36 mesi di servizio non danno diritto al posto fisso, ma ad un risarcimento in denaro

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    36 mesi di servizio non danno diritto al posto fisso, ma ad un risarcimento in denaro




    Così si è espresso l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue Maciej Szpunar, sul caso di una signora che tra il 4 ottobre 2010 ed il 31 dicembre 2016 ha lavorato per il comune di Valderice sempre con contratti a tempo determinato.

    Hanno invece diritto ad una compensazione economica.

    Nel caso in questone i giudici italiani si erano rivolti alla Corte Ue per stabilire quale debba essere il modo di reagire all’abuso.

    Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che il risarcimento per i dipendenti pubblici debba essere composto da due parti: un’indennità forfettaria che va da un minimo di 2,5 mensilità a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione, e un risarcimento per la perdita di altre possibilità lavorative che sta al dipendente stesso dimostrare.

    Quest’ultima, secondo il Tribunale di Trapani a cui la signora si era rivolta, è una prova “diabolica”, perché è giuridicamente impossibile che si riesca a provare l’ipotetica vittoria di un eventuale concorso pubblico mai bandito. I giudici italiani si sono quindi rivolti alla Corte di giustizia Ue, in via pregiudiziale, chiedendo se la normativa italiana rispetti i principi di equivalenza e di effettività stabiliti dal diritto dell’Unione e non discrimini di fatto i dipendenti pubblici.

    Nelle sue conclusioni l’avvocato generale conferma l’interpretazione della Cassazione, infatti il diritto comunitario non impedisce a uno Stato membro di rendere non comparabili i lavoratori pubblici a quelli del settore privato, purché il suo ordinamento giuridico contempli delle misure effettive per evitare e sanzionare gli abusi.

    L’avvocato generale sostiene quindi che la legittimità della normativa italiana vada valutata soltanto sul piano dell’effettività delle misure sanzionatorie previste per l’abuso dei contratti a termine nel settore pubblico, e che tale valutazione spetti al giudice nazionale.

    La situazione per i supplenti italiani è particolarmente tesa, dato il divieto imposto dalla legge 107/2015 di essere assunti su posti vacanti dopo 3 anni di servizio. I 3 anni sono già partiti dal 1° settembre 2016.

    Dopo il piano straordinario di assunzioni della riforma La Buona Scuola si rischia di cadere nuovamente nel giro delle supplenze reiterate. Per il 2018 sono in cantiere 3 concorsi, ma al momento risulta essere pronto solo quello riservato ai docenti in possesso di abilitazione, e si attendono i necessari. pareri.
     
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