Stress, ansia, agitazione: com’è dura la vita del prof.

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    Stress, ansia, agitazione: com’è dura la vita del prof.

    Il lavoro dell’insegnante è particolarmente esposto alla “sindrome di bornout” A causare le maggiori difficoltà sono, nell’ordine, studenti, genitori e colleghi di Alessandra P. De Luca



    Insegnare, almeno etimologicamente, significa imprimere, lasciare un segno. Indelebile, il più delle volte, che si tratti di odio profondo o amore sconfinato. Uno strumento potentissimo con cui aprire o chiudere orizzonti e prospettive, una quotidianità antica come il mondo, un rapporto dell'uomo con l'uomo, passato, presente e futuro.

    LA RICERCA

    Peccato che ultimamente pare che tutto questo bagaglio di bellezza sia partito per chissà dove lasciando dietro di sé solo una diagnosi dal nome arido e bruttarello: sindrome di bornout. È quanto emerge da un ampio studio commissionato dall'ente previdenziale Inpdap che, partendo dall'analisi degli accertamenti sanitari per verificare la compatibilità a svolgere la professione, ha operato un confronto tra docenti, impiegati, personale sanitario, operatori. L'indagine è stata condotta monitorando per 10 anni i dipendenti pubblici delle quattro macro aree della pubblica amministrazione.

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    L’ANALISI

    Tra le categorie prese in esame, riporta la rivista “Orizzonte Scuola”, chi sta dietro la cattedra è particolarmente esposto al rischio di incorrere nella sindrome che porta ansia, esaurimento, panico, irritabilità, agitazione, senso di colpa, ridotta autostima. I motivi? Vari: rapporto con gli studenti e con i genitori, classi troppo numerose, lungo precariato (anche se il disagio del mestiere, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non riguarda affatto solo i precari, ma una gran percentuale di docenti di ruolo), il susseguirsi di riforme, la scarsa considerazione del mestiere dell'insegnamento a livello di opinione pubblica, l'avvento di una informatizzazione del sistema scolastico che, anziché velocizzare e snellire il gigante che ha nome scuola, lo ha impigliato in una rete burocratica e inadeguata ai suoi propositi di partenza, facendolo vacillare. Non ultima la riforma Monti-Fornero sulle pensioni: la permanenza in servizio fino alle soglie dei settant'anni rischia di intaccare l'unico vero nucleo dell'universo scolastico, precedente a qualsiasi altra questione: il rapporto docente-discente, come vedremo nelle parole di chi si è espresso a riguardo.

    SEMPRE PIÙ DONNE

    Ma procediamo con ordine e qualche dato in più: i risultati della ricerca, inizialmente raccolti nella provincia di Milano con la successiva aggiunta di stime su scala nazionale, hanno rivelato una netta prevalenza di donne tra i soggetti più esposti alla sindrome di bornout. Donne che, ricordiamo, costituiscono l'81 per cento del corpo insegnante italiano. In notevole aumento, inoltre, il numero di docenti che chiedono il cambio di mansione in seguito alla dichiarazione di inabilità a poter svolgere il loro lavoro: lo scorso anno le domande si sono triplicate.

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    L’ESPERTO

    Vittorio Lodolo D'Oria, medico ematologo, autore di diversi studi sul burnout, ha calcolato che «ad ammettere di essere stressati a causa del lavoro logorante sono il 73 per cento dei docenti. Gli interlocutori che causano loro maggior stress sul lavoro sono nell'ordine: gli studenti (26 per cento); i loro genitori (20 per cento); i colleghi (20 per cento); il dirigente scolastico (2 per cento). La restante parte (32 per cento) ritiene usurante la somma di tutte le relazioni». Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, si è pronunciato su un panorama pressochè disastroso battendo l'accento sul problema pensioni: «Proprio in questi giorni il governo sta provvedendo a trovare una soluzione per i quattromila “Quota 96”, ammettendo la grave dimenticanza del legislatore per chi aveva diritto ad andare in pensione già due anni fa. Dopo l'estate è bene che trovi una soluzione, senza decurtazioni stipendiali, anche per gli altri docenti, le cui difficoltà psicologiche, a volte psichiatriche, derivano da un forte stress lavorativo. Al loro posto ci sono tante giovani leve, già vincitrici di concorso e pronte a essere immesse in ruolo: sessantamila già da subito. In un colpo solo si svecchierebbe la scuola, oggi composta da pochissimi under 30 e oltre la metà da docenti ultracinquentenni, si migliorerebbe la qualità della didattica e si collocherebbero in pensione decine di migliaia di docenti vittime del burnout».

    LO SCENARIO

    Un'altra proposta di Anief è quella di istituire la figura dell'insegnante “senior”, permettendo ai docenti con oltre 20-25 anni di insegnamento di fare da tutor ai colleghi più giovani, svecchiando la classe insegnante e facendo largo ai giovani. Un'ulteriore stratificazione, insomma. Un'operazione che, forse, aggiungerebbe l'ultima pietra sulla cima di un già pericolante castello. Oltre al fatto che gli stessi professori da noi interpellati non sarebbero entusiasti di una proposta che li allontanerebbe dagli interlocutori che si sono scelti: gli studenti.

    Fonte: Gazzetta di Modena
     
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