attività di volontariato. Giova ancora una volta richiamare il contenuto dell'art. 12 bis, dell' art. 6 della l. n. 170 del 2010, del d.lgs. n. 61 del 2000 e le previsioni dei CCNL. Quindi, nel caso in cui fosse necessario rivedere i part-time già in corso, l'amministrazione dovrebbe far applicazione dei criteri legali e contrattuali già menzionati, preferendo il ripristino del rapporto a tempo pieno per quei lavoratori la cui posizione non risulta assistita (o più assistita) da una particolare tutela.

    La norma prevede un potere eccezionale, che consente all'amministrazione di modificare unilateralmente il rapporto in deroga alla regola generale di determinazione consensuale delle condizioni contrattuali, regola assistita nel caso del part-time da una speciale norma di garanzia contenuta nell'art. 5 del d.lgs. n. 61 del 2000, secondo cui il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di licenziamento. L'eccezionalità della previsione risulta evidente nel momento in cui si considera che la normativa di derivazione comunitaria di cui al d.lgs. n. 61 del 2000 (attuazione della Direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES) prevede per l'ipotesi di modifica unilaterale delle condizioni del rapporto a tempo parziale specifiche garanzie in favore del lavoratore (art. 3 del citato decreto). E pertanto, la "gravosità" del potere accordato dalla legge richiede certamente una particolare attenzione nel momento del suo esercizio. In base alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi a seguito dell'adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte dell'amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto. Dato il carattere di specialità della disposizione, l'esercizio della facoltà è stato delimitato entro un definito arco temporale. Pertanto, decorso questo termine, secondo il regime generale, un'eventuale modifica del rapporto di lavoro richiede comunque l'accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la legge o i CCNL prevedano un diritto potestativo del lavoratore alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno e le situazioni di esercizio del potere unilaterale alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 3 del d.lgs. n. 61 citato.



    L'esercizio della facoltà è condizionato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Nel richiamare l'attenzione su questa circostanza, si segnala che proprio di recente, in tema di part-time nel settore privato, la Corte di cassazione ha affermato che la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time, in presenza di criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, non è più discrezionale, bensì vincolata ai predetti criteri, "ai quali il datore di lavoro deve conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione del contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza che l'inosservanza dei criteri preferenziali contrattualmente stabiliti legittima il dipendente che si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il risarcimento del danno, anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto in part-time che gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei descritti criteri, oltre ad eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito." (Cass. sez. lav. 4 maggio 2001, n. 9769).

    Affinché l'amministrazione possa compiere una valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il dipendente interessato, dal quale emerga l'interesse dello stesso. L'osservanza di tali principi richiede che l'amministrazione, prima di operare la trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo (se nota) della situazione che era in origine alla base della trasformazione, ma anche della situazione che nel frattempo si è consolidata in capo al lavoratore. Nell'operare la revoca Inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari oggetto di specifica tutela, l'interesse del dipendente al mantenimento del rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il fabbisogno dell'amministrazione e le esigenze degli interessati.

    Infine, il rispetto dei principi di buona fede e correttezza richiede che, allorquando sia stata effettuata una valutazione di revisione del rapporto, venga comunque accordato in favore del dipendente un congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in modo che questi possa intraprendere le iniziative più idonee per l'organizzazione della vita personale e famigliare.



    IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L'INNOVAZIONE Renato Brunetta

    IL MINISTRO PER LE PARI OPPORTUNITA'
    Maria Rosaria Carfagna

    IL SOTTOSEGRETARIO CON DELEGA ALLA FAMIGLIA
    Carlo Giovanardi

    circolare INPS del 22/07/2000





    Circolare INPS - 17 luglio 2000, n. 133

    "Benefici a favore delle persone handicappate. Legge 8 marzo 2000, n. 53. Art. 33, commi 1, 2, 3 e 6 della legge n. 104/92."

    Nota bene: la circolare INPS 10 luglio 2001, n. 138 ha parzialmente rivisto le indicazioni fornite dalla presente circolare in particolare in riferimento alle condizioni di accesso ai permessi lavorativi concessi ai genitori di persone con handicap grave maggiorenni.

    SOMMARIO:

    - La persona handicappata che lavora può fruire di permessi" a giorni" o di permessi" ad ore".
    - Il genitore di persona handicappata minorenne può fruire dei permessi dell'art. 33, commi 1, 2 e 3, anche quando l'altro genitore non ne ha diritto.
    - I genitori di persone handicappate maggiorenni e i parenti ed affini entro il 3° grado possono utilizzare i giorni di permesso anche se non convivono con il soggetto handicappato, purché gli prestino assistenza in via continuativa ed esclusiva.
    - I permessi "a giorni" possono essere frazionati ad ore.
    - Data di accertamento dell'handicap e data di decorrenza dei permessi.
    - Giorni di permesso in caso di part time verticale.
    - Giorni di permesso per i lavoratori agricoli stagionali con contratto di almeno un mese.



    Si premette che, se pure nel corso delle presenti istruzioni, si indicano genericamente persone "handicappate", senza altra precisazione, ci si riferisce comunque sempre alle persone con handicap in situazioni di gravità, di cui al 3° comma dell'art. 3 della legge n. 104/1992, non ricoverate a tempo pieno (art. 33, commi 1, 2 e 3 della legge n. 104/1992).

    Gli artt. 19 e 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53 hanno apportato modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33.

    1 - PERSONE HANDICAPPATE CHE LAVORANO

    Il comma 6 dell'art. 33 della legge n. 104/92 prevede, tra l'altro, che la persona handicappata che lavora può "usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3 (rispettivamente, permessi "ad ore" e permessi "a giorni").
    L'art. 19, lett. c), della legge 8.3.2000, n. 53 stabilisce che al comma 6 dell'art. 33 della legge 104/92, dopo le parole "può usufruire", è inserita la seguente: "alternativamente".
    La presente norma conferma quindi il criterio in vigore (v. par. 1, lett. B, della circ. 37 del 18.2.99), secondo cui la persona handicappata che lavora può beneficiare, alternativamente, o dei permessi "ad ore" o dei permessi "a giorni".

    Peraltro, mentre si ribadisce, in linea generale, che il tipo di permesso richiesto (a giorni od ad ore), può essere senz'altro cambiato da un mese all'altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo avanzata, e non, in linea di massima, nell'ambito del singolo mese di calendario, si precisa che la variazione può essere eccezionalmente consentita, anche nell'ambito di ciascun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili all'atto della richiesta di permessi, esigenze che, peraltro, devono essere opportunamente documentate dal lavoratore.
    In tal caso, la modifica dei permessi va effettuata adottando i criteri rilevabili dagli esempi seguenti.
    Si supponga che un lavoratore, con orario giornaliero lavorativo di 8 ore per 5 giorni alla settimana, abbia già beneficiato, in un determinato mese, di riposi orari per 20 ore, e che successivamente documenti la necessità di utilizzare i giorni in luogo dei restanti permessi orari. Le 20 ore fruite dovranno essere convertite in giorni, con eventuale arrotondamento all'unità inferiore se la frazione di giorno è pari o inferiore allo 0,50, ovvero all'unità superiore se la frazione supera lo 0,50. Nell'esempio, quindi, si ha: 20 ore: 8 = 2,50 gg. (e cioè 2 gg. arrotondati). Il lavoratore ha fruito di ore corrispondenti a 2 gg. e quindi può chiedere 1 giorno di permesso senza diritto ad ulteriori permessi orari nel mese. Se, invece, avesse già fruito di 21 ore (equivalenti a 2,62 gg. = 3 gg. arrotondati) non potrebbe più fruire neppure di 1 giorno di permesso, sempre relativamente a quel mese. Analogo calcolo va effettuato nel caso inverso, se si tratta, cioè, di convertire i giorni in ore. Se, ad esempio, lo stesso lavoratore ha utilizzato 2 giorni di permesso, potrà fruire, in quel determinato mese, di 8 ore di riposo, in luogo del giorno di permesso che non intende più utilizzare.

    2 - GENITORI E PARENTI O AFFINI ENTRO IL 3° GRADO DELLA PERSONA HANDICAPPATA

    2.1 - Generalità

    L'art. 20 della legge 53/2000 stabilisce: "Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'art. 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".

    2.2 - Genitori di figli minorenni

    Va preliminarmente chiarito che l'art. 20, secondo cui le disposizioni dell'art. 33 si applicano anche quando l'altro genitore non ha diritto, è da intendere riferito ai (soli) figli handicappati minorenni.
    E' da ritenere esclusa la applicabilità dello stesso art. 20 nella parte in cui prevede la continuità e la esclusività dell'assistenza alla persona handicappata da parte del lavoratore; ciò, anche nel presupposto che per i figli minorenni non va richiesta la convivenza, come anche precisato con circ. n. 80/95.
    Tanto premesso, in base alla nuova norma è ora possibile per il genitore lavoratore fruire del prolungamento dell'astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai 3 anni di età del bambino nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e fino ai 18, anche qualora l'altro genitore non abbia diritto a tali benefici (perché, ad esempio, è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo ecc.).
    Nel caso in cui, invece, entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare ad entrambi, ma in maniera alternativa. Ciò significa che possono spettare indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione contemporanea, fatto salvo quanto precisato al par. 2.2.3.

    2.2.1 - Prolungamento dell'astensione facoltativa fino a tre anni di età del bambino handicappato.

    Il comma 1 dell'art. 33 della legge 104/92 stabilisce che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore handicappato grave, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni (di età del bambino) del periodo di astensione facoltativa.
    In proposito si rammenta che, trattandosi di astensione facoltativa, sia pure prolungata, con diritto alla indennità pari al 30% della retribuzione per tutto il periodo, il rapporto di lavoro deve continuare ad essere in atto, con obbligo di prestazione dell'attività lavorativa, anche durante il prolungamento; si ricorda anche che per i lavoratori agricoli a tempo determinato il diritto alla astensione facoltativa ed al suo prolungamento è subordinato all'iscrizione negli elenchi validi per ciascun anno di riferimento (anno precedente a quello di astensione).
    Peraltro, con riferimento alle innovazioni apportate dalla legge 53/2000, occorre fare alcune precisazioni in merito alle interrelazioni tra l'astensione facoltativa "normale" ed il suo prolungamento.
    E' da ritenere, infatti, che la norma dell'art. 20 della stessa legge 53 non abbia inteso escludere, per i genitori di persone handicappate, né la possibilità di fruire, come gli altri, della normale astensione facoltativa entro gli otto anni di età del bambino, né la possibilità di beneficiare del prolungamento della astensione facoltativa fino a tre anni di età del bambino; non ha quindi posto come condizione per il prolungamento stesso il precedente godimento della integrale astensione normale.
    Tenendo conto di tali considerazioni, diventa possibile ammettere il prolungamento da parte di un genitore (alternativamente, madre o padre) anche quando non sia stato in precedenza esaurito il periodo della "normale" astensione facoltativa.
    Se ciò si verifica, peraltro, il fatto che l'ulteriore periodo di astensione sia qualificato come "prolungamento" non può non comportare riflessi: pertanto in linea generale il prolungamento stesso potrà iniziare solo dopo il periodo della normale astensione facoltativa teoricamente fruibile dalla madre (6 mesi), periodo che inizia a decorrere dal giorno successivo alla fine dell'astensione obbligatoria e che ordinariamente è pari a nove mesi successivi al parto.
    Fermo restando che il godimento del "normale" periodo di astensione può essere spostato fino all'8° anno di età del bambino, nei casi in cui uno dei genitori non appartenga a categoria avente diritto all'astensione obbligatoria e/o a quella facoltativa dal lavoro, si precisa:
    - se è solo il padre che lavora, il prolungamento in questione è riconoscibile dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di "normale" astensione facoltativa, e cioè di 7 mesi, a partire dalla data di nascita del bambino;
    - se si tratta di "genitore solo" - padre o madre - [1] il prolungamento è riconoscibile dal giorno successivo alla scadenza del teorico particolare periodo di astensione (10 mesi);
    - se la madre è lavoratrice non avente diritto all'astensione facoltativa e, quindi, al suo prolungamento, il padre può fruire del prolungamento dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di "normale" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla fine dell'astensione obbligatoria della madre;
    - se la madre è lavoratrice autonoma, il padre può fruire del prolungamento dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di "normale" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla fine del periodo (3 mesi) di astensione facoltativa della madre, decorrente, a sua volta, dal giorno successivo al periodo indennizzabile dopo il parto (3 mesi).
    Nel caso in cui, invece, la "normale" astensione facoltativa sia stata fruita in tutto o in parte, prima del prolungamento, da uno o da entrambi i genitori, si avranno le seguenti situazioni di fruibilità dei residui periodi di "normale"astensione facoltativa:
    - se la madre ha beneficiato di 6 mesi prima del prolungamento, il padre può usufruire di 5 mesi di astensione facoltativa "normale" sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e l'8° anno (mesi peraltro indennizzabili, in entrambi i casi, solo in presenza di determinate condizioni reddituali: v. circ. n. 109 del 6.6.2000);
    - se il padre ha beneficiato di 7 mesi prima del prolungamento, la madre può usufruire di 4 mesi di astensione facoltativa "normale" sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e l'8° anno (mesi soggetti a limiti di indennizzabilità analoghi a quelli di cui all'alinea precedente);
    - se entrambi i genitori si sono ripartiti i periodi di astensione facoltativa "normale", con conseguente prolungamento da parte di un genitore, ovvero con prolungamento alternativo da parte di entrambi, il genitore che eventualmente non abbia utilizzato il proprio periodo residuo (fruibile peraltro sempre entro il limite complessivo di 10 o 11 mesi), può completarlo sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra i 3° e l'8° anno, con i suddetti limiti di indennizzabilità. (1)

    (1) Su tali aspetti l'INPS ha modificato le sue istruzioni con il Messaggio 17 settembre 2007, n. 22578

    2.2.2 - Riposi orari fino a tre anni di età del bambino handicappato

    Il comma 2 dell'art. 33 della legge 104 prevede la possibilità per i genitori di fruire di riposi orari fino a tre anni di età del bambino, in alternativa al prolungamento dell'astensione facoltativa; si rammenta che, per uniforme applicazione della disposizione sia nel settore privato che in quello pubblico, il numero di ore di riposo spettanti è da rapportare alla durata dell'orario giornaliero di lavoro (2 ore per orario pari o superiore a 6 ore, 1 ora in caso contrario).
    Fino ad 1 anno di età i riposi non sono quelli alternativi al prolungamento dell'astensione facoltativa, ma quelli c.d. per allattamento del nuovo art. 10 della legge 1204 (v. in proposito circ. 109/ 2000). Ciò significa che, conformemente alle istruzioni della circolare suddetta, durante l'utilizzo di questi riposi orari da parte della madre, il padre può fruire della astensione facoltativa "normale", e che, invece, l'utilizzo della astensione facoltativa "normale" da parte della madre preclude la fruizione dei riposi orari da parte del padre.
    Tra il 2° e il 3° anno di età del bambino, i riposi orari diventano quelli alternativi al prolungamento dell'astensione facoltativa.
    Si sottolinea che anche tali riposi, come il prolungamento dell'astensione di cui al paragrafo precedente, spettano in maniera alternativa tra i due genitori, e, trattandosi di beneficio che sostituisce il prolungamento, l'utilizzo dei riposi orari da parte di un genitore non esclude, secondo i criteri utilizzati per l'astensione suddetta, che l'altro possa godere della "normale" astensione facoltativa eventualmente ancora spettantegli.



    2.2.3 - Giorni di permesso mensile tra il 3° e il 18° anno di età del figlio handicappato.

    Analogamente al prolungamento dell'astensione facoltativa ed ai riposi orari, i giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile (3 gg.) può essere ripartito tra i genitori stessi anche con assenze contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 gg., padre 1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre).
    L'alternatività, in sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei giorni di riposo fruibili nel mese (tre).
    I giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l'altro fruisce della "normale" astensione facoltativa.

    2.3 -Genitori di figli maggiorenni e familiari di persone handicappate non conviventi

    In base all'art. 20 della legge 53, i genitori e i familiari lavoratori di persone handicappate possono fruire dei giorni di permesso mensile anche se il portatore di handicap non è convivente a condizione che l'assistenza sia continua ed esclusiva, requisiti che devono sussistere contemporaneamente.
    Si rammenta (v. par. 2.2) che i genitori qui presi in considerazione sono quelli di figli maggiorenni.

    2.3.1 - Continuità dell'assistenza

    La "continuità" consiste nell'effettiva assistenza del soggetto handicappato, per le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso, per il quale vengono richiesti i giorni di permesso.
    Pertanto la continuità di assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lontananza delle abitazioni, lontananza da considerare non necessariamente in senso spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale. (2)
    (2) Su tale aspetto si consulti anche la più recente circolare 23 maggio 2007, n. 90 che ha modificato radicalmente le indicazioni espresse in questo punto.

    2.3.2 - Esclusività dell'assistenza

    La "esclusività" va intesa nel senso che il lavoratore richiedente i permessi deve essere l'unico soggetto che presta assistenza alla persona handicappata: la esclusività stessa non può perciò considerarsi realizzata quando il soggetto handicappato non convivente con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a sua volta, in un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano dei permessi per questo stesso handicappato, ovvero soggetti non lavoratori in grado di assisterlo.(3)

    (3) Su tale aspetto si consulti anche la più recente circolare 23 maggio 2007, n. 90 che ha modificato radicalmente le indicazioni espresse in questo punto.

    2.4 - Genitori di figli maggiorenni e familiari di persone handicappate conviventi

    Se il lavoratore richiedente i permessi è convivente con la persona handicappata continua ad essere implicito - anche tenendo conto dei criteri enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784/95- che ai fini della concessione dei permessi non debbano essere presenti nella famiglia altri soggetti che possano fornire assistenza.
    Si confermano, pertanto, le istruzioni precedenti (v. circ. n. 80/95) che subordinano la concessione dei permessi alla inesistenza, nel nucleo familiare, di soggetti non lavoratori in grado di assistere la persona handicappata.

    2.5 - Impossibilità di assistenza da parte del familiare non lavoratore

    Oltre ai motivi, obiettivamente rilevanti, di impossibilità all'assistenza da parte del genitore non lavoratore, indicati nella circ. 37/99 (par. 2, lett. A), da ritenere applicabili non solo al genitore suddetto, ma anche ad altro familiare (ugualmente non lavoratore e unico altro soggetto in grado di prestare assistenza) [2], si elencano gli ulteriori motivi di impossibilità di assistenza da parte di soggetti non lavoratori conviventi con il soggetto handicappato individuati dal Comitato amministratore G.I.A.S con deliberazione n. 32 del 7.3.2000 (all. 1), per i quali, quindi, al lavoratore (genitore o parente o affine entro il 3° grado [3], convivente o meno -v. par 2.3 e 2.4- con l'handicappato) possono essere riconosciuti i permessi, senza necessità di valutazioni medico-legali:

    riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate);

    riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni di invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite INAIL, e simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità superiore ai 2/3;

    età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui il familiare non sia studente);

    infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero;

    età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta; per gli invalidi di età inferiore a 70 anni, possono essere applicati i criteri di cui al capoverso successivo.

    I motivi di carattere sanitario, debitamente documentati, del familiare non lavoratore, come ad esempio le infermità temporanee che non diano luogo a ricovero ospedaliero, dovranno essere valutati dal medico di Sede al fine di stabilire se e per quale periodo, in relazione alla natura dell'handicap del disabile nonché al tipo di affezione del familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest'ultimo, di prestare assistenza.
    Inoltre un ulteriore motivo di impedimento - ugualmente identificato, in altra circostanza, dal Comitato G.I.A.S.- all'assistenza da parte del familiare non lavoratore convivente con la persona handicappata può essere quello determinato dalla mancanza di patente di guida del non lavoratore; motivo valido, peraltro, solo se il lavoratore documenta la necessità di trasportare, nei giorni richiesti, il figlio o parente handicappato per visite mediche, terapie specifiche e simili e dichiara l'impossibilità di far trasportare la persona handicappata da altri soggetti conviventi non lavoratori, in quanto sprovvisti di patente di guida.

    3 - CHIARIMENTI E VARIE

    3.1 - Decorrenza dell'inizio dei benefici in casi particolari

    Ad integrazione di quanto previsto dalla circ. 80/95 (par. 1, 16° cpv. e nota 6) si precisa che le indennità per le agevolazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 33 della legge 104/92, possono essere riconosciute, sempre che vi sia stata effettiva astensione dal lavoro, a partire da una data diversa da quella di rilascio dell'attestato (o certificato o verbale) relativo al riconoscimento dell'handicap grave da parte della speciale Commissione medica A.S.L., non solo qualora nello stesso sia espressamente indicata una validità decorrente da data anteriore a quella del riconoscimento dell'handicap grave, ma in tutti i casi in cui la formulazione della diagnosi da parte della Commissione sia tale (ad es. quanto è presente il riferimento ad una eziologia prenatale) da far considerare l'handicap grave senza dubbio esistente da data anteriore a quella di presentazione alla ASL della domanda di riconoscimento (non anteriore comunque a quella di presentazione all'INPS e al datore di lavoro della relativa domanda).

    3.2 - Part time verticale

    In caso di contratto di lavoro part time verticale, con attività lavorativa (ad orario pieno o ad orario ridotto) limitata ad alcuni giorni del mese, il numero dei giorni di permesso spettanti va ridimensionato proporzionalmente.

    Il risultato numerico va arrotondato all'unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore:

    Si procede infatti con la seguente proporzione: x : a = b : c (dove "a" corrisponde al n° dei gg. di lavoro effettivi; "b" a quello dei (3) gg. di permesso teorici; "c" a quello dei gg. lavorativi)

    Si riporta un esempio di 8 giorni di lavoro al mese su un totale di 27 giorni lavorativi teoricamente eseguibili (l'azienda non effettua quindi la "settimana corta").

    Perciò:

    x : 8 = 3 : 27
    x = 24 : 27;
    x = 0,8 (gg. di permesso, da arrotondare a 1).

    Nel mese considerato spetterà quindi 1 solo giorno di permesso

    3.3 - Operai agricoli a tempo determinato

    In merito ai lavoratori agricoli a tempo determinato, nel confermare in via generale quanto previsto dalla circ. 80/95 (par. 5) circa la impossibilità della materiale fruizione di giorni di permesso per se stessi, quali portatori di handicap, o per i figli o i familiari handicappati, quando si tratta di lavoratori agricoli occupati "a giornata", si precisa che il riconoscimento dei giorni di permesso è possibile, invece, quando detti lavoratori sono occupati con contratto stagionale di durata pari almeno ad un mese, con previsione di attività lavorativa per 6 (o 5 giorni se viene effettuata "settimana corta") alla settimana. Tale possibilità è comunque da escludere per le frazioni di mese, vale a dire per i mesi in cui l'attività viene svolta solo per alcuni giorni.

    3.4 - Contributi figurativi

    La legge, all'articolo 19, lett. a), precisa che i permessi dell'articolo 33, comma 3, della legge n.1204/1992 (permessi "a giorni"), sono coperti da contribuzione figurativa.

    I permessi di cui al comma 2 (permessi "ad ore") risultano ora coperti da contribuzione figurativa, riscattabili, oppure possono formare oggetto di versamenti volontari (v. nuovo art. 10 della legge n. 1204/71).

    Sull'argomento saranno impartite disposizioni a parte.

    3.5 - Modulario e documentazione

    Nell'attesa della revisione della modulistica attuale, la stessa potrà essere utilizzata, con gli opportuni adattamenti e con la presentazione delle dichiarazioni di responsabilità, laddove necessarie.

    Si ricorda in proposito che le certificazioni mediche non possono essere sostituite da autocertificazioni.

    IL DIRETTORE GENERALE
    TRIZZINO

    Note
    [1] - La situazione di "genitore solo" può verificarsi in caso di morte di un genitore, o di abbandono del figlio da parte di uno dei genitori, ovvero di affidamento del figlio ad uno solo dei genitori, risultante da un provvedimento formale (v. circ. n. 109/2000, par. 1.3).
    [2] - Si rammentano i "motivi obiettivamente rilevanti" indicati nella citata circolare, applicabili anche a persona non lavoratrice, diversa dal genitore, sempre che risulti essere l'unica in famiglia in grado di prestare assistenza:
    - grave malattia
    - presenza in famiglia di più di tre minorenni
    - presenza in famiglia di un bambino inferiore a 6 anni
    - necessità di assistenza anche in ore notturne e anche da parte del lavoratore (da valutare a cura del medico di Sede).
    [3] - Si riporta, ad ogni buon fine, quanto riepilogato nella nota (5) della circolare n. 80 del 24.3.1995 a proposito del computo dei gradi di parentela e di affinità:
    "E' noto che i gradi di parentela si computano (art. 76 c.c.) conteggiando, per la parentela in linea retta, le generazioni, dal capostipite (escluso) al parente considerato; così ad es. la parentela nonno/nipote è di 2° grado, quella madre/figlio di 1° grado, e così via.
    In linea collaterale, invece, si deve risalire dalla persona, generazione per generazione, al capostipite comune e poi così ridiscendere alla persona interessata, sempre escludendo dal conteggio il capostipite: ad esempio il grado di parentela tra fratelli è di 2° grado, quello zio/nipote è di 3° grado, quello tra cugini è di 4° grado (questi ultimi sono perciò esclusi dai benefici della legge).
    L'affinità è il rapporto che unisce un coniuge con i parenti dell'altro coniuge (art. 78 c.c.). Il grado di affinità è il medesimo che ha il coniuge con il proprio parente: così ad esempio il grado di affinità suocero/nuora (o suocera/genero) è di 1° grado; quello tra cognati di è di 2° grado, e così via. Si sottolinea che gli affini di un coniuge non sono affini tra loro: così ad esempio la moglie del cognato di una persona non è affine con quest'ultima."

    Allegato 1

    INPS.

    DELIBERAZIONE N. 32 DEL 7.3.2000

    OGGETTO: Legge n. 104/92. Presenza, nella famiglia del soggetto handicappato grave, di familiare non lavoratore.

    IL COMITATO AMMINISTRATORE DELLA GESTIONE DEGLI INTERVENTI ASSISTENZIALI E DI SOSTEGNO ALLE GESTIONI PREVIDENZIALI

    (Seduta del 7.3.2000)

    - visto l'art. 33, comma 3, della legge n. 104/92;

    - viste le disposizioni vigenti, secondo cui il riconoscimento della indennità relativa ai giorni di permesso previsti dall'art. 33, comma 3, della legge n. 104/92 è subordinato alla impossibilità, per altre persone presenti nella famiglia del soggetto handicappato grave, di assisterlo;

    - considerato che tale impossibilità è stata individuata nell'espletamento di una attività lavorativa, ovvero, qualora il familiare non sia lavoratore, nei "motivi obiettivamente rilevanti" di quest'ultimo, quali i gravi motivi di salute o un obiettivo insormontabile impedimento;

    - rilevato che determinate situazioni oggettive possono comportare effettivamente una impossibilità del familiare non lavoratore di prestare assistenza al portatore di handicap;

    - ritenuto che le anzidette situazioni oggettive, purché debitamente documentate, non necessitino di particolari accertamenti da parte dell'Istituto ai fini della concessione, alle condizioni previste, dei permessi in questione al lavoratore, genitore, parente o affine entro il terzo grado dell'handicappato;

    - tenuto conto che in caso di figlio minorenne l'obbligo di assistenza in capo ai genitori è da ritenere prevalente rispetto a quello di altri familiari;

    DELIBERA

    1) Ai fini della concessione dei giorni di permesso previsti dall'art. 33, comma 3, della legge n. 104/92, qualora nella famiglia del portatore di handicap siano presenti familiari non lavoratori, le situazioni di impossibilità, per questi ultimi, di assistere l'handicappato sono individuabili al verificarsi delle seguenti ipotesi:

    a) riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate)

    b) riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni di invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite INAIL, e simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità superiore ai 2/3;

    c) età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta;

    d) età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui non sia studente);

    e) infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero.

    2) Altre infermità temporanee, debitamente documentate, o, più in generale, i motivi di carattere sanitario, anch'essi debitamente documentati, del familiare non lavoratore dovranno essere valutati dal medico della Sede INPS al fine di stabilire se e per quale periodo, in relazione alla natura dell'handicap del disabile nonché al tipo di affezione del familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest'ultimo, di prestare assistenza.

    3) In caso di genitori entrambi lavoratori e di figlio minorenne handicappato grave, la presenza di familiari non lavoratori non pregiudica la possibilità, per uno dei due genitori, di fruire, secondo le condizioni previste, dei permessi per assistere tale figlio.

    Part time: calcolo dei giorni di malattia e di congedo parentale
    paolopizzo 7 settembre 2013



    Maria Grazia – Le chiedo cortesemente di darmi una risposta al seguente quesito: assistente amm.vo part-time verticale (24 h. settimanali) che svolge attività lavorativa per 4 gg. dal lunedì al giovedì, in caso di assenza per malattia o congedo parentale, come vengono considerati i gg di venerdì, sabato e domenica (o festivi) quando non si riprende il lavoro il lunedì successivo? E quindi in caso di richieste di congedi per periodi continuativi: settimane o mesi, come si contano i giorni di assenza? Esempio: certificato medico per gg. 30, il numero di giorni da conteggiare sono solo quelli che il dipendente è tenuto al servizio? In attesa di risposta ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti.

    Paolo Pizzo – Gentilissima Maria Grazia,

    Malattia

    Il personale in servizio a part-time verticale risponde delle attività lavorative e delle assenze per malattia soltanto per il periodo per cui è previsto svolga attività di lavoro: le assenze dovranno essere computate rispetto allo stesso periodo e non per i giorni per i quali il dipendente, contrattualmente, non risulta avere obblighi di servizio con la scuola di appartenenza.

    Pertanto il periodo di conservazione del posto di lavoro per il personale a part-time verticale deve essere proporzionalmente ridotto in misura della prestazione lavorativa ed il conteggio della malattia deve essere effettuato ai fini del trattamento economico considerando solo i giorni in cui il lavoratore effettua la reale prestazione lavorativa e non in base alla percentuale scelta (es. 50%).

    Ne consegue che se il certificato di malattia copre anche giorni in cui il dipendente non è in servizio, la scuola dovrà esclusivamente calcolare i giorni di assenza in cui il dipendente (docente/ATA) doveva prestare servizio.

    Bisognerà fare attenzione al calcolo dell’assenza quando tra due periodi coperti da certificazione medica c’è un giorno “libero” o festivo.

    Es.

    Personale a part-time verticale su tre giorni: mercoledi-giovedi-sabato.

    Il personale si assenta con un primo certificato fino al sabato e poi con un’altra certificazione dal mercoledì successivo (primo giorno “lavorativo” della settimana) ma rientra in servizio il giovedì o il sabato.

    Considerando che il lunedì e il martedì il personale non ha rapporti lavorativi con la scuola, la domenica (festivo) e i giorni “liberi” del lunedì e del martedì non devono essere computati nel periodo massimo di comporto.

    Bisognerà considerare i due periodi di assenza in modo separato anche se tra un periodo e l’altro ci sono i giorni festivi e quelli “liberi”.

    Ovviamente la stessa considerazione andrà effettuata se la prestazione lavorativa comincia il martedì con lunedì “libero”.

    Diverso sarebbe il caso se il dipendente si riassentasse non fino al giovedì ma fino al sabato successivo:

    prima assenza che comprende mercoledì, giovedì e sabato;
    seconda assenza che comprende, nella settimana successiva, nuovamente mercoledì, giovedì e sabato.

    In questo caso non essendoci stata nessuna presa di servizio in uno dei tre giorni in cui il dipendente è in servizio, il periodo di assenza comprenderà anche la domenica. Stessa cosa se il dipendente produce un’assenza in un’unica soluzione dal mercoledì della prima settimana fino al sabato della settimana successiva.

    Pertanto, le domeniche ricomprese in un unico periodo di assenza per malattia sono da considerare alla stessa stregua assenza per malattia.

    Ciò è conforme con il principio stabilito dalla Funzione Pubblica (Parere n. 36667 del 12 settembre 2012) in tema di congedo straordinario per assistenza a familiare disabile fruito da dipendente in part time:

    “In caso di part-time verticale la durata del congedo straordinario deve essere riproporzionata. Tale calcolo andrà effettuato sulla base delle giornate lavorative del dipendente per tutto il periodo in cui il lavoratore presta la sua opera in regime di parttime, la cui durata è fissata in precedenza. Le festività, le domeniche e le giornate del sabato (nel caso di articolazione dell’orario su 5 giorni alla settimana) ricadenti nel periodo non lavorativo dovrebbero essere escluse dal conteggio, con eccezione di quelle immediatamente antecedenti e seguenti il periodo se al termine del periodo stesso non si verifica la ripresa del servizio ovvero se il dipendente ha chiesto la fruizione del congedo in maniera continuativa”.

    Congedo parentale

    In diversi Orientamenti Applicati per altri Comparti, l’ARAN precisa che il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi.

    Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno.

    Secondo tale orientamento le assenza dovute a congedo parentale si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio.

    Es.

    se un dipendente che lavora nei giorni di martedì e giovedì chiede 10 giorni di congedo parentale a partire dal martedì, tali giornate verranno conteggiate come segue:

    Martedì 15, mercoledì 16, giovedì 17, venerdì 18, sabato 19, domenica 20, lunedì 21, martedì 22, mercoledì 23, giovedì 24.
    Venerdì (25) , sabato (26) domenica (27) e lunedì (28) non vanno computati nel periodo di assenza
    martedì 29 c’è il rientro in servizio.

    fonte ORIZZONTESCUOLA


    Personale in part time verticale: ferie, malattie, permessi proporzionati alle giornate di lavoro? Necessario aggiornare il Contratto



    di Paolo Pizzo - Personale assunto a tempo parziale verticale: quali sono gli istituti giuridici (malattia, permessi, congedi, ferie e festività) che devono essere proporzionati alle giornate di lavoro prestate nell'anno?

    L’art. 58 (rapporto di lavoro a tempo parziale), comma 11, del CCNL del comparto Scuola , afferma: “I dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di giorni di ferie e di festività soppresse pari a quello dei lavoratori a tempo pieno. I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell'anno. Il relativo trattamento economico è commisurato alla durata della prestazione lavorativa.”

    Tale articolo si limita a trattare esclusivamente l’istituto delle ferie, delle festività soppresse e del relativo trattamento economico, senza nulla specificare sugli altri istituti giuridici: malattia, permessi, congedi ecc.

    Bisogna subito precisare che il “problema” si pone esclusivamente per il lavoratore a tempo parziale verticale il quale svolge servizio ad orario parziale (es. 9 ore) su determinati giorni a settimana (es. 3), mentre nulla cambia per il personale in regime di part time orizzontale, rispetto a chi è in regime di full time, perché tale personale svolge servizio su tutti i giorni della settimana (ovviamente cambia il trattamento economico che è commisurato alla durata della prestazione lavorativa es. 12 ore anziché 24 per un docente di scuola primaria).

    Escluse quindi le ferie e le festività soppresse, chiaramente citate nell’art. 58 del CCNL/2007, quali altri istituti giuridici vanno riproporzionati per il lavoratore a tempo parziale verticale?

    In diversi Orientamenti Applicati per altri Comparti, l’ARAN precisa che

    "IL PERMESSO PER MATRIMONIO, IL CONGEDO PARENTALE, I PERMESSI PER MATERNITÀ E I PERMESSI PER LUTTO, SPETTANO PER INTERO SOLO PER I PERIODI COINCIDENTI CON QUELLI LAVORATIVI (vedi art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 del Comparto Ministeri)."

    Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno.

    Ad esempio, secondo tale Orientamento, le assenze dovute a CONGEDO PARENTALE si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio.

    Es.
    se un dipendente che lavora nei giorni di martedì e giovedì chiede 10 giorni di congedo parentale a partire dal martedì, tali giornate verranno conteggiate come segue:
    Martedì 15, mercoledì 16, giovedì 17, venerdì 18, sabato 19, domenica 20, lunedì 21, martedì 22, mercoledì 23, giovedì 24.
    Venerdì (25) , sabato (26) domenica (27) e lunedì (28) non vanno computati nel periodo di assenza
    martedì 29 c’è il rientro in servizio.

    L’ARAN continua nell’analisi precisando che il principio della proporzionalità è insito nello stesso rapporto di lavoro a tempo parziale, in quanto la sua ratio sembra rinvenirsi nella necessità di mantenere un quadro di generale equilibrio delle tutele previste per i dipendenti a prescindere dalla diversità delle tipologie del rapporto di lavoro instaurato. Una diversa interpretazione comporterebbe un ingiustificato vantaggio per il personale in part-time, con la conseguente penalizzazione dei dipendenti a tempo pieno.

    Nel merito, l'art. 23, comma 11, del Comparto Ministeri, ha previsto, in via generale, che il personale con rapporto di lavoro di tipo part-time verticale ha diritto ad un numero di giorni di ferie e di festività soppresse proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell'anno e che il medesimo criterio si applica per il computo delle altre assenze dal servizio previste dalla legge e dal CCNL, INCLUSE LE ASSENZE PER MALATTIA.

    Pertanto anche I PERMESSI RETRIBUITI, I TRE GIORNI DI PERMESSO DI CUI ALL'ART. 33, COMMA 3, DELLA LEGGE 104/92, LE ASSENZE DOVUTE A MALATTIA, IL PERIODO MASSIMO DI CONSERVAZIONE DEL POSTO, ECC. VANNO RIDETERMINATI TENENDO CONTO DI TALE CRITERIO.

    Il medesimo comma 11 dell'art. 23 summenzionato detta però delle DEROGHE alla regola generale relativamente, ad esempio, AL PERMESSO PER MATRIMONIO, AL CONGEDO PARENTALE, AI PERMESSI PER MATERNITÀ ED AI PERMESSI PER LUTTO. Tali istituti non vanno, dunque, in alcun modo ridotti, ma vanno concessi con le medesime modalità e regole con cui si concedono per il personale a tempo pieno

    La stessa ARAN il 14/6/2013 è intervenuta nello specifico sul COMPARTO SCUOLA affermando che l’art. 4 (principio di non discriminazione), comma 2, lett. b) del Dlgs 61/2000, prevede che “il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale.”

    Sulla base quindi dei principi desumibili dalla normativa di legge, dalla contrattazione collettiva e dalla giurisprudenza (vedi in particolare le sentenze di Cassazione Sez. lavoro, 30/12/2009 n. 27762 e 14 dicembre 1999 n. 14065 che hanno affermato il principio del riproporzionamento del periodo di comporto in caso di part time verticale ) SI RITIENE CHE IL TRATTAMENTO DEL LAVORATORE A TEMPO PARZIALE VERTICALE DEBBA NECESSARIAMENTE TENERE CONTO DELLA RIDOTTA ENTITÀ DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA, RELATIVAMENTE SIA AI TRATTAMENTI ECONOMICI PER MALATTIA, SIA ALLE ASSENZE DOVUTE A MALATTIA, SIA AI PERMESSI RETRIBUITI CHE AL PERIODO MASSIMO DI CONSERVAZIONE DEL POSTO, tutti elementi che dovranno essere rideterminati tenendo conto di tale criterio.

    E in un altro Orientamento sempre per la scuola alla domanda “Come deve essere effettuato il computo dei giorni di assenza per malattia nel caso di regime di part time verticale?” precisa:

    “Si fa presente che occorre andare a considerare se l’assenza sia giustificata da un unico certificato medico o da più certificati medici rilasciati solo per i giorni per i quali il dipendente in part-time è tenuto a svolgere la prestazione lavorativa, senza ricomprendere le giornate intermedie non lavorate, solo in quest’ultimo caso si ritiene che essi vadano considerati separatamente, in quanto attestanti eventi morbosi distinti”.

    Stando quindi a quanto affermato dall’agenzia, ed escluse le ferie e le festività soppresse il cui riproporzionamento è dettato dal CCNL/2007, andrebbero riproporzionati anche i PERMESSI RETRIBUITI (INCLUSI I 3 GG. DELLA LEGGE 104/92 E I PERMESSI PER MOTIVI FAMILIARI E PERSONALI) e il periodo di comporto della malattia.

    Mentre il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi.

    Tutto ciò è ovvio che non può che essere solo un Orientamento in attesa che il nuovo CCNL comparto scuola sia aggiornato nella parte relativa al part time. Crediamo che sia più che una necessità.

    Alcune nostre risposte sull’argomento

    Part time: calcolo dei giorni di malattia e di congedo parentale

    Malattia e part time: calcolo del periodo di comporto
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    Malattia e part time: calcolo del periodo di comporto




    Scuola – Insegnante di scuola primaria a T.I. in part-time verticale (giorni lavorativi lunedi-martedi-venerdi),è tutt’ora assente per salute in convalescenza conseguente ad intervento chirurgico senza aver mai ripreso servizio. Le domande sono queste: 1) la docente presenta certificato medico di 30 giorni prestando servizio 3 giorni su 5 ogni settimana: il calcolo delle assenze sarà sui 3/5, escludendo sabato, domenica e giorni festivi?2) Il periodo massimo di conservazione del posto è: come per i docenti a tempo pieno, cioè: 9 mesi retribuiti per intero, 3 mesi al 90%,6 mesi al 50% + 18 mesi senza retribuzione o va riproporzionato? Se si in quale misura (metà, 3/5 ….)?

    Paolo Pizzo – Gentile Scuola,

    notiamo con molto disappunto che a differenza di altri comparti il CCNL della Scuola è deficitario nella parte relativa alle assenze per chi è in regime di part time verticale.

    Pertanto, molto spesso (e io lo faccio quasi sempre), per poter rispondere a questi come il Vostro è necessario rifarsi agli Orientamenti ARAN per altri Comparti oppure proprio agli artt. di altri Contratti Collettivi di altri Comparti come quello degli Enti Locali o Ministeri. Quindi è bene precisare che possono essere solo “orientamenti” o pareri che mettono comunque sempre più in evidenza come alle scuole serve sapere alcune cose per poter operare al meglio, e come il Contratto Scuola in questo senso non aiuti e deve essere rivisto in questa parte che risulta totalmente assente.

    Per il primo quesito abbiamo un Orientamento ARAN recentissimo proprio per il Comparto Scuola:

    “Come deve essere effettuato il computo dei giorni di assenza per malattia nel caso di regime di part time verticale?

    “Si fa presente che occorre andare a considerare se l’assenza sia giustificata da un unico certificato medico o da più certificati medici rilasciati solo per i giorni per i quali il dipendente in part-time è tenuto a svolgere la prestazione lavorativa, senza ricomprendere le giornate intermedie non lavorate, solo in quest’ultimo caso si ritiene che essi vadano considerati separatamente, in quanto attestanti eventi morbosi distinti”.

    Per il secondo quesito sempre l’ARAN indica come operare:

    Riproporzionare il periodo massimo di conservazione del posto, il periodo di riferimento all’interno del quale sommare tutte le assenze per malattia effettuate dal lavoratore (per i lavoratori a tempo pieno sono i tre anni precedenti l’ultimo episodio morboso), e i periodi a retribuzione intera e ridotta in base al numero di giornate di lavoro prestate nell’anno; in caso di dipendente che in ogni settimana lavora 3 giorni su 5, detti riproporzionamenti andranno effettuati in ragione di 3/5; se il dipendente lavora 3 giorni su 6, detti riproporzionamenti andranno effettuati in ragione di 3/6 (1/2);
    Sommare tutte le assenze per malattia intervenute nel periodo precedente l’ultimo episodio morboso così riproporzionato;
    Effettuare il conteggio dei giorni di assenza anche se nel conteggio a ritroso saranno interessati periodi nei quali il lavoratore era a tempo pieno (questo fatto non ha alcun rilievo, perché il superamento del comporto va accertato di volta in volta in base all’attuale configurazione del rapporto); alle giornate di assenza così determinate devono esser aggiunte quelle dell’ultimo episodio morboso;

    Fatto questo la scuola è in condizione di stabilire se il lavoratore ha superato o meno il periodo di comporto e di stabilire anche il trattamento economico dell’assenza.

    Questo un esempio invece del Contratto Autonomie Locali:

    Per conoscere il periodo di comporto si effettua la seguente operazione:

    Es. 15 ottobre 2000: primo giorno di un episodio morboso della durata di 10 giorni.

    14.10.97 – 14.10.00 : triennio di riferimento.

    Si supponga che il dipendente interessato abbia svolto attività lavorativa a tempo pieno fino al 31.12.98 ed a tempo parziale dal 1.1.99 con una prestazione di 3 giorni su una settimana lavorativa di 5.

    Per individuare il periodo di comporto occerrerà sommare i due periodi di comporto maturati a tempo pieno ed a tempo parziale:

    gg. lavorativi a tempo pieno (dal 14.10.97 al 31.12.98): 437 (14 mesi e 17 giorni, considerando il mese 30 gg. lav.);
    gg. lavorativi a tempo parziale (dall’1.1.98 al 14.10.00): 384 (21 mesi e 6 giorni, considerando il mese di 18 gg. lav.).

    Poi occorrerà effettuare le seguenti proporzioni:

    a) 1080 (gg. lav. triennio) : 437 = 540 (comporto tempo pieno triennio) : X (comporto tempo pieno nel periodo)

    X = 217

    b) 648 (gg. lav. part time triennio) : 384 = 324 (comporto tempo parziale nel triennio)

    X = 192

    Sommando i due periodi di comporto si ottiene 409, che costituisce il periodo di comporto (vale a dire l’assenza massima per malattia nel triennio) dell’esempio su riportato.

    A questo punto si pone il problema di come retribuire le assenze per malattia che insorgono in questo periodo.

    Sempre con riferimento all’esempio di cui sopra, si supponga che il dipendente abbia accumulato 190 giorni di assenza per malattia dal 14.10.97 al 14.10.00 (ultimo giorno precedente l’inizio dell’episodio morboso in considerazione). Si consideri, in via preliminare, che il sistema contrattuale di retribuzione delle assenze per malattie nel triennio, relativamente al periodo di comporto (che, relativamente a rapporto di lavoro a tempo pieno, è di 18 mesi o 1080 giorni), è attualmente il seguente:

    il 50% (1/2): intermente retribuite;
    1/6: retribuite al 90%
    1/3: retribuite al 50%

    Applicando tali proporzioni al nostro esempio, sui 409 giorni di comporto (n. massimo di giorni di assenza per malattia) individuati al 14.10.00, relativamente ad un triennio lavorativo a tempo misto (pieno e parziale), si avrà il seguente schema contabile:

    da 1 a 205 giorni di assenza (il 50% di 409): interamente retribuiti;
    da 206 a 273 (68gg., ossia 1/6 di 409): retribuzione al 90%
    da 274 a 409 (136gg., ossia 1/3 di 409): retribuzione al 50%

    nell’esempio prospettato, i giorni di assenza dal 15 al 24 ottobre 2000 (10 gg. di assenza) sono pertanto interamente retribuiti, avendo ipotizzato un precedente accumulo di 190 giorni di assenza, rientranti nella prima fascia.

    Non so se è tutto chiaro, ma è quello che abbiamo a disposizione…
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    Part time: chi può chiederlo, chi può averlo




    Ad integrazione della nostra Guida al contratto part time per i docenti a tempo determinato e neo immessi in ruolo a.s. 2011/12 pubblichiamo un articolo del giornale INPDAD di Ottobre 2011 in cui la nuova normativa sul part time viene spiegata attraverso alcune FAQ di chiarimento.

    La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è un istituto la cui funzione sociale trova particolare riscontro nel frequente caso di lavoratrici alle prese con la cura dei figli e di altri familiari bisognosi di assistenza.

    La disciplina relativa, a seguito dell’entrata in vigore del cosiddetto collegato lavoro (legge 183/2010), ha dato facoltà alle pubbliche amministrazioni, di sottoporre a nuova valutazione le situazioni già autorizzate.

    Le modifiche. La Funzione pubblica, preso atto delle molte segnalazioni pervenute riguardanti errate interpretazioni nell’applicazione della norma, ha ritenuto opportuno intervenire con una circolare chiarificatrice, utile soprattutto in sede di contenzioso, visto che il termine per l’esercizio del potere di revisione - 23 maggio 2011 - è ormai passato. Il potere unilaterale, accordato transitoriamente all’amministrazione, di modificazione dei rapporti part time precedentemente accordati, ha un carattere di eccezionalità tale che l’eventuale rifiuto del lavoratore ad adeguarsi non costituisce causa di giusto licenziamento.

    Valutazione discrezionale.
    La legge ha eliminato l’automatismo con cui in precedenza venivano accolte le domande di trasformazione del rapporto di lavoro e le ha assoggettate alla valutazione discrezionale dell’amministrazione di riferimento. Valutazione che può spingersi fino al rigetto dell’istanza, in caso di pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa.
    L’amministrazione può accogliere o respingere l’istanza prodotta dall’interessato entro 60 giorni dalla presentazione.
    La legge prevede esplicitamente alcune cause ostative; se non ricorrono, la domanda può essere accolta, purché la trasformazione del rapporto di lavoro in tempo parziale sia compatibile con la capienza dei contingenti della dotazione organica.

    Si può lavorare. Inoltre, l’eventuale attività di lavoro autonomo o subordinato che conseguentemente il dipendente dichiara di voler svolgere non deve originare conflitto di interessi con quella di servizio. Infine, l’autorizzazione può essere comunque negata nel caso in cui la trasformazione richiesta dovesse arrecare pregiudizio alla funzionalità organizzativa dell’amministrazione.
    La circolare ribadisce l’importanza per l’amministrazione di indicare puntualmente le motivazioni che hanno causato l’esito negativo della domanda, evitando formule generiche. L’istanza
    può essere accolta anche previa rimodulazione del part time concordata con il richiedente.

    Le priorità. La normativa prevede che, compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, le amministrazioni individuano criteri certi di priorità nell’impiego flessibile del personale, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e di quelli impegnati in attività di volontariato. Sulla base di tali criteri, il dipendente può risultare titolare di un interesse protetto, di un titolo di precedenza o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del rapporto.

    La precedenza. Il vero e proprio diritto, che obbliga l’amministrazione ad autorizzare entro 60 giorni dall’istanza la trasformazione richiesta, è individuato dalla legge nel caso di lavoratori affetti da patologie oncologiche che ne riducano la capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita. I titoli di precedenza, sanciti per legge, riguardano: a) il lavoratore il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche; b) il lavoratore che assiste una persona convivente con totale e permanente grave inabilità lavorativa, con riconoscimento di un’invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua in quanto non autosufficiente; c) il lavoratore con figli conviventi di età non superiore a tredici anni o affetti da handicap grave.

    Sindrome Dsa. Meritevole di tutela è considerata espressamente dalla legge la situazione dei familiari di studenti affetti da sindrome Dsa, disturbi specifici di apprendimento, quali dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia; tutela che per i familiari di primo grado, assurge a pieno diritto durante il primo ciclo di istruzione.

    Sindrome Dsa: i disturbi dell’apprendimento
    Dislessia difficoltà a leggere fluidamente e a comprendere il testo
    Disgrafia difficoltà a comporre le parole graficamente e in modo sequenziale corretto
    Disortografia difficoltà a comporre le parole correttamente, ad esempio con le doppie e le h al
    posto giusto
    Discalculia difficoltà nel fare il calcolo numerico e/o nel ragionamento matematico

    Enrico Orsingher

    Da full time a part time (e ritorno)

    Il dipendente pubblico chiede alla propria amministrazione di trasformare il rapporto di lavoro da fulltime a part-time. L’amministrazione è obbligata ad accettare?

    No. L’amministrazione non ha un obbligo di dire sì all’istanza di trasformazione presentata dal lavoratore.
    Ovviamente la domanda viene valutata e ciò presuppone una verifica e alcune considerazioni. La verifica riguarda la possibilità di accoglimento della istanza sotto l’aspetto soggettivo e la presenza delle altre condizioni di ammissibilità. Le considerazioni dell’amministrazione devono mettere a fuoco i seguenti elementi:
    1) la dotazione organica e la relativa disponibilità di posti part-time nell’ambito nell’ambito dei contingenti fissati dalla contrattazione collettiva;
    2) il tipo di lavoro autonomo o subordinato che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro. Infatti l’ attività non deve determinare conflitto di interessi rispetto allo specifico servizio svolto dal dipendente e in ogni caso non deve essere posta in essere con altra amministrazione.
    La mancanza di conflitto deve esistere non solo al momento della trasformazione ma anche durante tutto il corso del rapporto;
    3) l’impatto che il cambiamento potrà avere sull’organizzazione del lavoro, verificando se la trasformazione causi un pregiudizio alla funzionalità dell’ufficio in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa del dipendente.

    In questi casi la domanda viene respinta?
    Sì, e nella lettera di comunicazione viene puntualizzata la motivazione evitando l’uso di clausole generali o formulazioni generiche, per permettere al dipendente di conoscere le reali motivazioni del diniego e presentare, se vuole, una nuova istanza.

    E’ possibile emettere un provvedimento di accoglimento per così dire a metà, nel senso che si accetta la trasformazione ma con diverse modalità di quelle richieste dal dipendente?
    E’ possibile senz’altro. Ma in questo caso per perfezionare l’accordo è necessario il consenso dell’interessato.

    Supponiamo che più persone presentino la domanda di part-time. Sono tutte sullo stesso piano oppure c’è una specie di classifica con relativi titoli di precedenza?
    Ci sono precedenze, ovviamente dettate dalla legge e non dalla singola amministrazione. In ogni caso hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro, al di là delle precedenze, i lavoratori affetti da patologie oncologiche con una residua ridotta capacità lavorativa, anche a seguito degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata dall’appo commissione medica. E tali lavoratori, quando lo chiedano, hanno inoltre diritto a ritornare al rapporto a tempo pieno.
    Le precedenze sono previste per: a) i lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche; b) i lavoratori che assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, in condizione di gravità con un’invalidità del 100% e con necessità di assistenza continua poiché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; c) i lavoratori con figli conviventi di età non superiore a tredici anni; d) i lavoratori con figli conviventi che sono “ in situazione di handicap grave”.

    Ci sono poi gli studenti con i disturbi della sindrome Dsa.
    Sì, meritevole di tutela è la situazione dei familiari di studenti affetti da disturbi specifici dell’apprendimento, cioè dalla sindrome Dsa che si riferisce alle ipotesi di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
    La legge stabilisce che i familiari fino al primo grado (genitori) di studenti del primo ciclo dell’istruzione con Dsa impegnati nell’assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di avere orari di lavoro flessibili. Questo diritto deve però essere concretamente attuato dalla contrattazione collettiva.
    Il Dipartimento della Funzione pubblica ha comunque anticipato che la posizione di questi dipendenti deve essere considerata come assistita sin da subito da una particolare tutela.

    Una volta ricevuta la domanda del dipendente cosa deve fare l’amministrazione?
    Se c’è diritto alla trasformazione – si pensi ai lavoratori affetti da patologie oncologiche con ridotta capacità lavorativa – l’amministrazione entro 60 giorni dalla domanda deve convalidare il part-time (o il ritorno al fulltime).
    Se c’è diritto di precedenza la domanda deve essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti interessati anch’essi alla trasformazione del rapporto di lavoro.
    (B.B.)

    Guida al contratto part time per i docenti a tempo determinato e neo immessi in ruolo a.s. 2011/12

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  3. rsustaff
     
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    MODELLI DI DOMANDA

    I modelli sono di solito disponibili presso gli Ambiti Territoriali o le istituzioni scolastiche di servizio. Noi vi proponiamo i modelli elaborati dall'Ufficio Scolastico di Viterbo, che possono essere adattati alle esigenze.




    Domanda part time ATA

    Domanda part time docenti

    Decreto di varazione oraria

    Contratto part time Ata

    Contratto part time docenti

    Decreto di reintegro a tempo pieno
    File Allegato
    MODELLI_FAC_SIMILE_X_PART_TIME.pdf
    (Number of downloads: 202)

     
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