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    Personale ATA: il periodo di prova




    di Giovanni Calandrino


    Il manuale sul periodo di prova ATA e le novità previste dal nuovo CCNL/2018.

    L’art. 30 della nuova Ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola sottoscritto il 9 di febbraio 2018, riconferma che il personale ATA assunto in servizio a tempo indeterminato è soggetto ad un periodo di prova la cui durata è stabilita come segue:

    a. due mesi per i dipendenti inquadrati nelle aree A e A super (Collaboratore Scolastico e Collaboratore scolastico addetto all’azienda agraria, Collaboratore Scolastico addetto ai servizi);
    b. quattro mesi per i restanti profili (Assistente Amministrativo, Assistente Tecnico, Guardarobiere, Cuoco, Infermiere e DSGA).

    Sono esonerati dal periodo di prova, con il consenso dell’interessato, i dipendenti che lo abbiano già superato nel medesimo profilo professionale oppure in corrispondente profilo di altra amministrazione pubblica, anche di diverso comparto.

    Ai fini del compimento del suddetto periodo di prova si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato.

    È risaputo che il periodo di prova inizia con il primo giorno dell’anno scolastico, il primo settembre, oppure, nel caso di assunzione del servizio successivamente, dal giorno di effettiva presa del servizio. E’ servizio valido a tutti gli effetti, sia giuridici che economici, quale effettivo servizio a tempo indeterminato. Quindi è utile al computo delle ferie e dell’anzianità.

    Sono conteggiati ai fini del superamento del periodo di prova:

    a. le domeniche ed i giorni festivi;
    b. i periodi di chiusura della scuola derivanti da ragioni di pubblica utilità (es. seggio elettorale);
    c. i periodi di chiusura della scuola disposti per ragioni sanitarie (es. profilassi);
    d. le giornate in cui il dipendente frequenta corsi di formazione e/o aggiornamento indetti dall’amministrazione scolastica;
    e. il periodo trascorso in mandato parlamentare;
    f. le giornate fruite a titolo di riposo compensativo;
    g. le giornate di chiusura prefestiva ed i permessi se il dipendente effettua il recupero del servizio non prestato entro il compimento del periodo di prova;
    h. il giorno libero per i dipendenti che fruiscono dell’orario di lavoro su cinque giorni, poiché hanno comunque assolto l’obbligo settimanale del servizio con i rientri pomeridiani.
    Il periodo di prova è sospeso in caso di assenza per malattia (sono soggette allo stesso trattamento economico previsto per i dipendenti non in prova) e negli altri casi di assenza previsti dalla legge o dal CCNL:
    a. i permessi retribuiti;
    b. i periodi di aspettativa per motivi di famiglia, di studio e ricerca;
    c. i periodi di aspettativa per coniuge all’estero;
    d. i periodi di aspettativa e/o i permessi per mandato amministrativo presso gli enti locali;
    e. gli esoneri dal servizio per motivi sindacali;
    f. i congedi parentali (ex astensione facoltativa per maternità);
    g. le ferie;
    h. le giornate di festività soppresse previste dalla lettera a) art.1 legge 23.12.1977, n.937, la ricorrenza del Santo Patrono se ricadente in giornata lavorativa in quanto assimilati alle ferie (cfr D.P.R.23-08- 1988, n. 395);
    i. eventuali periodi di sospensione cautelare o disciplinare dal servizio.

    In caso di malattia il dipendente ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di sei mesi, decorso il quale il rapporto può essere risolto. In caso di infortunio sul lavoro o malattia derivante da causa di servizio si applica l’art. 20 (infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio) del CCNL del 29/11/2007.

    Decorsa la metà del periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in qualsiasi momento senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso, fatti salvi i casi di sospensione previsti dal comma 4 (malattia e negli altri casi di assenza previsti dalla legge o dal CCNL). Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte. Il recesso dell’amministrazione deve essere motivato.

    Decorso il periodo di prova senza che il rapporto di lavoro sia stato risolto, il dipendente si intende confermato in servizio con il riconoscimento dell’anzianità dal giorno dell’assunzione.

    In caso di recesso, la retribuzione è corrisposta fino all’ultimo giorno di effettivo servizio compresi i ratei della tredicesima mensilità ove maturati. Nel nuovo comma è stato omesso “spetta altresì al dipendente la retribuzione corrispondente alle giornate di ferie maturate e non godute”.

    Il periodo di prova può essere rinnovato o prorogato alla scadenza per una sola volta (nel vecchio contratto non era specificato il numero di volte di rinnovo/proroghe).

    Il dipendente a tempo indeterminato, vincitore di concorso, durante il periodo di prova, ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione, presso l’amministrazione di provenienza per un arco temporale pari alla durata del periodo di prova formalmente prevista dalle disposizioni contrattuali applicate nell’amministrazione di destinazione. In caso di mancato superamento della prova o per recesso di una delle parti, il dipendente stesso rientra, a domanda, nella area o categoria e profilo professionale di provenienza. Tale disciplina non è applicabile al dipendente a tempo indeterminato, vincitore di concorso, che non abbia ancora superato il periodo di prova nell’amministrazione di appartenenza.

    Nel nuovo art. 30 CCNL/2018 vengono tralasciati 2 commi previsti dall’art. 45 CCNL/2007:

    il comma 11 (Durante il periodo di prova, l’interessato è utilizzato nelle attività relative al suo profilo professionale);
    il comma 12 (La conferma del contratto a tempo indeterminato per superamento del periodo di prova è di competenza del dirigente scolastico, come previsto dall’art.14 del DPR 08.03.99, n.275).
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    Ferie e Festività, personale ATA: Criteri di maturazione in base all’anzianità di servizio. Sospensione per motivi di servizio o di salute, Monetizzazione. Scheda




    A cura di Paolo Pizzo e Giovanni Calandrino una guida su Ferie e Festività Soppresse del personale ATA, sia di ruolo che supplente, sia full-time che part-time.

    Criteri di maturazione in base all’anzianità di servizio. Sospensione delle ferie per motivi di servizio o di salute e molto altro.

    Luglio e agosto – le ferie sono un diritto irrinunciabile

    Nel mese di luglio – agosto, a differenza del personale docente che non è obbligato ad una presenza a scuola (a meno che non ci siano degli impegni come esami ecc.), il personale ATA deve rimanere comunque in servizio previa richiesta e successiva autorizzazione delle ferie da parte del DS.

    Le ferie, come stabilisce l’art. 13 del CCNL/2007, costituiscono un diritto irrinunciabile e devono essere fruite durante l’anno scolastico, compatibilmente con le esigenze di servizio e tenuto conto delle richieste di ogni singolo dipendente.

    Devono essere richieste al Dirigente Scolastico, secondo le modalità e i termini stabiliti dalla contrattazione d’istituto.

    È possibile fruire almeno 15 giorni consecutivi nel periodo tra il 1° Luglio e il 31 Agosto. La rimanente durata può essere fruita nel corso dell’anno scolastico, compatibilmente con le esigenze di servizio.

    Le ferie non godute per malattia, esigenze di servizio o motivi personali possono essere fruite entro il mese di aprile dell’A.S. successivo.

    ATTENZIONE: qualora anche nell’anno scolastico successivo non dovesse risultare possibile il “recupero” delle ferie non godute per cause non imputabili al dipendente (es. grave patologia, malattia ecc.), le stesse potranno essere fruite anche al di là dei limiti stabiliti (quindi in questi casi è possibile rimandarne la fruizione anche per più anni).

    Numero di ferie spettanti – periodo maturato ogni anno scolastico (dal 1° settembre al 31 agosto):

    Personale con un’anzianità di servizio inferiore ai tre anni: 30 giorni di ferie;
    Dopo i tre anni di servizio, comunque prestati (sono compresi gli anni di servizio anche a tempo determinato): 32 giorni di ferie;
    Il periodo di ferie maturato è in proporzione dei dodicesimi di servizio prestato, le frazioni superiori ai 15 giorni sono considerate come mese intero.

    Calcolo ferie – personale a tempo determinato

    Le ferie del personale assunto a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato.

    Pertanto è indispensabile effettuare la proporzione: 360 : 30/32 = n° dei giorni di servizio : x

    Se per esempio il personale ha prestato 82 giorni di supplenza, ha diritto a 7 giorni di ferie (x = 30 per 82 diviso 360).

    Personale in servizio 5 giorni la settimana – nessuna riduzione di ferie

    All’art. 13 comma 5 del CCNL/2007 è specificato che nel caso in cui il POF d’istituto preveda la settimana articolata su cinque giorni di lavoro il sesto è considerato lavorativo ai fini del computo delle ferie. In questo modo, è irrilevante per il calcolo delle ferie che la settimana lavorativa di 36 ore sia articolata su cinque o sei giorni.

    Ferma rimanendo la regola che se il personale ATA è stato assunto da meno di 3 anni ha diritto a 30 giorni di ferie all’anno, che diventano 32, dopo tre anni di contratto.

    Non interrompono le ferie

    Le assenze per malattia o quelle parzialmente retribuite (es. congedo parentale al 30%).
    Tutte le assenze tipiche come permessi retribuiti per concorsi ed esami, per lutto, ecc.

    Invece, in caso per esempio di aspettativa senza assegni le ferie saranno ridotte in misura proporzionale alla durata dell’assenza, in quanto essa determina una sospensione del rapporto di lavoro.

    Interruzione delle ferie per motivi di servizio

    Le ferie possono essere interrotte per esigenze di servizio.

    ATTENZIONE. In questo caso il dipendente ha diritto:

    al rimborso delle spese documentate per il rientro in sede e per il ritorno al luogo di svolgimento delle ferie;
    all’indennità di missione per la durata dei due viaggi;
    al rimborso delle spese sostenute per il periodo di ferie non godute.

    Interruzione delle ferie per motivi di salute

    Le ferie possono essere interrotte se:

    interviene una malattia di durata superiore a 3 giorni;
    a seguito di ricovero ospedaliero.

    In entrambi i casi si dovrà tempestivamente informare la scuola e comunicare l’indirizzo dove si può essere reperiti.

    Per la documentazione della malattia si segue l’iter della “normale” malattia.

    Personale Part-time

    Se si tratta di part time orizzontale: si ha diritto al medesimo numero di giorni di ferie spettanti nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo pieno.
    Se si tratta di part time verticale: si ha diritto ad un numero di giorni di ferie proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno.

    È quindi utile chiarire che solo nel caso di part time verticale il calcolo dei giorni di ferie deve tenere conto del numero dei giorni lavorativi (non delle ore settimanali).

    Esempio

    n. gg. di lavoro settimanali: 6 gg. = x gg. : 32 gg. o 30 (a seconda se con un’anzianità di servizio superiore/non superiore ad anni 3).

    Il caso più comune è il personale con un part time verticale di 3 gg. settimanali con anzianità superiore a 3 anni di servizio: 3 : 6 = x : 32 ovvero x = 16 gg. di ferie.

    Festività Soppresse:

    Nell’arco dell’anno scolastico le festività soppresse (art. 14 CCNL/2007) in tutto sono quattro. Se ne maturano una ogni tre mesi di servizio.

    ATTENZIONE: non sono cumulabili, quindi bisogna fruirle esclusivamente durante l’anno scolastico in corso.

    La monetizzazione delle ferie e delle festività

    In base alle circolari applicative di quanto stabilito dall’art. 5, comma 8, del D.L. 95 convertito nella legge 135 del 2012 (MEF-Dip. Ragioneria Generale dello Stato prot. 77389 del 14/09/2012 e prot. 94806 del 9/11/2012- Dip. Funzione Pubblica prot. 32937 del 6/08/2012 e prot. 40033 dell’ 8/10/2012), all’atto della cessazione del servizio le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta, congedo obbligatorio per maternità o paternità.

    Pertanto, per esempio, ove la malattia abbia impedito il godimento delle ferie, le stesse saranno liquidate al momento della quiescenza.
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    Permessi legge 104/92: per il part-time verticale non devono essere riproporzionati


    Di
    Lara La Gatta -
    23/02/2018


    L’art. 33 L. n. 104/1992 riconosce al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.

    Nel caso in cui il dipendente in questione abbia un contratto di lavoro di part-time verticale, tali permessi debbono essere riproporzionati?

    Di questa situazione si è recentemente occupata la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4069 del 20/02/2018, confermando l’orientamento già espresso con la precedente sentenza n. 22925/2017.
    In mezzo alla notizia

    La Suprema Corte ha ricordato che l’art. 4 del d.lgs. n. 61/2000 (Testo unico sul part-time), dopo aver sancito al primo comma il principio di non discriminazione in base al quale il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a pieno, elenca alla lettera a) “i diritti” del lavoratore a tempo parziale e “in particolare” stabilisce che deve beneficiare della medesima retribuzione oraria, del medesimo periodo di prova e di ferie annuali, della medesima durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità, del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia, dei diritti sindacali, compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

    L’art. 4 citato alla lettera b) stabilisce che “il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa” in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l’importo della retribuzione feriale; l’importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità.

    Dunque, la lettera a) individua, dunque, “i diritti” del lavoratore con orario part-time, mentre la successiva lettera b) esamina “i trattamenti” economici. Questi ultimi possono essere riproporzionati.

    Il legislatore, in dichiarata attuazione del principio di non discriminazione, ha inteso distinguere fra quegli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa, istituti rispetto ai quali è stato ammesso il riproporzionamento del trattamento del lavoratore, ed istituti riconducibili ad un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa.

    In assenza di specifica disciplina (né la lettera a) né la lettera b) di cui sopra menzionano i permessi in esame), è quindi necessario ricercare, tra le possibili opzioni offerte dal dato normativo, quella maggiormente aderente al rilievo degli interessi in gioco ed alla sottese esigenze di effettività di tutela, in coerenza con le indicazioni comunitarie.

    In conclusione, tenuto conto delle finalità dell’istituto disciplinato dall’art. 33 della L. n. 104/1992, attinenti a diritti fondamentali dell’individuo, la Cassazione ha concluso che il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno.
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    Pensioni in cumulo, il rinvio indecente dell'Inps e delle Casse



    21/03/2018 09:00 CET | Aggiornato 6 ore fa
    ANSA

    È davvero incredibile quello che sta accadendo sul cumulo gratuito dei contributi pensionistici versati a diverse gestioni previdenziali. Il cumulo è legge dal primo gennaio 2017 ma a tutt'oggi, dopo 15 mesi dall'entrata in vigore, non una sola pensione in cumulo è stata ancora pagata.

    Dopo un lungo tira e molla al ribasso tra l'Inps, l'Inpgi dei giornalisti e le Casse autonome dei professionisti, durato più di un anno e volto a limitare i diritti dei lavoratori e a sterilizzare al massimo gli effetti della legge sui conti degli istituti di previdenza, pareva che, almeno, fosse stato raggiunto tra le parti l'accordo per cominciare finalmente a erogare gli assegni.

    Invece tutto è tornato in alto mare. E sapete per cosa? Per il costo una tantum di 65,04 euro per la gestione di ciascuna pratica, che l'Inps pretende venga ripartito tra tutti gli Istituti e che le Casse autonome vorrebbero invece a totale carico dell'Inps.

    Un gioco indecente sulla pelle dei pensionandi, soprattutto di chi ha perso il lavoro e si trova da tempo senza stipendio e senza pensione: probabilmente le stesse novemila e passa persone che finora hanno presentato domanda di pensione in cumulo (4.781 per il pensionamento di vecchiaia e 4.457 per la pensione anticipata) e buona parte dei 70mila over 60 sui 700mila lavoratori che si stima abbiano contributi versati a diversi enti, che sono quindi potenzialmente interessati al cumulo ma che per l'incertezza e le limitazioni interpretative sull'applicazione della norma non hanno ancora fatto la domanda.

    In pratica un esercito di nuovi esodati che hanno sperato in quella legge di sacrosanta equità e giustizia che ora rischia di diventare meno conveniente di altri percorsi di accesso alla pensione, come per esempio la totalizzazione o l'Ape volontario (anticipo pensionistico a pagamento, con mutuo).

    Inserito nella legge di Bilancio 2017 grazie a un emendamento presentato dall'onorevole altoatesina Maria Luisa Gnecchi, braccio destro di Cesare Damiano in Commissione lavoro, non ricandidata alle ultime elezioni per fare posto a Maria Elena Boschi, e grazie anche alla iniziativa del sottoscritto e della collega Daniela Binello, che coinvolsero alcuni parlamentari (gli stessi Gnecchi e Damiano, Sandra Zampa, Giorgio Pagliari), la Fnsi le Associazioni Stampa di Roma e dell'Emilia-Romagna per sollecitare la possibilità di cumulare gratuitamente i contributi previdenziali di chi stava maturando o aveva già maturato i requisiti per la pensione senza dover più subire il vergognoso ricatto della "ricongiunzione onerosa" che a tutt'oggi costringe ancora migliaia di lavoratori che hanno versato i contributi a gestioni diverse o separate (per esempio a Inpgi 1 e Inpgi 2) a doverli ripagare a peso d'oro.

    Una volta diventato legge, Inps e Casse autonome fecero buon viso a cattivo gioco per non concedere il cumulo a tutti coloro che ne avrebbero virtualmente avuto diritto. Troppo ghiotto il bottino delle "ricongiunzioni onerose" per potervi rinunciare.

    Troppe le pensioni da pagare in anticipo sui tempi previsti dall'Inps e dalle Casse autonome, anche se con il meccanismo del pro-rata, con ciascun ente che eroga il pezzo di pensione maturata dal lavoratore, e con assegni più "leggeri".

    Tanto che l'lnps emise una circolare, avallata dal governo, che concedeva la pensione in cumulo soltanto con i criteri della Legge Fornero o peggiorativi (66,7 anni per la pensione di vecchiaia, 42 anni e 10 mesi per l'anzianità contributiva) e non con quelli migliorativi previsti dai regolamenti delle diverse Casse autonome (per esempio i 38 anni di contributi con 62 di età che fino al 2017 bastavano ai giornalisti per poter andare in pensione anticipata, con qualche penalità).

    Nonostante tutto questo le pensioni in cumulo sono ancora un miraggio. Dopo una istruttoria infinita, il 20 febbraio scorso Inps e Adepp (l'Associazione delle Casse autonome) presentarono in pompa magna l'accordo raggiunto sulla convenzione che doveva consentire l'erogazione degli assegni già a partire dall'inizio di marzo.

    Ma ecco che spunta il nuovo casus belli di chi deve pagare i 65,04 euro costi di gestione delle singole pratiche per rinviare ancora. Un costo complessivo stimato di appena 500mila euro per fermare, di nuovo, la partenza del cumulo.
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    Sciopero 23 marzo, Anief: riapertura GaE, stabilizzazione precari, incremento organici … I motivi della protesta




    comunicato Anief – Cresce l’interesse per lo sciopero della scuola, proclamato dall’Anief e a cui hanno aderito diversi altri sindacati, in programma venerdì prossimo nel giorno dell’insediamento delle Camere con contestuale manifestazione nazionale a Roma: il raduno dei partecipanti, docenti e Ata di ruolo e precari provenienti da tutta Italia, è previsto a partire dalle ore 9.00 in piazzale Ostiense, da dove il corteo si muoverà – al raggiungimento di almeno 2 mila partecipanti – per arrivare al Ministero dell’Istruzione, in Viale Trastevere. Nella stessa giornata, sono previsti incontri con i nuovi parlamentari eletti e i vari responsabili Scuola di partito.

    “La partecipazione alla manifestazione e il rispetto del percorso indicato – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, rivolgendosi al personale della scuola – saranno fondamentali per poter convincere il nuovo Parlamento, nella giornata di avvio della diciottesima legislatura, a riaprire le GaE a tutto il personale docente abilitato per la terza volta, come già avvenuto nelle sedicesima legislatura, grazie sempre alle mobilitazioni e agli emendamenti presentati da Anief”.

    Sempre il presidente Marcello Pacifico lancia “un appello alle 50 mila maestre con diploma magistrale inserite nelle Graduatorie ad esaurimento, parte delle quali già immesse in ruolo con riserva, agli abiliti TFA, PAS, agli Insegnanti Tecnico Pratici e abilitati all’estero, perché aderiscano alla nostra protesta: sono tutti docenti coinvolti nello sbarramento delle GaE, perché la partecipazione alla nuova fase transitoria del reclutamento, prevista dalla riforma contenuta nella Legge 107 del 2015 non risolve il problema del precariato. Basta con gli indugi: bisogna ripartire dal passaggio di tutti i posti oggi in organico di fatto in quello di diritto, oltre che dallo scorrimento del doppio canale delle Graduatorie di merito e a Esaurimento, da cui non può essere più escluso il personale abilitato”.

    Questi, in sintesi, i motivi dello sciopero Anief del 23 marzo con manifestazione a Roma: riapertura urgente delle GaE a tutti i docenti abilitati all’insegnamento, come già avvenuto nel 2008 (Legge 169) e nel 2012 (Legge 14), attraverso l’accoglimento della soluzione legislativa proposta dall’Anief; la stabilizzazione di tutto il personale e il risarcimento per l’abuso dei contratti a termine; l’adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto, inclusi i posti in deroga per sbloccare assunzioni e trasferimenti; l’allineamento degli stipendi all’inflazione, con il recupero dell’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale; la parità di trattamento tra personale assunto a tempo determinato e personale assunto a tempo indeterminato, come indicato dalle pronunce della Suprema Corte di Cassazione; il riconoscimento del ruolo svolto dai facenti funzione Dsga e dei vicari dei dirigenti scolastici, dei nuovi profili del personale Ata e collaboratori scolastici, nonché dei servizi prestati in altro ruolo; una finestra a 61 anni per i pensionamenti di tutto il personale scolastico, allineando così l’Italia al trattamento adottato in diversi Paesi dell’Unione Europea.

    La locandina che riassume le ragioni dello sciopero Anief del 23 marzo con manifestazione a Roma

    20 marzo 2018

    Ufficio Stampa Anief
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    Concorso 2016, Bruschi: vincitori mantengono diritto al ruolo anche dopo scadenza graduatoria




    L’Ispettore del Miur, Max Bruschi, è intervenuto con un post su FB sulla procedura concorsuale riservata ai docenti abilitati e/o specializzati, anche di ruolo, della scuola secondaria di primo e secondo grado.

    L’ispettore ha affrontato un aspetto specifico, ossia la partecipazione alla procedura da parte dei vincitori del concorso 2016 in relazione al rischio di non essere assunti dalle predette GM per mancanza di posti disponibili.

    ASSUNZIONE VINCITORI CONCORSO 2016

    Il problema, affrontato da Bruschi, riguarda il fatto che tanti vincitori di concorso, soprattutto al Sud, non sono stati ancora assunti e, considerata la vigenza triennale delle graduatorie di merito, il timore che le stesse decadano prima dell’assunzione di tutti gli aventi diritto.

    L’ispettore afferma che le norme e la giurisprudenza in merito sono chiare: sussiste, per i vincitori, un diritto all’assunzione che va oltre la decadenza delle GM. Tuttavia, il prossimo Parlamento farebbe bene, ma solo per la serenità degli interessati, a presentare uno specifico emendamento. Fermo restando che il diritto soggettivo all’assunzione resterà valido.

    MOTIVO DELLE MANCATE ASSUNZIONI

    Le mancate assunzioni, prosegue Bruschi, sono da attribuire alle procedure ordinarie di mobilità interregionale (e a maggior ragione le mobilità straordinarie, disposte per calmierare la situazione delle assunzioni fuori regione da fase B e C delle assunzioni dalla buona scuola), che rendono impossibile predeterminare con esattezza il contingente di immissioni in ruolo da concorso, e dunque il contingente di vincitori, regione per regione, da assumere nel triennio di normale vigenza.

    TEMPISTICA ASSUNZIONI GM 2016

    Le assunzioni sono sottoposte all’autorizzazione del MEF, ricorda l’Ispettore, e non possono avvenire sui posti dell’organico di fatto.

    Al fine di “velocizzare” lo scorrimento delle GM, Bruschi propone una severa ricognizione di tutti i posti in organico di fatto che hanno una “stabilità” nel passato e presumibilmente (i dati demografici sono disponibili) nel futuro. Posti che andrebbero sull’organico di diritto e, quindi, disponibili per le assunzioni.

    FIT E DECADENZA DALLE GM

    L’ispettore ricorda, infine, che la cancellazione dalle altre graduatorie di inserimento (GaE e GI) avviene all’atto della accettazione dell’incarico a tempo determinato/periodo di formazione e prova FIT, e non all’atto di iscrizione nella GMRA.

    Poi esprime, ancora una volta, un dubbio (giuridico) sulla possibilità che il MIUR disponga, all’atto della nomina, la cancellazione dell’aspirante anche dalle GM concorsuali, perché la dizione del decreto legislativo parla di “cancellazione da tutte le graduatorie di merito”, dizione con la quale il testo individua le GMRA, senza alcuna specificazione rispetto alle GM 2016. Ora, per consuetudine e per chiarezza, di solito le specifiche graduatorie concorsuali, in casi come questi, sono individuate attraverso gli estremi del bando. E’ un dubbio che a mio avviso andrebbe sciolto, in un senso o nell’altro, subito, ma se così non fosse, c’è ancora tempo per dirimere la questione, nel Dm che dovrà regolamentare le immissioni in ruolo.

    L’ispettore, al termine del post, ci tiene a sottolineare che, con il suo intervento, non intende né consigliare né sconsigliare la partecipazione alla procedura concorsuale, ma soltanto fare chiarezza.
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    Concorso docenti abilitati, arriva proroga domanda Istanze on line fino al 26 marzo








    Il Miur ha prolungato i termini per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso a cattedra per i docenti abilitati e/o con specializzazione sostegno.

    Il concorso, indetto con DG del 1° febbraio 2018, potrà interessare circa 100mila docenti, e la domanda si presenta tramite Istanze on line.

    Negli ultimi giorni il sistema ha presentato numerosi malfunzionamenti, tanto da impedire ai docenti la corretta compilazione e in molti casi anche l’accesso al sistema.

    Prima le associazioni dei docenti e poi i sindacati, hanno chiesto la proroga.

    Proroga che il Miur ha concesso, fino alle ore 14 del 26 marzo 2018.
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    Stress lavorativo e burnout per il personale scolastico: gli impegni nel contratto scuola


    Di
    Fabrizio De Angelis -
    19/03/2018


    L’ipotesi di contratto scuola firmata lo scorso 9 febbraio, sappiamo che è di natura principalmente economica, nel senso che non apporterà novità sostanziali per il personale scolastico. Tuttavia, sull’ultimo numero di Dirigenti News, la Cisl Scuola approfondisce i temi dello stress lavorativo a scuola e i problemi conseguenti di burnout, che sono stati inseriti anche all’interno dell’ipotesi del nuovo contratto.
    Alunni e genitori violenti contro docenti, Ds e ATA

    Lena Gissi, segretario Cisl Scuola, si concentra inizialmente sugli episodi sempre più frequenti di violenza a scuola: “assistiamo ad episodi ricorrenti che vedono come protagonista il personale della scuola, scrive Gissi: episodi in cui i genitori aggrediscono gli insegnanti e i dirigenti scolastici e gli insegnanti picchiano gli allievi. Il tutto accompagnato da una conflittualità che si sposta nelle aule dei tribunali come mai avvenuto prima, in un clima che tende a considerare inefficaci meccanismi deflativi e di negoziazione, che confonde la rappresentanza sindacale con quella legale, le vie di fatto al dialogo, la reazione scomposta ed inammissibile alla professionalità e alla mediazione didattica e relazionale”. Inoltre, “il conflitto e il disagio sembrano attraversare la nostra scuola, un disagio che investe tutti gli attori, che spesso esprime un alto livello di stress e si traduce anche in casi frequenti di burn out”.

    Il segretario Cisl Scuola ricorda che la tutela dello stato di salute dei lavoratori è un obbligo previsto dal Decreto legislativo 81/2008 e che nella Valutazione dei rischi sono compresi quelli dovuti a stress lavoro correlato.
    In mezzo alla notizia
    Il patto educativo di corresponsabilità

    Il sindacato applaude in tal senso la revisione del Patto di Corresponsabilità da parte del Miur, in particolare l’articolo 24 sulla Comunità educante: “informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i principi generali dell’ordinamento italiano”.
    Anche la contrattazione pensa allo stress

    Ed ecco il punto centrale dell’editoriale di Lena Gissi, che spiega come sono anche stati introdotti alcuni elementi specifici sul versante della regolazione dei rapporti di lavoro.
    “La conciliazione dei tempi di vita e lavoro è al centro dell’azione dell’Organismo paritetico per l’innovazione (art.9) mentre nella contrattazione nell’istituzione scolastica saranno esaminati i riflessi che l’informatizzazione produce sulla qualità del lavoro del personale e i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita per il personale ATA, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare”.
    Diritto alla disconnessione

    Ricordiamo a tal proposito anche uno dei punti maggiormente evidenziati dalla nostra testata, ovvero il diritto alla disconnessione, come previsto dall’articolo 22, infatti, “Non si può stare connessi alla rete ventiquattro ore su ventiquattro, a scuola si sono verificati in questi ultimi anni decine di cause per via di mail o messaggi che erano stati spediti ma non erano state letti in tempo utile dagli insegnanti. È per questa ragione che nasce il nuovo contratto: saranno stabilite regole certe e fasce orarie protette in cui i docenti dovranno essere reperibili su indirizzi mail e telefoni”.

    Pertanto, a decidere le fasce orarie in cui il personale potrà essere o non essere contattato saranno i singoli istituti in funzione della loro autonomia, e sulla base degli accordi che saranno trovati collegialmente tra le varie rappresentanze sindacali.

    Dialogo con le rappresentanze sindacali

    Sugli accordi trovati con le rappresentanze sindacali, Gissi si sofferma, evidenziando come le relazioni sindacali con i lavoratori saranno tese proprio alla salvaguardia e tutela dallo stress e dal burnout: “Uno degli oggetti del confronto sarà proprio la “promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo e individuazione delle misure di prevenzione dello stress lavoro- correlato e di fenomeni di burn-out”.

    Ovviamente, lo stesso tema sarà centrale anche per il prossimo contratto scuola, le cui trattative dovrebbero iniziare nei prossimi mesi.


    Cosa bolle in pentola

    Nel contratto l'impegno a ridurre lo stress lavorativo

    Assistiamo ad episodi ricorrenti che vedono come protagonista il personale della scuola: episodi in cui i genitori aggrediscono gli insegnanti e i dirigenti scolastici e gli insegnanti picchiano gli allievi. Il tutto accompagnato da una conflittualità che si sposta nelle aule dei tribunali come mai avvenuto prima, in un clima che tende a considerare inefficaci meccanismi deflativi e di negoziazione, che confonde la rappresentanza sindacale con quella legale, le vie di fatto al dialogo, la reazione scomposta ed inammissibile alla professionalità e alla mediazione didattica e relazionale.
    Il conflitto e il disagio sembrano attraversare la nostra scuola, un disagio che investe tutti gli attori, che spesso esprime un alto livello di stress e si traduce anche in casi frequenti di burn out.
    Sono venti di conflittualità che non investono solo la scuola ma l’intera società. Secondo dati Censis, l’87,3% dei millennials pensa che sia molto difficile l’ascesa sociale, in un Paese “caratterizzato da un lungo ciclo di sviluppo senza espansione economica”, in cui “il futuro è rimasto incollato al presente”, in cui cresce il rancore e proliferano sovrastrutture formali e complicazioni gestionali alle quali la digitalizzazione crescente non sembra porre rimedio, anzi.
    Allora il concetto opposto a quello di burn out - e che diviene un orizzonte - è quello del benessere, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito come uno “stato nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità”. Il benessere è una dimensione dinamica, un processo di regolazione continua, che non può essere lasciato solo alle risorse del singolo ma richiede - soprattutto nella scuola - l’intenzionale costruzione di luoghi in certa misura inattuali, luoghi in cui sia difesa la possibilità di ritrovare significati positivi nell’azione quotidiana, in cui siano possibili alleanze più che antagonismi.
    In un ambiente che si qualifica orientato all’apprendimento, occorre trovare un giusto equilibrio tra l’attenzione alla persona e al compito da realizzare, e nello stesso tempo creare valore pubblico e cittadinanza. La tutela dello stato di salute dei lavoratori è un obbligo previsto dal Decreto legislativo 81/2008; nella Valutazione dei rischi sono compresi quelli dovuti a stress lavoro correlato. Tuttavia siamo convinti che un valido contributo alla prevenzione sia da individuare nel presidio del tessuto culturale che anima l’ambiente scolastico, nella formazione, nell’esistenza di strumenti di interpretazione le cui parole chiave siano accoglienza, trasparenza, condivisione di regole, chiara definizione di responsabilità, valorizzazione e riconoscimento dei contributi che ognuno può apportare.
    La riduzione dei fattori di stress e la creazione di idonee condizioni di lavoro chiama in causa tuttavia una molteplicità di dimensioni personali e sociali e una molteplicità di soggetti e di responsabilità a tutti i livelli, da quello legislativo a quello amministrativo. Sono responsabilità alle quali nessuno può sottrarsi. Se da un lato la Cisl Scuola ha diffidato, con le altre organizzazioni sindacali, i dirigenti degli USR che non provvedono alla valutazione del rischio dello stress lavoro correlato per i dirigenti scolastici, dall’altro ha valutato positivamente l’azione del MIUR per rivedere i Patto educativo di corresponsabilità. Inoltre nella recente ipotesi di contrato collettivo nazionale le parti sociali hanno utilizzato lo strumento peculiare dell’azione sindacale, la contrattazione, per sottolineare la centralità dell’ambiente di lavoro e la specificità della scuola.
    In tal senso è significativo l’aver fortemente voluto l’inserimento dell’art. 24 sulla Comunità educante “informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i principi generali dell’ordinamento italiano”.
    Si tratta di un approccio che intende sostenere una visione diversa da quella divisiva, competitiva e caratterizzata da efficientismo formale. Il dirigente scolastico, immerso nella dimensione della comunità educativa, è punto di riferimento per una leadership che sostiene il senso di efficacia collettiva e la sensazione di tutto il personale scolastico di contribuire al raggiungimento di obiettivi comuni. La costruzione di una leadership distribuita è una delle soluzioni da sostenere per ridurre lo stress lavorativo dei dirigenti scolastici.I sindacati, in assenza di fondi che consentissero un progetto immediato, hanno tuttavia condiviso una dichiarazione congiunta in cui “le parti si impegnano a prevedere una fase istruttoria che consenta di acquisire ed elaborare tutti gli elementi utili ad individuare forme e strumenti di valorizzazione nell’ottica dello sviluppo professionale dei docenti”. Ma sono anche stati introdotti alcuni elementi specifici sul versante della regolazione dei rapporti di lavoro. La conciliazione dei tempi di vita e lavoro è al centro dell’azione dell’Organismo paritetico per l’innovazione (art.9) mentre nella contrattazione nell’istituzione scolastica saranno esaminati i riflessi che l’informatizzazione produce sulla qualità del lavoro del personale e i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita per il personale ATA, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare.
    Tra gli oggetti di contrattazione sono stati inseriti anche i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio (cosiddetto diritto alla disconnessione). Accanto alla contrattazione è stato introdotto il Confronto, ulteriore modalità di partecipazione sindacale: “il confronto è la modalità attraverso la quale si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l'amministrazione intende adottare”. Uno degli oggetti del confronto sarà proprio la “promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo e individuazione delle misure di prevenzione dello stress lavoro- correlato e di fenomeni di burn-out”. Identica attenzione alla prevenzione di fenomeni di stress lavoro correlato e di burn out dovrà evidentemente essere posta nel prossimo rinnovo del contratto delle aree dirigenziali del comparto Istruzione e ricerca. Riteniamo tuttavia che debbano essere richiamate anche responsabilità del Parlamento e dell’Amministrazione. Molto del disagio che i dirigenti vivono deriva dalla insostenibile sovrapposizione di norme e disposizioni, dall’accanimento burocratico e dalla difficoltà a individuare compiti e responsabilità in un’organizzazione del lavoro sempre più disorganica e poco attenta alla specificità della scuola.
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    Documento valutazione rischi di sicurezza: se docenti ed ATA non sono certi, devono sottoscriverlo obbligatoriamente?



    di Natalia Carpanzano


    Il processo di redazione del documento di valutazione dei rischi è un percorso articolato ed è il frutto di una appropriata analisi dei rischi sui luoghi di lavoro, portata avanti dal Dirigente Scolastico in collaborazione con il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione.

    Ma in che misura tale valutazione deve essere condivisa dai docenti e dal personale ATA?

    Il percorso di valutazione dei rischi comporta principalmente un’analisi dei luoghi di lavoro, delle mansioni coinvolte e dei processi lavorativi, e la successive definizione dei rischi a cui i lavoratori presenti sono o potrebbero essere sottoposti.

    Anche in un Istituto Scolastico, cosi come in una qualsiasi azienda, tale analisi viene portata avanti dal Datore di Lavoro (il Dirigente Scolastico) e il RSPP, ma deve essere anche condivisa dal Medico Competente (ove presente) e dal Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).

    Ciò si traduce nella firma del documento di valutazione dei rischi da parte di queste quattro figure, ma in che misura il RLS è obbligato a farlo?

    Il Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, infatti, non è direttamente coinvolto nel processo di valutazione dei rischi ma come chiaramente indicato dall’Art. 50 D.Lgs 81/08, il datore di lavoro deve consultare lo stesso durante il processo di valutazione dei rischi.

    Di fatto ciò significa che durante l’analisi del rischio effettuata dal RSPP, il RLS può contribuire a detta valutazione con informazioni derivanti dalla propria funzione di rappresentanza dei lavoratori, ovvero per esempio raccogliendo dati o riportando episodi di quasi infortuni verificatesi nelle varie sedi dell’Istituto.

    Ma può un RLS rifiutarsi di firmare il DVR qualora non sia d’accordo con quanto ivi descritto?

    Datosi che la firma del DVR comporta esclusivamente la conferma dell’avvenuta consultazione e non implica l’adesione o meno alle decisioni del Dirigente Scolastico, se si ritiene che ci siano state delle incongruenze in merito alla valutazione effettuata, si deve comunque firmare il DVR, ma si può scrivere la dicitura: “per presa visione”.

    Risulta importante, invece, riportare eventuali osservazioni nel verbale di riunione periodica annuale, in modo che sia eventualmente a disposizione degli organi di controllo.
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    Pensioni, Damiano: Possibile una quota 41 per tutti



    Giovedì, 15 Marzo 2018 07:45
    Scritto da redazione


    Il Presidente uscente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, lancia la proposta alle forze politiche uscite vincitrici dalle urne lo scorso 4 marzo.

    La nuova legislatura dovrà proseguire l'opera di correzione della legge Fornero e rimettere in discussione ‘la soglia di uscita dal mercato del lavoro'”. Lo dichiara Cesare Damiano, esponente del Partito democratico alla vigilia dell'insediamento del nuovo parlamento che ha visto uscire sconfitto il PD. “Nel corso della campagna elettorale – spiega – sono state fatte molte promesse di ‘cancellazione’ della legge previdenziale del Governo Monti. Dalle parole adesso si passi ai fatti, come è avvenuto nella passata legislatura (con le 8 salvaguardie, Opzione Donna e l’APE sociale, per citare alcuni esempi), e si completi l’opera iniziata cinque anni fa".

    Per l'ex ministro del Lavoro occorre prima di tutto rendere strutturale l’anticipo pensionistico a 63 anni (che scade alla fine del 2018) e andare oltre le 15 categorie dei lavori pesanti che beneficiano della normativa sui lavori gravosi; risolvere definitivamente il problema degli ‘esodati’ con una nona salvaguardia; proseguire la sperimentazione di Opzione Donna; rendere possibile l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi e indipendentemente dall’età, cancellando gli attuali paletti previsti dall’APE. Un passo avanti importante che almeno in parte coincide con le proposte del M5S e della Lega Nord che hanno fatto una lunga campagna elettorale contro la riforma del 2011. In totale - conclude Damiano - sottratti dalla feroce morsa della ‘riforma’ del Governo Monti circa 250.000 lavoratori con un recupero di 20 miliardi di euro”. “Se questo si è potuto fare nel corso dell’ultima legislatura, altro si potrà fare nella prossima. Da questi risultati dobbiamo ripartire per fare altri passi avanti, senza dover essere intrappolati nella paralizzante tenaglia degli opposti estremismi: tra chi semina l’anacronistico terrore dello squilibrio dei conti previdenziali e chi teorizza la cancellazione di una legge che in parte è già stata cancellata”, conclude l’esponente dem.

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    Statali, Quando viene pagato il TFS per chi va in pensione con il Cumulo



    Sabato, 17 Marzo 2018 18:25
    Scritto da Franco Rossini


    I lavoratori del pubblico impiego che aderiscono al cumulo dei periodi assicurativi dovranno prestare attenzione agli effetti controversi sulla buonuscita.

    Uno dei problemi che più impegna i lavoratori in procinto di raggiungere la pensione riguarda la neonata facoltà di mettere assieme la contribuzione presente in diverse gestioni previdenziali gratuitamente. Tale facoltà, riconosciuta dallo scorso anno con la legge 232/2016, è molto importante in quanto consente di anticipare l'uscita senza dover necessariamente far ricorso alla ricongiunzione onerosa oppure alla totalizzazione nazionale che è gratuita ma prevede il passaggio al sistema di calcolo contributivo.

    Dallo scorso anno il cumulo può essere utilizzato per liquidare alternativamente la pensione di vecchiaia al raggiungimento dell'età anagrafica più elevata tra le gestioni coinvolte nel cumulo (ormai 66 anni e 7 mesi per tutte le gestioni Inps) e del relativo requisito contributivo previsto dall'articolo 24, co. 7 dal citato decreto (cioè 20 anni di contributi), oppure per liquidare la pensione anticipata al perfezionamento dei requisiti contributivi previsti dall'articolo 24, co. 10 del citato decreto (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne).

    Per i lavoratori del pubblico impiego però non sempre la strada del cumulo è quella più vantaggiosa dal punto di vista economico. I dipendenti pubblici, infatti, raggiungono i livelli retributivi più elevati in corrispondenza dell'età di collocamento in pensione ed hanno un sistema di calcolo della pensione particolarmente favorevole per le anzianità collocate temporalmente prima del 1993. Il cui importo viene ancorato alla base pensionabile posseduta al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Pertanto se ci sono anzianità contributive nell'AGO temporalmente collocate prima del 1993 prima dell'assunzione nel pubblico sicuramente va valutata la strada di una ricongiunzione presso la gestione pubblica. Questa operazione è onerosa ma occorre valutare anche il beneficio pensionistico che può arrivare sulla pensione. Infatti in questo modo si possono valorizzare ad un ritmo superiore quelle anzianità che nella gestione privata, con il cumulo, darebbero diritto a ben poco.

    Il cumulo presenta anche un altro svantaggio. I termini per l'erogazione del trattamento di fine servizio o di fine rapporto non inizieranno a decorrere dalla data di cessazione del servizio come accade di regola ma dal raggiungimento teorico della pensione di vecchiaia secondo i requisiti Fornero. L'articolo 1, co. 196 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016, prevede, infatti che il personale delle amministrazioni pubbliche che cessa dal servizio usufruendo di tale facoltà è pagabile non prima di dodici mesi decorrenti dal compimento, da parte dell’interessato, dell’età anagrafica prevista dall’articolo 24, comma 6, del decreto legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011 e non dalla cessazione del rapporto di lavoro da parte dello stesso. In tale fattispecie, pertanto, la prima tranche dell’indennità di fine servizio comunque denominata verrà corrisposta agli aventi diritto non prima dell'età di 67 anni e 7 mesi + 90 GG (al netto dei successivi adeguamenti alla speranza di vita). Resta inteso che la seconda tranche del trattamento di fine servizio (la quota cioè compresa tra i 50 e i 100mila euro) verrà erogata dopo ulteriori 12 mesi dalla prima. E la terza tranche, la quota cioè eccedente i 100mila euro, sarà liquidata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda. Chi esce, quindi, con la pensione anticipata attraverso il cumulo ad un'età anagrafica particolarmente ridotta dovrà mettere in conto uno slittamento non indifferente della buonuscita rispetto ad una ricongiunzione.

    La totalizzazione nazionale, invece, è di regola ancora meno appetibile del cumulo perchè determina il ricalcolo del trattamento pensionistico con il sistema contributivo. Dunque a meno che si esca ad età avanzate (oltre i 65 anni) e si possano vantare retribuzioni elevate all'inizio della carriera lavorativa e più basse ai fini della misura della pensione (l'inverso di quanto accade generalmente) è preferibile il cumulo. Unico vantaggio della totalizzazione è che il lavoratore non dovrà sottostare allo slittamento dei termini di percezione della buonuscita.

    Come si vede la scelta di quale strada seguire è particolarmente complessa e non si presta ad essere univoca per tutti i lavoratori. Ma sicuramente avere un'idea delle principali caratteristiche di questi strumenti è molto importante.

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    Pensioni, L'Ape volontario è cumulabile con l'Ape sociale



    Mercoledì, 14 Marzo 2018 19:05
    Scritto da Franco Rossini


    Le indicazioni contenute nella Circolare 28 dell'Inps. Ammessa la cumulabilità anche con un ammortizzatore sociale come l'indennità contro la disoccupazione.

    Il prestito pensionistico può essere ottenuto anche dai lavoratori che hanno conseguito o conseguiranno l'Ape sociale. Per integrare il reddito ponte gratuito in attesa della pensione. La Circolare Inps numero 28 dello scorso 18 Febbraio 2018 ha aperto ufficialmente alla possibilità di cumulo dei due strumenti confermando quanto già anticipato su PensioniOggi lo scorso anno.

    Con una differenza. Potrà essere finanziata, a differenza di quanto si era detto in passato, non solo la parte eccedente quella erogata tramite il sussidio statale ma l'intero assegno. Come se i due strumenti viaggiassero su binari completamente paralleli. Ad esempio un lavoratore con un assegno lordo di 2.800 euro al mese, cioè circa 2.000 euro al mese nette, che intende anticipare l'uscita di 36 mesi potrà riscuotere in anticipo il 75% di detto importo, cioè 1.500 euro nette mensili. Che si potranno aggiungere, eventualmente, all'Ape sociale di 1.500 euro lorde al mese (circa 1.350 euro nette). Una semplificazione non indifferente per il pensionato.

    Naturalmente il lavoratore per cumulare le prestazioni dovrà risultare in possesso dei requisiti per entrambi gli strumenti. Per l'Ape volontario dovrà verificare di trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia e rispettare l'importo soglia di una pensione non inferiore a 700 euro al mese al netto della rata di ammortamento del prestito pensionistico, mentre per l'ape sociale dovrà trovarsi in uno dei quattro profili di tutela previsti dalla legge (disoccupato, invalido, caregiver, addetto a mansioni gravose) e soddisfare il previsto requisito contributivo (30 o 36 anni a seconda dei casi). Le quote mensili del prestito pensionistico, inoltre, non costituiscono reddito da lavoro nè sono soggette a prelievo irpef e, pertanto, non daranno luogo alla revoca dell'ape sociale.

    L'ipotesi del cumulo va studiata con attenzione per ottimizzare il reddito disponibile durante la fase antecedente la pensione e, poi, il reddito da pensione. Il percettore dell'Ape sociale avrà dunque tutto l'interesse a ridurre la quota di Ape volontario in virtu' del fatto che già possiede un reddito di accompagnamento alla pensione. E a non chiedere la quota massima possibile. Ad esempio nell'esempio sopra esposto un titolare con già con 1.350 euro netti di ape sociale avrà interesse a chiedere una quota aggiuntiva tramite l'ape volontario di 500-750 euro al mese e non la cifra massima di 1.500 euro.

    Si presti attenzione, infine, al fatto che la data di decorrenza dei due strumenti non coincide necessariamente. Per l'Ape sociale, infatti, occorre possedere 63 anni e, dato che la misura dura sino al 2018, si rivolge solo ai soggetti nati entro il 31 dicembre 1955 (salvo proroga) mentre l'Ape volontario interessa i nati entro il 31 luglio 1956 (anche qui salvo ulteriore proroga).

    L'operazione naturalmente è facoltativa per l'interessato: si potrà anche non chiedere l'Ape volontario e tenersi solo la quota di reddito garantita dall'Ape sociale oppure, se del caso, integrare il sussidio solo con la Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata. Ove si scegliesse di abbinare l'Ape sociale a quello volontario resterebbero però i divieti stabiliti per il sussidio agevolato. In particolare il pensionando avrà limitazioni sulla possibilità di rioccuparsi, non potrà trasferire la residenza all'estero e, se dipendente del pubblico, dovrà accettare uno slittamento nell'erogazione della buonuscita.

    Non solo. L'Inps ha chiarito anche che il prestito pensionistico è cumulabile con qualsiasi strumento di sostegno al reddito. Pertanto anche un disoccupato che percepisce la naspi o l'indennità di mobilità potrebbe fare istanza per l'Ape volontario mixandolo dopo un periodo di tre mesi dall'esaurimento integrale della disoccupazione con l'Ape sociale. Le combinazioni possibili, come si nota, sono molteplici.

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    Disoccupazione, Ecco chi può chiedere l'assegno di ricollocazione nel 2018





    I chiarimenti nel documento dell'Anpal che mette a regime dal prossimo 3 Aprile l'assegno di ricollocazione per i disoccupati dopo il periodo di sperimentazione. Da a mille a 5mila euro se il disoccupato trova un nuovo impiego a tempo indeterminato, apprendistato compreso.

    L'assegno di ricollocazione entra a regime. Dopo la fase di sperimentazione dal prossimo mese di aprile la misura di politica attiva che dovrebbe favorire la ricerca di un nuovo lavoro sarà estesa a tutti i disoccupati percettori di naspi da almeno quattro mesi. L'Anpal ha, infatti, pubblicato sul sito istituzionale l'altro giorno la nuova delibera del 14 febbraio 2018 contenente il crono programma con l'obiettivo di far partire lo strumento dal 3 aprile 2018, dopo pasqua. Il sistema entrerà a pieno regime però solo dal 30 settembre 2018 al termine della definizione di un sistema di rating dei soggetti erogatori, condiviso con le Regioni e Province autonome.

    Destinatari

    L'assegno, come noto, è un voucher graduato in funzione del proprio profilo di occupabilità erogato dall'Anpal su domanda del lavoratore e che, una volta ottenuto, deve essere speso per attivare il servizio di ricollocamento da parte delle agenzie per il collocamento al lavoro entro due mesi dalla sua concessione pena la decadenza dallo stato di disoccupazione.

    A seguito delle novità normative intervenute nel 2017 l'Anpal comunica che possono chiedere lo strumento tre categorie di soggetti: 1) i disoccupati titolari di Naspi da più di quattro mesi; 2) i beneficiari del reddito di inclusione; 3) i lavoratori con accordi di ricollocazione stipulati in esito ad accordi di gestione delle eccedenze occupazionali tra imprese e sindacati di cui all’articolo 24- bis del decreto legislativo n. 148/2015. Per queste ultime due categorie occorrerà comunque attendere la pubblicazione di un decreto del ministero del lavoro.
    La struttura

    La novità consiste nel fatto che le agenzie in questione vengono remunerate (dallo Stato o dalla regione con la dote attribuita al lavoratore) solo a occupazione trovata; il voucher, in altri termini, viene pagato solo a seguito dell'effettivo ricollocamento del lavoratore, a risultato ottenuto e non per l'attività comunque svolta genericamente a sostegno del soggetto. L'assegno avrà una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l'intero ammontare dell'assegno e il suo importonon costituisce reddito imponibile nè ai fini Irpef nè ai fini previdenziali per il lavoratore che lo richiede. Una volta conseguito il voucher il lavoratore potrà scegliere liberamente l'ente pubblico o privato che si occuperà del proprio collocamento al lavoro tra le agenzie accreditate presso l'Anpal. Il voucher è pienamente compatibile con la Naspi: il beneficiario, pertanto, continuerà a percepire il sussidio NASPI.
    I servizi di ricollocazione

    Il servizio di assistenza alla ricollocazione prevede: 1) l’affiancamento di un tutor al soggetto destinatario dell’assegno; 2) un programma di ricerca intensiva della nuova occupazione e la relativa area, con eventuale percorso di riqualificazione professionale mirata a sbocchi occupazionali esistenti nell’area stessa; 3) l’assunzione dell’onere del destinatario dell’assegno di svolgere le attività individuate dal tutor e di accettare una offerta di lavoro congrua; 4) l’obbligo per il soggetto erogatore del servizio di comunicare al centro per l’impiego e all’Anpal il rifiuto ingiustificato, da parte della persona interessata, di svolgere una delle attività proposte nell’ambito del servizio, o di una offerta di lavoro congrua, al fine dell’attuazione dei meccanismi di condizionalità di cui all’articolo 21, commi 7 e 8, del Decreto Legislativo n. 150 del 2015; 5) la sospensione del servizio nel caso di assunzione in prova, o a termine, con eventuale ripresa del servizio stesso dopo l’eventuale conclusione del rapporto entro il termine di sei mesi.
    L'importo

    Il valore riscuotibile dall'Agenzia varia da 1.000 a 5.000 euro in caso di risultato occupazionale che preveda un contratto a tempo indeterminato (compreso apprendistato); da 500 a 2.500 euro in caso di contratto a termine superiore o uguale a 6 mesi; da 250 a 1.250 euro per contratti a termine da 3 a 6 mesi (solo in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia). In caso di contratto di lavoro a tempo parziale, si considera raggiunto il risultato occupazionale solo in presenza di una percentuale di part-time almeno pari al 50% dell’orario normale di lavoro. In tale ipotesi, l’importo da riconoscere sarà pari all’ammontare dell’assegno di ricollocazione per il contratto in questione, moltiplicato per la percentuale di part-time.
    I termini

    La delibera Anpal fissa anche i termini per il riconoscimento dell'ammontare dell'assegno: il corrispettivo sarà riconosciuto in unica soluzione al momento della stipula del contratto a termine e in caso di contratto a tempo indeterminato in due rate semestrali di pari importo la prima erogata al momento della stipula. In caso di mancata conservazione del posto di lavoro per il periodo minimo richiesto (12 mesi nel caso di contratto a tempo indeterminato, 6 o 3 mesi per i contratti a termine, a seconda della relativa durata) l'Anpal provvederà al recupero, anche mediante compensazione, dell'intero importo o di solo una parte dello stesso (dal 50% al 75%).

    E' prevista la possibilità che all'Agenzia di collocamento venga riconosciuto un importo maggiore di quello liquidato al momento della stipula in caso di proroga o trasformazione del contratto senza soluzione di continuità. Tale importo è pari alla differenza con quanto già eventualmente percepito per il precedente contratto. Confermata anche la remunerazione dell'Agenzia anche per i casi di insuccesso alla ricollocazione (Fee4Services): 106,5 euro fisse per ciascun lavoratore preso in carico corrispondenti a tre ore di lavoro intensivo. Il numero massimo di ore riconoscibili a titolo di Fee4Services è pari a sei volte il numero dei successi occupazionali ottenuti dell'Agenzia.

    Leggi Tutto: http://www.pensionioggi.it/notizie/lavoro/...8#ixzz5AAdNgS95
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    Concorso docenti abilitati. Miur consiglia: inserite tutti i titoli, sarà la Commissione a valutare




    Per il concorso riservato ai docenti in possesso di abilitazione e/o specializzazione sostegno neanche le FAQ, emanate dopo quindici giorni dalla possibilità di presentare le domande, sono riuscite a colmare i dubbi dei candidati.

    Le FAQ infatti riguardano solo alcuni aspetti. Alcuni chiarimenti sono doverosi. LE FAQ aggiornate all’8 marzo 2018

    E’ POSSIBILE DICHIARARE IL SERVIZIO SVOLTO NELLA PRIMARIA E/O INFANZIA E/O PERSONALE EDUCATIVO

    Il Miur fornisce questo chiarimento, che accogliamo con piacere, rispetto a quanto indicato nella tabella, laddove si legge ”

    su altra classe di concorso o tipologia di posto..”. La dicitura corretta della tabella dei titoli avrebbe dovuto essere “altro ruolo” e infatti fino a qualche giorno fa il sistema impediva ai docenti di caricare questo servizio. Ben venga la FAQ “ritardataria”.

    SERVIZIO SU SOSTEGNO PER CLASSE DI CONCORSO COMUNE

    Come già chiarito, la dicitura della tabella induce a rispondere affermativamente a questa domanda, pertanto consigliamo ai docenti di inserire tale servizio.

    BONIFICI DISTINTI

    Confermato quanto già anticipato da OS. Concorso docenti abilitati, 5 euro per classe di concorso e bonifici distinti. Chiarimento Miur

    FAQ n. 19 DICHIARATE TUTTI I TITOLI, SARA’ LA COMMISSIONE A VALUTARE

    Alla fine però il suggerimento migliore è quello fornito nella FAQ n. 19

    19 D: Non sono certo che un titolo in mio possesso sia tra quelli richiesti dalla Tabella dei titoli, chi può darmi conferma? Quale punteggio avrò ?

    R: Il Candidato può dichiarare tutti i titoli in suo possesso, è esclusiva competenza delle Commissioni di Concorso valutare i titoli in base alla tabella punteggi allegata al DM 995/2017. Non rappresenta falsa dichiarazione dichiarare titoli effettivamente posseduti che si rivelino a giudizio delle Commissioni non valutabili. Per qualsiasi precisazione o dichiarazione titoli che non possa essere indicata nei campi previsti del modello di domanda, si invita a utilizzare la sezione NOTE.

    Questo naturalmente vale sia per titoli che servizi. Pertanto il messaggio del Miur è da cogliere al volo. Se si è incerti sulla valutazione (naturalmente è inutile dichiarare titoli e servizi per i quali è già palese la mancata valutazione), nel dubbio è meglio dichiarare. Sarà compito della Commissione valutare.

    Questo è anche il motivo per cui nella compilazione della domanda non compare alcun punteggio. Il punteggio valido infatti sarà quello attribuito dalla Commissione, a fine procedura (i punteggi totali saranno pubblicati dopo la conclusione della prova orale per ciascuna classe di concorso).
  15. .
    CONCORSO NON ABILITATI 2018


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