INTERROGAZIONE PARLAMENTARE

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    Gentilissimi si informa che grazie all'appoggio parlamentare del Senatore Fabrizio Bocchino vice Presidente della VII Commissione Cultura al Senato, che si ringrazia vivamente, è stata presentata un'interrogazione parlamentare sui costi e sulle modalità di allestimento dei Tfa/Pas.
    Si fa inoltre presente che l'associazione è in procinto di avviare un reclamo al comitato europeo sullo stessa tema, e che sono già state avviate alcune petizioni europee sollevandone contestualmente la questione.
    Nel link sottostante potete leggere il resoconto.

    Saluti

    il comitato amministrativo


    link per leggere la notizia:

    https://sites.google.com/site/vocedeigiust...estimentopastfa





    Il testo dell'interrogazione presentata




    Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca — Per sapere – premesso che:

    Dalla lettura delle fonti contrattuali, ed in particolare del C.C.N.L. e del C.C.N.I. Formazione del comparto scuola, tutt’ora vigenti, emerge che il diritto alla formazione, inclusa quella in ingresso “costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale”[1].

    “L'attività di formazione costituisce pertanto un diritto per il personale con contratto a tempo indeterminato e con contratto a tempo determinato ed un dovere per l'amministrazione, in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo di tutte le professionalità”[2].

    Tali fonti, concordano nell’affermare che la formazione si realizza anche attraverso strumenti che consentano l’accesso a percorsi universitari e ribadiscono il carattere di gratuità che tali percorsi devono avere, il diritto per i partecipanti a vedersi rimborsate eventuali spese per la partecipazione alla formazione, nonché il diritto alla remunerazione delle ore dedicate alla frequenza di tali percorsi.

    L’art. 64 del C.C.N.L. stabilisce in particolare che “Le iniziative formative, ordinariamente, si svolgono fuori dell’orario di insegnamento” e che “il personale che partecipa ai corsi di formazione è considerato in servizio a tutti gli effetti. Qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio”.



    Mentre il C.C.N.I. Integrativo sulla formazione elenca tra gli obblighi contrattuali a carico dell’amministrazione, quello di “assicurare le condizioni per la costruzione di un sistema permanente di opportunità formative”, nonché l’introduzione di interventi formativi per la “formazione in ingresso del personale docente e ATA”.

    La Carta dei servizi scolastici, approvata con DPCM del 7 giugno 1995, ribadendo tale concetto, afferma che “L’aggiornamento e la formazione costituiscono un impegno per tutto il personale scolastico e un compito per l’amministrazione, che assicura interventi organici e regolari”.

    Il Diritto dell’Unione oltre a sottolineare e riconoscere l’importanza del diritto alla formazione, impegna gli stati membri a “migliorare l’organizzazione della formazione professionale iniziale e la formazione professionale permanente, per agevolare l’inserimento e il reinserimento sul mercato del lavoro”[3]. Secondo la direttiva 1999/70/CE inoltre “nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale”.

    La Carta Sociale Europea, nel ribadire il diritto che ha ogni persona ad “adeguati mezzi di formazione professionale”, stabilisce inoltre che “Per assicurare l’effettivo esercizio del diritto alla formazione professionale, le parti s’impegnano alla riduzione o abolizione di tutti i diritti ed oneri, alla concessione di assistenza finanziaria nei casi appropriati e all'inclusione nel normale orario di lavoro del tempo destinato ai corsi di formazione supplementari”.

    Nella sentenza 7121/2002, del TAR Lazio, i magistrati, entrando nell’ambito delle modalità di allestimento delle S.S.I.S., i corsi abilitanti previsti dalla Legge 19 Novembre 1990 n. 341, ribadivano che “Per corrispondere allo spirito della normativa comunitaria, la formazione di insegnanti specializzati si configura come un servizio da rendere nell’interesse preminente della comunità (sia statale che europea). Gli oneri devono essere, pertanto, a carico della comunità medesima”.

    E’ utile ribadire che, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, art. 5 relativo ai costi dei percorsi universitari: “la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato”, mentre le università in spregio a tali dettami hanno stabilito di porre interamente a carico degli studenti il costo di PAS e TFA.

    E’ a tal proposito utile ribadire che il Consiglio di Stato, nel parere consultivo emanato in data 02/02/2010, n. 00372/2010, chiamato ad esprimersi sul Regolamento sulla Formazione Iniziale degli Insegnanti, censurò la misura che prevedeva che i corsi, previsti dal predetto regolamento, venissero interamente finanziati con i proventi derivanti dal pagamento delle tasse e dei contributi dei corsisti. La sezione individuava “al riguardo un possibile conflitto con il principio di legalità di cui all’art. 23 della Costituzione, che attiene a tutte le prestazioni patrimoniali imposte, indipendentemente dalla natura tributaria o meno (ragion per cui il problema investe – oltre le tasse – i contributi, anche qualora se ne voglia disconoscere la natura fiscale). Detto principio è compromesso non solo in mancanza di una base formale del potere impositivo, ma anche in assenza della fissazione in norme di legge dei criteri fondamentali cui lo stesso deve ispirarsi”. Il Consiglio di Stato emanava quindi anche in conseguenza di tali osservazioni un parere sospensivo.


    Con la nota Prot / A00 / UffLeg/ 929 del 23/02/2010 sottoscritta dal capo dell’Ufficio Legislativo, Germana Panzironi, il MIUR rispondeva a tali affermazioni rassicurando che "i corsi di formazione degli insegnanti attualmente esistenti sono coperti, in parte, con le somme erogate nell'ambito della programmazione annuale predisposta ai sensi del D.P.R. 13 Gennaio 1998 n. 25, consolidata nei bilanci degli atenei nel fondo di finanziamento ordinario, ed in parte con gli introiti derivanti dalla contribuzione degli iscritti ai corsi".

    Per quel che riguarda la contribuzione studentesca il DPR 25 Luglio 1997, n. 306, ha stabilito un importo fisso delle tasse di iscrizione, [...] con un limite complessivo all'ammontare della contribuzione pari al 20 per cento del FFO. In sostanza, con la norma finanziaria, contenuta all'art. 16, si è voluto assicurare che, fermo restando le predette disposizioni in materia di contribuzione universitaria, dall'attivazione dei nuovi corsi non derivassero ulteriori incrementi del fondo di di finanziamento ordinario".


    In un secondo parere n. 01061/2010 emanato in data 19/03/2010, sempre in merito al regolamento concernente la definizione delle modalità e dei requisiti della formazione iniziale degli insegnanti, la sezione consultiva del Consiglio di Stato, anche a seguito dei chiarimenti pervenuti dall’amministrazione osservava che “per quel che riguarda, infine, le perplessità manifestate nel parere interlocutorio in ordine all’articolo 16, il Ministero, nel chiarire che la contribuzione a carico degli studenti è disciplinata dal d.P.R. 25 luglio 1997, n. 306, che ne limita l’incidenza al 20 per cento dell’importo del Fondo di finanziamento ordinario, ha provveduto a riformulare in questo senso la norma” e ha quindi finalmente emanato un parere favorevole.

    Disattendendo invece del tutto tali disposizioni, il MIUR e le Università, nell’attivazione dei corsi ‘abilitanti all’insegnamento’ previsti dal Decreto Ministeriale 10 Settembre 2010, n. 249, Regolamento sulla Formazione Iniziale dei Docenti, hanno posto a totale carico degli studenti che frequenteranno i percorsi di cui all’art. 15, TFA e PAS, le spese di iscrizione e frequenza, anche qualora tale personale risulti assunto alle dipendenze dell’amministrazione.

    Non di secondaria importanza risulta inoltre il carico di lavoro eccessivo che tali percorsi richiedono. Secondo le previsioni di cui al Decreto Ministeriale 10 Settembre 2010, n. 249, TFA e PAS prevedono infatti rispettivamente il conseguimento di 41 e 60 Crediti Formativi Universitari (CFU), e quindi un impegno effettivo di almeno 1.025 ore.

    Per farsi un’idea di ciò che tale carico comporta, si pensi che un docente iscritto ai PAS che si trovasse ad assolvere a tali obblighi, dovrebbe dedicare alla frequenza e allo studio non meno di 5 ore e mezzo giornaliere, per un periodo di almeno sei mesi, oppure di almeno 8 ore e mezzo per quattro mesi. A tale monte orario è inoltre necessario aggiungere le ore necessarie per il raggiungimento delle sedi universitarie presso cui si svolgono tali corsi.

    La maggior parte delle università e atenei incaricati della gestione di tali percorsi, hanno riportato nei bandi e sui calendari scolastici e/o rilasciato dichiarazioni, dalle quali si evince che i PAS si svolgeranno nell’arco di un periodi di 4/6 mesi!

    La domanda che sorge spontanea è, come può un docente con incarico annuale, magari con famiglia a carico, assolvere a tali obblighi?

    Secondo il D.D.G. 25 Luglio 2013, n. 58, relativo alle modalità di allestimento dei PAS, è previsto che “la frequenza dei corsi è obbligatoria. E’ consentito un massimo di assenze nella percentuale del 20%. Non è previsto alcun tipo di esonero dal servizio, fatta salva la fruizione dei permessi per il diritto allo studio”.

    Premesso che il diritto allo studio e alla formazione sono due cose ben distinte e che i permessi del diritto allo studio non si applicano ai casi dove si prevede che i corsi frequentati siano volti all’acquisizione di competenze di qualifiche indispensabili per il corretto svolgimento della professione di insegnante, e che pertanto ai docenti impegnati nella frequenza di TFA e PAS andrebbe invece applicata la normativa e le clausole contrattuali inerenti il diritto alla formazione, si evidenzia in ogni caso che la semplice concessione delle 150 ore di diritto allo studio ai docenti iscritti ai PAS/TFA, a fronte di un impegno previsto sulla carta anche di 10 volte superiore non appare né adeguata, né sufficiente.

    Sono innumerevoli i docenti assunti alle dipendenze dell’amministrazione e con anni di servizio che in questi giorni si stanno licenziando dai propri posti di lavoro per poter frequentare e accedere ai corsi abilitanti previsti dal DM 249/2010, al fine di scongiurare per il futuro il rischio di vedersi scavalcati in graduatoria da chi ha la fortunata possibilità di frequentare tali percorsi.

    Molti di più sono invece i docenti che non potendo permettersi il pagamento delle illegittime e salate rette universitarie con la partecipazione a corsi che prevedono un impegno esclusivo e non compatibile con lavoro e famiglia, hanno rinunciato all'iscrizione e alla frequenza dei corsi.

    Altri ancora, rimasti alle dipendenze dell’amministrazione, pur se regolarmente iscritti ai corsi, non riusciranno probabilmente a far fronte al carico di lavoro e impegni ed oneri previsti, e pertanto rischiano di non riuscire a conseguire la qualifica finale con la conseguente estromissione dalle graduatorie di II fascia e dal lavoro.

    In considerazione di tali premesse, nel denunciare che l’insieme delle irregolarità e dei soprusi fin qui denunciati comporta anche la violazione di norme di rango costituzionale tra cui l’art. 3, secondo cui “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” e l’art. 4: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”

    Si chiede di sapere:

    1. In che modo l’amministrazione vuole tutelare i diritti di chi non potrà accedere o frequentare i PAS/TFA per via degli alti costi, degli obblighi di frequenza e dell’impegno esclusivo richiesto, al fine di evitarne lo scavalcamento in graduatoria, e la conseguente perdita del posto di lavoro, da parte di chi ha semplicemente avuto la fortuna di poter disporre delle somme di denaro e del tempo necessario per l’effettivo superamento dei suddetti corsi;

    2. In che modo l’amministrazione intende imporre il rispetto delle clausole contrattuali e normative che prevedono per i lavoratori docenti assunti alle dipendenze del MIUR la gratuità dei corsi, nonchè delle ulteriori agevolazioni, finora completamente ignorate;

    3. Quali misure intende adottare l’amministrazione rispetto a quelle università, che contravvenendo alle disposizioni di cui al DPR 306/1997, nonché alle indicazioni del Consiglio di Stato, hanno stabilito di porre a carico degli studenti l'intero costo dei corsi universitari previsti dal DM 249/2010 (TFA e PAS);

    4. Considerate le incongruenze, le violazioni e gli evidenti problemi legati all’organizzazione e allestimento dei PAS e TFA, si chiede se l’amministrazione intenda, in attesa che si trovi un’adeguata soluzione ai problemi sollevati e onde evitare probabili e numerosi contenziosi, valutare l’opportunità di sospendere fin d’ora i corsi avviati.

    [1] Art. 63 C.C.N.L. del Comparto scuola
    [2] C.C.N.I. Formazione del comparto scuola
    [3] Art. 150 del TRATTATO CHE ISTITUISCE LA COMUNITÀ EUROPEA (TCE)
     
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