vincolo negoziale obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'alunn

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    Con l'accoglimento della domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, sorge un vincolo negoziale dal quale discende l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'alunno, per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni (Cass. n. 3680/2011).

    La scuola è pertanto tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti all'uopo necessari, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso (Cass. n. 1769/2012), sia all'interno dell'edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia la custodia, messe a disposizione per eseguire la propria prestazione (Cass. n. 19160/2012), compreso il cortile antistante l'edificio scolastico nella disponibilità della scuola ove viene consentito l'accesso e lo stazionamento degli utenti e in particolare degli alunni (Cass. n. 22752/2013).


    La responsabilità del Ministero dell'istruzione o dell'ente gestore di una scuola privata, nell'ipotesi in cui gli alunni subiscano danni nel tempo in cui dovrebbero essere vigilati dal personale scolastico, è duplice: contrattuale, se la domanda è fondata sull'inadempimento dell'obbligo di vigilare o di tenere o non tenere una determinata condotta; extracontrattuale, se la domanda è fondata sulla generale violazione di non recare danno ad altri (Cass. n. 3680/2011; n. 16947/2003).

    La responsabilità civile extracontrattuale dell'amministrazione scolastica a causa dei fatti imputabili ai dipendenti, da un lato, attiene all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni (ex artt. 2047 e 2048 c.c.); dall'altro, all'omissione rispetto agli obblighi di organizzazione, di controllo e custodia (ex artt. 2043 e 2051 c.c.). In entrambi i casi, la sussistenza della responsabilità civile dell'amministrazione scolastica consegue, ex art. 28 della Costituzione, a quella dei propri dipendenti, tenuti agli obblighi suddetti in relazione ai propri doveri d'ufficio specifici.
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    La responsabilità della struttura scolastica

    La domanda e l'accoglimento di iscrizione alla frequentazione di una scuola "fondano un vincolo giuridico tra l'allievo e l'istituto, da cui scaturisce, a carico dei dipendenti di questo, appartenenti all'apparato organizzativo dello Stato, accanto all'obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull'incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni, e da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare, senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell'allievo" (Cass. n. 11751/2013).

    L'istituto scolastico è tenuto, dunque, ad osservare nei confronti degli allievi obblighi di vigilanza e controllo con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, dovendo adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, "secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione (anche) alla sua capacità tecnico-organizzativa", sulla base di un giudizio relazionale di valore, da valutare in ragione del caso concreto: si tratta, in altri termini di un "contratto di protezione", secondo il quale, tra gli interessi da realizzarsi da parte della scuola rientra quello all'integrità fisica dell'allievo (Cass. SS.UU. n. 577/2008; Cass. n. 18805/2009).

    Ne deriva che, in caso di danni da lesioni conseguenti a sinistri avvenuti nei locali (e nelle pertinenze scolastiche), è il danneggiato a dover provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sull'istituto incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa a sé non imputabile, nonché di avere adottato in relazione alle condizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno e che, ciononostante, il danno si sia comunque verificato per una causa non prevedibile né superabile con la diligenza normale adeguata alle circostanze concrete (Cass. n. 4632/1997; n. 24997/2008).

    Il dovere di provvedere alla sorveglianza degli alunni dell'istituto di istruzione si estende a tutto il tempo in cui gli stessi gli sono stati affidati per fruire "della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni", e pertanto, sin dal momento in cui "con l'apertura dei cancelli" risulta "consentito l'ingresso e la permanenza degli alunni all'interno della scuola (o della pertinenza scolastica messa a disposizione dalla scuola) e sino al subentro, almeno potenziale dei genitori, o di persona da costoro incaricata. Tale dovere permane per tutta la durata del sevizio scolastico, che non può essere interrotto per l'assenza di un insegnante, non costituendo ciò un fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile (Cass. n. 3074/1999).

    Le responsabilità civilistiche connesse all'obbligo di vigilanza sugli alunni (ex artt. 2047 e 2048 c.c.), vanno integrate con il dettato di cui all'art. 61 della l. n. 312/1980, secondo il quale "la responsabilità patrimoniale del personale (direttivo), docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare ed artistica dello Stato e delle Istituzioni educative statali, per danni arrecati direttamente all'Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni, è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi. La limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l'Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salva rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l'Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi".

    Le responsabilità desumibili dal quadro normativo descritto sussistono nell'ipotesi che autore del fatto sia un soggetto capace ovvero privo di capacità di intendere e di volere; nonché nell'ipotesi di atti dannosi compiuti dagli alunni verso sé stessi o nei confronti di terzi.

    L'obbligo di vigilanza grava, pertanto, sul personale docente e nei limiti fissati dalle specifiche norme contrattuali (ex art. 36, comma 2, lett. d) CCNL 1999), anche sul personale ATA.

    Gli obblighi organizzativi di controllo e di custodia fanno capo, invece, al dirigente scolastico, tra i cui specifici doveri (ex art. 25 d. lgs. n. 165/2001) non rientrano quelli di vigilanza sugli alunni, bensì quelli organizzativi, di amministrazione e di controllo sull'attività degli operatori scolastici. Pertanto, il dirigente scolastico è tenuto a garantire la sicurezza della scuola, attraverso l'eliminazione di qualsiasi fonte di rischio, adottando tutti i provvedimenti organizzativi di sua competenza o, se necessario, sollecitando l'intervento di coloro sui quali tali provvedimenti incombano, potendo rispondere di responsabilità ex art. 2043 c.c. nei casi in cui il danno risulti dipendente da carenze organizzative a lui imputabili, ovvero, ex art. 2051 c.c., ove non abbia sufficientemente custodito cose ed attrezzature a lui affidate che possano procurare danno sia al personale, che agli alunni e ai terzi che frequentano, a vario titolo, i locali scolastici.

    La violazione delle norme di diritto comune e contrattuali evidenziate espone l'istituto scolastico ad una responsabilità diretta. Tuttavia, considerato il rapporto di immedesimazione organica tra amministrazione e dipendenti, la prima viene chiamata al risarcimento, salva l'azione di regresso ove sia accertato il dolo o la colpa grave di chi abbia direttamente provocato l'evento dannoso (Cass. n. 9742/1997).
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    La responsabilità dell'insegnante nei confronti degli alunni

    L'art. 39 del r.d. n. 965/1924 (abrogato dall' art. 24 del d.l. n.112/2008 e, successivamente, ripristinato a norma dell' art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 200/2008), al secondo comma, pretende che "i professori devono trovarsi nell'istituto almeno cinque minuti prima che cominci la propria lezione" e "assistere all'ingresso e all'uscita dei propri alunni", mentre l'art. 2048 c.c., in materia di responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte, stabilisce, al secondo comma, che "i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza", e al terzo comma che essi sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

    L'art. 61 della l. n. 312/1980, che ha superato l'esame di incostituzionalità, attraverso la sentenza n. 64/1992, invece, afferma che "la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all'Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi. La limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l'Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l'Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi".

    L'art. 39 su riportato, che trova conferma anche nell'art. 350 del r.d. n. 1297/1928, è speculare rispetto all'obbligo di vigilanza, il cui inadempimento comporta una responsabilità a carico degli insegnanti, per culpa in vigilando, per come risulta dal suddetto art. 2048 c.c., ai quali, però, si surroga, nella responsabilità civile, l'amministrazione in forza dell'art. 61 della l. n. 312/80, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave.

    La surroga dell'amministrazione configura una culpa in eligendo, ossia la colpa per aver scelto l'insegnante al quale ha affidato l'attività, dal cui espletamento derivano danni risarcibili, direttamente derivante dall'art. 28 Cost. e dalla normativa di cui agli artt. 18, 22 e 23 del d.p.r. n. 3/1957 riferito agli impiegati civili dello Stato.

    Occorre, però distinguere la responsabilità per danni provocati dall'alunno da quella per danni provocati all'alunno.
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    La responsabilità per danni provocati all'alunno

    In quest'ultimo caso, la responsabilità è considerata di natura contrattuale, poiché la domanda ed il conseguente accoglimento di iscrizione a frequentare una scuola instaura un vincolo giuridico tra l'allievo e l'istituto, dal quale deriva, a carico dei dipendenti dell'istituto un obbligo accessorio, di proteggere e vigilare sull'incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio che per fatto di terzi (Cass. n. 22752/2013; n. 1769/2012; n. 3680/2011).

    Gli insegnanti, quindi, sono soggetti alle prescrizioni dell'art. 1218 c.c., il quale stabilisce che "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile".

    È, pertanto, evidente che, ai fini risarcitori, l'alunno deve solo provare di aver subito il danno durante l'orario in cui avrebbe dovuto trovarsi nei locali della scuola, essendo presunta la responsabilità degli insegnanti, mentre costoro per essere esonerati da responsabilità, devono dimostrare che il danno si è realizzato nonostante le cautele e la vigilanza adottate.

    L'insegnante risponde, quindi, per omissione del dovere di vigilanza quale fatto proprio, derivante dal rapporto che intercorre tra l'allievo e l'istituto scolastico e, quindi, da un contratto di protezione che trova la sua fonte nel contatto sociale.

    Non è, però, mancata giurisprudenza che ha inquadrato la responsabilità degli insegnanti per danni provocati all'alunno come responsabilità riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 2043 c.c., per cui l'onere della prova del verificarsi del fatto illecito del danno e della responsabilità grava interamente sul richiedente.
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    La responsabilità per danni provocati dall'alunno

    L'obbligo di vigilanza degli insegnanti e, pertanto, la responsabilità degli stessi, con la sentenza n. 260/1972, viene esteso anche ai danni provocati dall'alunno su stesso, in applicazione dell'art. 350 del r.d. n. 1297/1928, ancorché non è concretamente individuato l'impiegato cui sia imputabile, ex art. 2048 c.c., l'omissione di vigilanza (Cass. n. 260/1972).

    Con la sentenza n. 7454/1997, emessa dalle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, l'estensione della responsabilità degli insegnanti ai danni provocati dall'alunno su se stesso ha trovato pieno riconoscimento, in quanto espressione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, tant'è che l'insegnante, se deve rispondere dei danni provocati da un alunno ad altro alunno, non potrebbe non rispondere dei danni provocati dall'alunno su se stesso, derivando entrambe le responsabilità dal medesimo obbligo di vigilanza.

    Con la successiva sentenza n. 9346/2002 delle sezioni unite, la presunzione di responsabilità ex art. 2048 c.c., deve ritenersi operante solo nel caso di danno cagionato dal fatto illecito dell'allievo a terzi e non anche nel caso in cui l'allievo abbia cagionato il danno a se stesso.

    La responsabilità dell'insegnante per il fatto illecito dell'alunno è, invece, riconducibile, alternativamente, all'art. 2047 c.c. e all'art. 2048 c.c.: al primo, in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza, al secondo, in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione o di vigilanza (Cass. n. 2606/1997).

    Secondo la giurisprudenza, l'art. 2048 c.c. sarebbe una norma residuale applicabile laddove la fattispecie non rientri sotto la disciplina dell'art. 2047 c.c. (Cass. n. 2291/1964) e non potrebbe applicarsi nel caso di danni che l'allievo provochi a se stesso (Cass. n. 2485/58; n. 5268/95).

    La responsabilità dell'insegnante è presunta e derivante dal negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza, per cui l'insegnante stesso (e, pertanto, l'amministrazione dalla quale dipende), risponde per colpa propria e per fatto altrui, che può essere superata con la prova che ha esercitato la vigilanza mediante l'adozione di tutte le misure necessarie ed adeguate, in relazione all'età ed al grado di maturazione degli allievi affidati, dirette ad impedire il fatto (Cass. n. 318/1990; n. 6331/1998).

    L'insegnante risponde, in presenza di attività pericolose (ex art. 2050 c.c.), ovvero per quelle attività che, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati, comportano la rilevante possibilità del verificarsi di un danno per la loro spiccata potenzialità offensiva (Cass. n. 15288/2002; n. 7521/1990).

    In ogni caso, l'obbligo di vigilanza permane per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, ossia per il tempo stabilito dall'art. 39 del r.d. n. 965/1924 e dal richiamato art. 350 r.d. n. 1297/1028, dall'ingresso degli stessi nei locali della scuola, fino all'orario di uscita (Cass. n. 5424/1986), compreso il periodo dedicato alla ricreazione (Cass. n. 2590/1972; n. 2342/1977). Tale obbligo si estende anche ai danni subiti e provocati dagli alunni in itinere, quando il servizio trasporto è a carico della scuola (Cass. n. 13125/1997), ovvero ai danni subiti fuori dai locali della scuola stessa, quando gli alunni vengono fatti uscire prima dell'orario scolastico (Cass. n. 3074/1999).
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    La responsabilità nei confronti degli alunni maggiorenni

    È ovvio che la responsabilità è graduata. Il compimento della maggiore età, per come stabilito dalla giurisprudenza, attenua i doveri di vigilanza degli insegnanti sugli alunni, poiché "in tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell'insegnante va commisurato all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto" (Cass. n. 12424/1998).

    Con la sentenza n. 6937/1993, la Cassazione ha spiegato, infatti, che "in tema di responsabilità civile degli insegnanti per i danni cagionati da fatti illeciti di loro allievi, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall'art. 2048 c.c. non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l'esercizio in modo inversamente proporzionale all'età ed al normale grado di maturazione degli alunni, di modo che, con l'avvicinamento di costoro all'età del pieno discernimento, l'espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purchè non manchino le necessarie misure organizzative idonee ad evitare il danno".

    Se l'affidamento di un minore, da parte dei genitori all'istituzione scolastica, comporta per quest'ultima e per chi agisce su suo incarico, il dovere di vigilare con la dovuta diligenza e l'attenzione richiesta dall'età e dallo sviluppo psico-fisico dello stesso, in modo che questi "non venga a trovarsi in situazione di pericolo con conseguente possibile pregiudizio per la sua incolumità dal momento iniziale dell'affidamento fino a quando ad esso non si sostituisca quello effettivo o potenziale dei genitori" (Cass. n. 1623/1994; n. 5424/1986; n. 13125/1997), rimane fermo, comunque, che la maggiore età non preclude gli obblighi che scaturiscono dal vincolo giuridico che sorge tra l'alunno e l'istituto che lo ospita (Cass. n. 11751/2013).
     
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